Persone e famiglie al centro di una società più giusta, libera e solidale ma distinguendo le singole realtà e il loro relativo sostegno
Sollecitato da tante realtà diverse circa il tema della famiglia, mi preme sottolineare la differenza antropologica del concetto di famiglia tra la visione laica e quella religiosa. Premesso che nella Costituzione italiana la famiglia viene intesa come unione tra un uomo e una donna ed è un valore condiviso dalle tre anime con le quali la Costituzione stessa è stata scritta e sottoscritta più di 65 anni fa (e cioè l’anima cattolica, liberale e socialista), e pertanto non ci dovrebbero essere equivocità in merito, desidero così mettere in evidenza l’importanza del distinguo per tutte le implicazioni e le conseguenze economiche e sociali. È necessario dare un nome alle cose, e facendo ciò distinguere una cosa dall’altra. È innanzitutto importante riconoscere alla famiglia, e non solo a parole, il ruolo di pilastro della coesione sociale e della crescita, la sua fondamentale importanza nel ruolo educativo, formativo, di solidarietà, di progresso economico e di apertura alla vita, senza i quali non c’è futuro per una società.
La famiglia è direttamente correlata con il concetto di bene comune. Il sostegno che si dà ad essa non è lo stesso che si può dare alle coppie di fatto, che non possono essere definite “famiglia”: nella famiglia ci inseriamo nel ruolo procreatore di Dio, comunque lo si intenda, ed è nel concepimento dei figli che si dà continuità alla società, visto che essi diventano dono per tutti moltiplicando il cosiddetto Bene Comune.
La comunità coniugale è intimamente orientata alla generazione-educazione dei figli. Non si tratta solo di un fatto biologico: è un evento spirituale molto profondo. Il figlio "apre" la comunità coniugale all’ingresso di un altro che non è "estraneo", ma è a pieno diritto membro di una vera comunità umana, la famiglia. Essa è in senso vero e proprio la vera culla della società umana, poiché è in essa che l’umanità continua. È il figlio poi che va tutelato prima ancora della coppia. Egli ha diritto di crescere in una situazione di partenza favorevole, avendo a disposizione una figura maschile e una figura femminile di riferimento per la sua crescita sana e ordinata.
Gli altri tipi di unione sono da tutelare e rispettare ugualmente perché sono costituite da persone la cui dignità è imprescindibile da qualsiasi orientamento sessuale, di razza o di religione. Ma questi tipi diversi di unione non si possono definire famiglia, perché questa è inerente ad un’unione tra un uomo e una donna, così voluta dal Creatore, secondo le leggi di natura e secondo tutti gli orientamenti che sono stati alla base della stesura della nostra Costituzione, come si diceva in precedenza. Bisogna superare quindi quella mentalità utilitaristica che offre un’alternativa alla famiglia secondo cui i “suoi benefici” si possono raggiungere senza gli impegni che essa comporta, e ciò obiettivamente significa persuadere le persone a scegliere ciò che è più conveniente.
Ritengo che in questo momento di particolare crisi del nostro Paese sia essenziale sostenere con tutti i mezzi le famiglie e la natalità, anche attraverso la formula dei prestiti matrimoniali senza interessi e con graduale rimodulazione in base al numero dei figli. Lo Stato può e deve applicare gli articoli 29-31, 36 e 53 della Costituzione, interessandosi e avendo a cuore molto di più e molto meglio i problemi delle famiglie e della vita nascente, se è vero che il nostro tasso di natalità è il più basso al mondo e che questo crea problemi economici per il presente, nonché interrogativi sconcertanti sulla futura capacità dell’Italia di ripagare il suo debito pubblico. Bisogna ora guardare al futuro e forse anche un governo temporaneo come questo che si prospetta può dare un rilancio alla famiglia. Per esempio uno dei cambiamenti più semplici da operare è quello riguardante gli orari di lavoro che devono potersi conciliare con i ritmi di vita della famiglia. Va altresì attuato un sistema fiscale che, a parità di reddito percepito, tenga conto del numero dei componenti del nucleo familiare, per cui non deve essere tassato il costo di mantenimento e di educazione dei figli. Insomma è necessario un fisco a misura di famiglia.
Cerchiamo quindi di allontanare lo spettro del grave calo demografico che fa della nostra Italia un paese “vecchio”. E un paese è vecchio non solo quando i bambini non nascono più, ma quando smette di guardare al futuro con speranza e soprattutto quando smette di sognare.
di Carlo Mafera
Sollecitato da tante realtà diverse circa il tema della famiglia, mi preme sottolineare la differenza antropologica del concetto di famiglia tra la visione laica e quella religiosa. Premesso che nella Costituzione italiana la famiglia viene intesa come unione tra un uomo e una donna ed è un valore condiviso dalle tre anime con le quali la Costituzione stessa è stata scritta e sottoscritta più di 65 anni fa (e cioè l’anima cattolica, liberale e socialista), e pertanto non ci dovrebbero essere equivocità in merito, desidero così mettere in evidenza l’importanza del distinguo per tutte le implicazioni e le conseguenze economiche e sociali. È necessario dare un nome alle cose, e facendo ciò distinguere una cosa dall’altra. È innanzitutto importante riconoscere alla famiglia, e non solo a parole, il ruolo di pilastro della coesione sociale e della crescita, la sua fondamentale importanza nel ruolo educativo, formativo, di solidarietà, di progresso economico e di apertura alla vita, senza i quali non c’è futuro per una società.
La famiglia è direttamente correlata con il concetto di bene comune. Il sostegno che si dà ad essa non è lo stesso che si può dare alle coppie di fatto, che non possono essere definite “famiglia”: nella famiglia ci inseriamo nel ruolo procreatore di Dio, comunque lo si intenda, ed è nel concepimento dei figli che si dà continuità alla società, visto che essi diventano dono per tutti moltiplicando il cosiddetto Bene Comune.
La comunità coniugale è intimamente orientata alla generazione-educazione dei figli. Non si tratta solo di un fatto biologico: è un evento spirituale molto profondo. Il figlio "apre" la comunità coniugale all’ingresso di un altro che non è "estraneo", ma è a pieno diritto membro di una vera comunità umana, la famiglia. Essa è in senso vero e proprio la vera culla della società umana, poiché è in essa che l’umanità continua. È il figlio poi che va tutelato prima ancora della coppia. Egli ha diritto di crescere in una situazione di partenza favorevole, avendo a disposizione una figura maschile e una figura femminile di riferimento per la sua crescita sana e ordinata.
Gli altri tipi di unione sono da tutelare e rispettare ugualmente perché sono costituite da persone la cui dignità è imprescindibile da qualsiasi orientamento sessuale, di razza o di religione. Ma questi tipi diversi di unione non si possono definire famiglia, perché questa è inerente ad un’unione tra un uomo e una donna, così voluta dal Creatore, secondo le leggi di natura e secondo tutti gli orientamenti che sono stati alla base della stesura della nostra Costituzione, come si diceva in precedenza. Bisogna superare quindi quella mentalità utilitaristica che offre un’alternativa alla famiglia secondo cui i “suoi benefici” si possono raggiungere senza gli impegni che essa comporta, e ciò obiettivamente significa persuadere le persone a scegliere ciò che è più conveniente.
Ritengo che in questo momento di particolare crisi del nostro Paese sia essenziale sostenere con tutti i mezzi le famiglie e la natalità, anche attraverso la formula dei prestiti matrimoniali senza interessi e con graduale rimodulazione in base al numero dei figli. Lo Stato può e deve applicare gli articoli 29-31, 36 e 53 della Costituzione, interessandosi e avendo a cuore molto di più e molto meglio i problemi delle famiglie e della vita nascente, se è vero che il nostro tasso di natalità è il più basso al mondo e che questo crea problemi economici per il presente, nonché interrogativi sconcertanti sulla futura capacità dell’Italia di ripagare il suo debito pubblico. Bisogna ora guardare al futuro e forse anche un governo temporaneo come questo che si prospetta può dare un rilancio alla famiglia. Per esempio uno dei cambiamenti più semplici da operare è quello riguardante gli orari di lavoro che devono potersi conciliare con i ritmi di vita della famiglia. Va altresì attuato un sistema fiscale che, a parità di reddito percepito, tenga conto del numero dei componenti del nucleo familiare, per cui non deve essere tassato il costo di mantenimento e di educazione dei figli. Insomma è necessario un fisco a misura di famiglia.
Cerchiamo quindi di allontanare lo spettro del grave calo demografico che fa della nostra Italia un paese “vecchio”. E un paese è vecchio non solo quando i bambini non nascono più, ma quando smette di guardare al futuro con speranza e soprattutto quando smette di sognare.
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