Della piccola Italia di New York non sono rimaste che due strade, e tante
botteghe a conduzione familiare sono costrette ogni anno a chiudere i
battenti. La ricetta per sopravvivere con successo al processo di
“gentrificazione” è diventare una destinazione tanto quanto il tempio del
cibo Eataly.
Sono anni che si dice che Little Italy sta scomparendo, schiacciata da una Chinatown che si allarga oltre i suoi confini. La gente arriva ancora numerosa per il festival di San Gennaro a settembre, ma il resto dell’anno i pochi turisti in cerca di un pezzo d’Italia si aggirano increduli fra le insegne in cinese e chiedono: ”Mi sa indicare dove inizia Little Italy ?”. “Ne siete al centro” rispondono i commercianti rimasti. Che gli Italoamericani non vivessero più qui é cosa risaputa, ma vedere i luoghi emblematici di Little Italy con le vetrine sbarrate, questa sì é una novità.
Il ristorante SPQR ha chiuso i battenti e la Bella Ferrara (da non confondere con Ferrara a pochi isolati, che rimane aperta) ha dovuto chiudere la pasticceria dopo quarantadue anni di attività. “Pagavo tremila dollari al mese e mi hanno alzato l’affitto a quindicimila” ci racconta il barbiere Sal, originario della Sicilia, che ha chiuso bottega e ha affittato una “sedia”, come dice lui, in un barber shop poco distante. Sal non ha abbandonato le vecchie abitudini, continua a venire a prendere l’espresso dietro l’angolo alle 10 del mattino ed é contento così. Ma per tutti gli altri, sopravvivere ai cambiamenti socio-culturali di un quartiere dove gli affitti sono andati alle stelle è diventato sempre più difficile. Non è solo colpa di Chinatown: anche la popolazione asiatica qui è in declino.
L’intera Manhattan é diventata un’isola per ricchi: non c’é quartiere sotto la centodecima strada, ad eccezione di alcune zone ad Alphabet City e nel Lower East Side, che non sia passato attraverso il processo di “gentrification” e il costo della vita per i vecchi residenti é diventato proibitivo.
La famiglia Di Palo ha ereditato il celebre alimentari, un tempo latteria, a
Grand street da Savinio di Palo. “Quando il mio bisnonno arrivò qui nel
1903 - ci racconta Lou - queste strade erano tutte italiane. A Elizabeth
street c'erano i Siciliani, a Mulberry street c'erano i Campani, ma è dagli
anni Sessanta che di italiani qui ce ne sono sempre di meno. Non sono
solo i cinesi ad allargarsi oltre i confini della piccola Italia. Anche loro negli
ultimi anni hanno iniziato a lasciare il quartiere. C'è una nuova generazione
di abitanti, io li chiamo i "Granola kids", giovani abbienti che hanno iniziato
a comprare loft e appartamenti a prezzi assolutamente impossibili per gli
italo-americani.
La stessa cosa è successa con gli esercizi commerciali. Soltanto in questo isolato ci sono sette negozi vuoti. Le vecchie botteghe non si possono permettere i nuovi affitti e presto al loro posto sorgeranno boutique. Brooks Brothers aprirà un negozio all’incrocio di Lafayette e Broome street. Poco più avanti stanno costruendo un "albergo boutique", l'Hotel Italia. Lou Di Palo è convinto che per sopravvivere i negozi a conduzione familiare debbano diventare delle vere e proprie destinazioni, come Peck a Milano o Roscioli a Roma: “I negozi qui devono attirare turisti, ma anche buongustai di ogni nazionalità che vogliono mettere a tavola le eccellenze italiane”.
E’ per questo forse che chi vuole assaggiare un pezzo d’Italia a New York adesso va da Eataly e non qui. Il New York Magazine, nel suo numero annuale che elenca il meglio che la città ha da offrire, nel 2011 definì Eataly “Best tourist trap that locals love too”. Forse anche Little Italy per sopravvivere deve diventare una trappola per turisti dove anche i locali amano tornare.
Sono anni che si dice che Little Italy sta scomparendo, schiacciata da una Chinatown che si allarga oltre i suoi confini. La gente arriva ancora numerosa per il festival di San Gennaro a settembre, ma il resto dell’anno i pochi turisti in cerca di un pezzo d’Italia si aggirano increduli fra le insegne in cinese e chiedono: ”Mi sa indicare dove inizia Little Italy ?”. “Ne siete al centro” rispondono i commercianti rimasti. Che gli Italoamericani non vivessero più qui é cosa risaputa, ma vedere i luoghi emblematici di Little Italy con le vetrine sbarrate, questa sì é una novità.
Il ristorante SPQR ha chiuso i battenti e la Bella Ferrara (da non confondere con Ferrara a pochi isolati, che rimane aperta) ha dovuto chiudere la pasticceria dopo quarantadue anni di attività. “Pagavo tremila dollari al mese e mi hanno alzato l’affitto a quindicimila” ci racconta il barbiere Sal, originario della Sicilia, che ha chiuso bottega e ha affittato una “sedia”, come dice lui, in un barber shop poco distante. Sal non ha abbandonato le vecchie abitudini, continua a venire a prendere l’espresso dietro l’angolo alle 10 del mattino ed é contento così. Ma per tutti gli altri, sopravvivere ai cambiamenti socio-culturali di un quartiere dove gli affitti sono andati alle stelle è diventato sempre più difficile. Non è solo colpa di Chinatown: anche la popolazione asiatica qui è in declino.
L’intera Manhattan é diventata un’isola per ricchi: non c’é quartiere sotto la centodecima strada, ad eccezione di alcune zone ad Alphabet City e nel Lower East Side, che non sia passato attraverso il processo di “gentrification” e il costo della vita per i vecchi residenti é diventato proibitivo.
La stessa cosa è successa con gli esercizi commerciali. Soltanto in questo isolato ci sono sette negozi vuoti. Le vecchie botteghe non si possono permettere i nuovi affitti e presto al loro posto sorgeranno boutique. Brooks Brothers aprirà un negozio all’incrocio di Lafayette e Broome street. Poco più avanti stanno costruendo un "albergo boutique", l'Hotel Italia. Lou Di Palo è convinto che per sopravvivere i negozi a conduzione familiare debbano diventare delle vere e proprie destinazioni, come Peck a Milano o Roscioli a Roma: “I negozi qui devono attirare turisti, ma anche buongustai di ogni nazionalità che vogliono mettere a tavola le eccellenze italiane”.
E’ per questo forse che chi vuole assaggiare un pezzo d’Italia a New York adesso va da Eataly e non qui. Il New York Magazine, nel suo numero annuale che elenca il meglio che la città ha da offrire, nel 2011 definì Eataly “Best tourist trap that locals love too”. Forse anche Little Italy per sopravvivere deve diventare una trappola per turisti dove anche i locali amano tornare.
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