Allarme antibiotici. Nell'eterna corsa alle armi tra uomo e batteri patogeni ora è il primo che rischia di perdere, dopo che - grazie soprattutto ai farmaci antibiotici - sembrava sul punto della vittoria definitiva.
GreenReport - L'evoluzione del rapporto ecologico tra i più antichi e semplici esseri viventi e quello che si ritiene il più complesso e cognitivamente attrezzato rischia un'imprevista accelerazione. Il motivo è semplice. L'uso diffuso degli antibiotici sta portando alla selezione di ceppi batteri resistenti e contro cui non abbiamo difese. Se questi ceppi si consolidano, pensano i più pessimisti, potremmo andare incontro a nuove e terribili pandemie.
Il tema è noto da tempo. Nel 2011 l'Organizzazione Mondiale di Sanità ha dedicato la Giornata Mondiale della Salute proprio a questo tema, nel tentativo di sensibilizzare opinione pubblica, istituzioni politiche e gli stessi medici sull'assoluta urgenza di correre ai ripari. Ricordando che nella sola Europa ogni anno muoiono per infezioni da batteri che resistono agli antibiotici 25.000 persone. Il problema non è accademico o futuribile: è già sul tappeto.
Ma negli ultimi giorni l'allarme è stato rilanciato da più parti. Perché né i medici, né l'opinione pubblica, né soprattutto le istituzioni politiche sembrano aver assunto consapevolezza della gravità della situazione. Hanno iniziato, lo scorso 5 marzo, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC): l'organizzazione del Dipartimento della salute degli Stati Uniti che si occupa di controllo e prevenzione delle malattie. In un report molto ben documentato, i CDC hanno rilevato che la resistenza degli enterobatteri ai carbapenemi, un gruppo di antibiotici beta-lattamici, è in rapidissima e, appunto, allarmante crescita.
Ha continuato, il successivo 11 marzo, la signora Dame Sally C. Davies, principale consigliere medico del governo di Sua Maestà Britannica, che ha pubblicato il secondo volume dell'Annual Report of the Chief Medical Officer, il rapporto annuale sullo stato della sanità nel Regno Unito, dedicato interamente alle infezioni e alla crescita della resistenza antimicrobica. Sally Davies, che ha elaborato il suo rapporto grazie alla collaborazione dei migliori ricercatori del Regno Unito, è stata molto esplicita: il numero delle infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici è in crescita; noi non siamo stati finora in grado di trovare nuovi antibiotici in grado di contenere la diffusione dei ceppi resistenti; il pericolo è reale. Tanto che consiglio al governo inglese di porre i batteri resistenti agli antibiotici nella lista delle tre maggiori minacce alla sicurezza del Regno Unito, insieme al terrorismo e al rischio di una pandemia influenzale (l'influenza, come si sa, è causata da virus).
Infine tre giorni dopo, il 14 marzo, Nature, la più diffusa e anche la più prestigiosa rivista scientifica del pianeta, ha deciso di dedicare il suo editoriale di apertura a questo tema, prendendo molto sul serio questo allarme.
In attesa di trovare nuovi farmaci o, comunque, nuove terapie efficaci contro i batteri patogeni tutto quello che possiamo fare è una battaglia culturale. Assumere consapevolezza del problema e utilizzare sempre meno e, comunque, solo e quando è necessario i farmaci, gli antibiotici, che a partire dagli anni '30 del secolo scorso ci avevano dato l'illusione di poter sconfiggere per sempre le malattie infettive.
Questa assunzione di consapevolezza è tanto urgente - ci dicono i CDC americani, le autorità mediche britanniche e la redazione di Nature - quanto lontana. Pochi nei media, tra gli stessi medici e soprattutto nelle istituzioni politiche ne hanno una sufficiente coscienza. Una pandemia da batteri resistenti agli antibiotici - anche in Italia - è la grande minaccia dimenticata.
Pietro Greco
GreenReport - L'evoluzione del rapporto ecologico tra i più antichi e semplici esseri viventi e quello che si ritiene il più complesso e cognitivamente attrezzato rischia un'imprevista accelerazione. Il motivo è semplice. L'uso diffuso degli antibiotici sta portando alla selezione di ceppi batteri resistenti e contro cui non abbiamo difese. Se questi ceppi si consolidano, pensano i più pessimisti, potremmo andare incontro a nuove e terribili pandemie.
Il tema è noto da tempo. Nel 2011 l'Organizzazione Mondiale di Sanità ha dedicato la Giornata Mondiale della Salute proprio a questo tema, nel tentativo di sensibilizzare opinione pubblica, istituzioni politiche e gli stessi medici sull'assoluta urgenza di correre ai ripari. Ricordando che nella sola Europa ogni anno muoiono per infezioni da batteri che resistono agli antibiotici 25.000 persone. Il problema non è accademico o futuribile: è già sul tappeto.
Ma negli ultimi giorni l'allarme è stato rilanciato da più parti. Perché né i medici, né l'opinione pubblica, né soprattutto le istituzioni politiche sembrano aver assunto consapevolezza della gravità della situazione. Hanno iniziato, lo scorso 5 marzo, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC): l'organizzazione del Dipartimento della salute degli Stati Uniti che si occupa di controllo e prevenzione delle malattie. In un report molto ben documentato, i CDC hanno rilevato che la resistenza degli enterobatteri ai carbapenemi, un gruppo di antibiotici beta-lattamici, è in rapidissima e, appunto, allarmante crescita.
Ha continuato, il successivo 11 marzo, la signora Dame Sally C. Davies, principale consigliere medico del governo di Sua Maestà Britannica, che ha pubblicato il secondo volume dell'Annual Report of the Chief Medical Officer, il rapporto annuale sullo stato della sanità nel Regno Unito, dedicato interamente alle infezioni e alla crescita della resistenza antimicrobica. Sally Davies, che ha elaborato il suo rapporto grazie alla collaborazione dei migliori ricercatori del Regno Unito, è stata molto esplicita: il numero delle infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici è in crescita; noi non siamo stati finora in grado di trovare nuovi antibiotici in grado di contenere la diffusione dei ceppi resistenti; il pericolo è reale. Tanto che consiglio al governo inglese di porre i batteri resistenti agli antibiotici nella lista delle tre maggiori minacce alla sicurezza del Regno Unito, insieme al terrorismo e al rischio di una pandemia influenzale (l'influenza, come si sa, è causata da virus).
Infine tre giorni dopo, il 14 marzo, Nature, la più diffusa e anche la più prestigiosa rivista scientifica del pianeta, ha deciso di dedicare il suo editoriale di apertura a questo tema, prendendo molto sul serio questo allarme.
In attesa di trovare nuovi farmaci o, comunque, nuove terapie efficaci contro i batteri patogeni tutto quello che possiamo fare è una battaglia culturale. Assumere consapevolezza del problema e utilizzare sempre meno e, comunque, solo e quando è necessario i farmaci, gli antibiotici, che a partire dagli anni '30 del secolo scorso ci avevano dato l'illusione di poter sconfiggere per sempre le malattie infettive.
Questa assunzione di consapevolezza è tanto urgente - ci dicono i CDC americani, le autorità mediche britanniche e la redazione di Nature - quanto lontana. Pochi nei media, tra gli stessi medici e soprattutto nelle istituzioni politiche ne hanno una sufficiente coscienza. Una pandemia da batteri resistenti agli antibiotici - anche in Italia - è la grande minaccia dimenticata.
Pietro Greco
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