L’UE esercita pressioni su Myanmar per riforme dirette a garantire la democrazia e nel rispetto dei diritti umani. Rilascio dei prigionieri politici e abolizione dei lavori forzati tra le domande pressanti al Presidente U Thein Sein.
di Silvana Arbia
Il presidente dello stato Myanmar (o Burma) ha incontrato oggi, per la prima volta, i membri del Parlamento Europeo, esprimendo gratitudine all’UE per aver sospeso le sanzioni e rivelando il desiderio che tali sanzioni siano rimosse definitivamente, anche per dare fiducia a coloro che investono nel paese. La sospensione delle sanzioni fu decisa l’anno scorso in aprile a seguito dell’avvio di riforme. Alcuni parlamentari europei però hanno espresso la loro preoccupazione per la situazione delle minoranze, che permane a loro avviso estremamente grave, e la rassicurante risposta del ministro degli esteri U Wunna Maung Lwin, che ha promesso che il governo assicurerà un avvenire pacifico ai cento gruppi etnici esistenti nel territorio (ivi comprese la minoranza Rohingya che fu privata della nazionalitá nel 1982) deve essere seguita da fatti.
Altri parlamentari europei chiedono la liberazioni dei prigionieri politici e un’adeguata considerazione della tutela dei diritti umani nelle riforme future. Barbara Lochbihler (gruppo Verdi) chiede espressamente che l’impegno del governo di sradicare il lavoro forzato entro il 2015 sia attuato realmente. Ancora più incisivo il commento sull’insoddisfacente livello di democrazia durante la transizione di un altro parlamentare europeo, Ana Gomes, che ha invitato il governo burmense ad imparare da altri paesi che hanno realizzato una transizione verso la democrazia con successo.
Ricordo che in seguito ad un referendum del 2008 l’Unione di Myanmar diventó la Repubblica dell’Unione di Myanmar. Le elezioni generali vennero indette nel 2010, con qualche dubbio sulle loro regolarità. Seguí un periodo di riforme verso una democrazia di stampo liberale con azioni dirette alla riconciliazione (rilascio del leader pre-democrazia, Aung San Suu Kyi, e amnistie generali). Ad ottobre 2012 c’erano ancora conflitti in corso, tra cui il piú conosciuto tra l’etnia Rakhine buddista e Rohingya musulmana: il governo ha dichiarato i Rohingya immigranti illegali, nonostante vivano nel paese da anni.
Pare sia ancora praticato l’arruolamento di minori sia nell’esercito burmese che nei movimenti armati ribelli. Ricordo, a tale riguardo, che nel sistema di giustizia penale internazionale della Corte penale internazionale, cui aderiscono tutti i 27 paesi membri dell’UE, arruolare minori di 15 anni costituisce un crimine di guerra. Sono pure tuttora praticati il lavoro forzato, il lavoro minorile e il traffico di esseri umani.
In un simile quadro, rimuovere le sanzioni sarebbe una decisione troppo ottimistica.
di Silvana Arbia
Il presidente dello stato Myanmar (o Burma) ha incontrato oggi, per la prima volta, i membri del Parlamento Europeo, esprimendo gratitudine all’UE per aver sospeso le sanzioni e rivelando il desiderio che tali sanzioni siano rimosse definitivamente, anche per dare fiducia a coloro che investono nel paese. La sospensione delle sanzioni fu decisa l’anno scorso in aprile a seguito dell’avvio di riforme. Alcuni parlamentari europei però hanno espresso la loro preoccupazione per la situazione delle minoranze, che permane a loro avviso estremamente grave, e la rassicurante risposta del ministro degli esteri U Wunna Maung Lwin, che ha promesso che il governo assicurerà un avvenire pacifico ai cento gruppi etnici esistenti nel territorio (ivi comprese la minoranza Rohingya che fu privata della nazionalitá nel 1982) deve essere seguita da fatti.
Altri parlamentari europei chiedono la liberazioni dei prigionieri politici e un’adeguata considerazione della tutela dei diritti umani nelle riforme future. Barbara Lochbihler (gruppo Verdi) chiede espressamente che l’impegno del governo di sradicare il lavoro forzato entro il 2015 sia attuato realmente. Ancora più incisivo il commento sull’insoddisfacente livello di democrazia durante la transizione di un altro parlamentare europeo, Ana Gomes, che ha invitato il governo burmense ad imparare da altri paesi che hanno realizzato una transizione verso la democrazia con successo.
Ricordo che in seguito ad un referendum del 2008 l’Unione di Myanmar diventó la Repubblica dell’Unione di Myanmar. Le elezioni generali vennero indette nel 2010, con qualche dubbio sulle loro regolarità. Seguí un periodo di riforme verso una democrazia di stampo liberale con azioni dirette alla riconciliazione (rilascio del leader pre-democrazia, Aung San Suu Kyi, e amnistie generali). Ad ottobre 2012 c’erano ancora conflitti in corso, tra cui il piú conosciuto tra l’etnia Rakhine buddista e Rohingya musulmana: il governo ha dichiarato i Rohingya immigranti illegali, nonostante vivano nel paese da anni.
Pare sia ancora praticato l’arruolamento di minori sia nell’esercito burmese che nei movimenti armati ribelli. Ricordo, a tale riguardo, che nel sistema di giustizia penale internazionale della Corte penale internazionale, cui aderiscono tutti i 27 paesi membri dell’UE, arruolare minori di 15 anni costituisce un crimine di guerra. Sono pure tuttora praticati il lavoro forzato, il lavoro minorile e il traffico di esseri umani.
In un simile quadro, rimuovere le sanzioni sarebbe una decisione troppo ottimistica.
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