Le forze governative e le milizie armate sudanesi stanno compiendo attacchi multipli e su larga scala nel Darfur settentrionale. Secondo un rapporto diffuso oggi da Amnesty International, si tratta del peggiore periodo di violenza degli ultimi anni.
Amnesty International - Le guardie di frontiera, che operano sotto il controllo dei servizi segreti militari sudanesi, hanno preso parte ad attacchi che dall'inizio dell'anno avrebbero ucciso più di 500 persone. Secondo le Nazioni Unite, da quando il 5 gennaio un ufficiale delle guardie di frontiera e un capo della tribù Rizeigat hanno avviato una contesa sulla proprietà di un pezzo di terra ricco d'oro nello Jebel 'Amer, circa 100.000 persone sono state costrette a lasciare la zona.
Amnesty International ha chiesto al governo sudanese di garantire un'indagine immediata, imparziale ed efficace sulle violazioni dei diritti umani a carico delle guardie di frontiera e di sospendere i militari sospettati di avervi preso parte.
Amnesty International ha inoltre chiesto alle Nazioni Unite di monitorare adeguatamente e riferire sulle denunce di attacchi contro i civili da parte delle forze governative, che finora si sono limitate a parlare di "violenza intercomunitaria".
La presenza costante dell'esercito e delle milizie nell'area continua a essere fonte d'insicurezza: l'ultimo attacco su larga scala si è verificato il 23 febbraio, quando centinaia di uomini armati hanno attaccato la città di El Siref, dove avevano trovato rifugio 60.000 profughi interni. Gli aggressori sono arrivati su 150 cammelli, 200 cavalli e oltre 40 fuoristrada. In quell'occasione, 53 persone sono state uccise e 66 ferite, la maggior parte civili, tra questi donne e bambini. Alcune case ed edifici civili sono stati dati alle fiamme.
Gli abitanti del villaggio hanno reagito facendo fuoco coi kalashnikov e uccidendo 17 aggressori, la maggior parte dei quali aveva documenti d'identità rilasciati dal governo, il che ha potuto consentire d'identificarli come guardie di frontiera.
I civili hanno inoltre riferito dell'uso di armi pesanti, come le mitragliatrici Dushka, gli Rpg e i lancia granate, equipaggiamenti utilizzati dalle forze armate e generalmente non disponibili per i civili.
Il rapporto di Amnesty International sul Sudan contiene, inoltre, informazioni su bombardamenti aerei indiscriminati, attacchi per motivi etnici, torture nei confronti di difensori dei diritti umani e repressione violenta delle manifestazioni.
Amnesty International - Le guardie di frontiera, che operano sotto il controllo dei servizi segreti militari sudanesi, hanno preso parte ad attacchi che dall'inizio dell'anno avrebbero ucciso più di 500 persone. Secondo le Nazioni Unite, da quando il 5 gennaio un ufficiale delle guardie di frontiera e un capo della tribù Rizeigat hanno avviato una contesa sulla proprietà di un pezzo di terra ricco d'oro nello Jebel 'Amer, circa 100.000 persone sono state costrette a lasciare la zona.
Amnesty International ha chiesto al governo sudanese di garantire un'indagine immediata, imparziale ed efficace sulle violazioni dei diritti umani a carico delle guardie di frontiera e di sospendere i militari sospettati di avervi preso parte.
Amnesty International ha inoltre chiesto alle Nazioni Unite di monitorare adeguatamente e riferire sulle denunce di attacchi contro i civili da parte delle forze governative, che finora si sono limitate a parlare di "violenza intercomunitaria".
La presenza costante dell'esercito e delle milizie nell'area continua a essere fonte d'insicurezza: l'ultimo attacco su larga scala si è verificato il 23 febbraio, quando centinaia di uomini armati hanno attaccato la città di El Siref, dove avevano trovato rifugio 60.000 profughi interni. Gli aggressori sono arrivati su 150 cammelli, 200 cavalli e oltre 40 fuoristrada. In quell'occasione, 53 persone sono state uccise e 66 ferite, la maggior parte civili, tra questi donne e bambini. Alcune case ed edifici civili sono stati dati alle fiamme.
Gli abitanti del villaggio hanno reagito facendo fuoco coi kalashnikov e uccidendo 17 aggressori, la maggior parte dei quali aveva documenti d'identità rilasciati dal governo, il che ha potuto consentire d'identificarli come guardie di frontiera.
I civili hanno inoltre riferito dell'uso di armi pesanti, come le mitragliatrici Dushka, gli Rpg e i lancia granate, equipaggiamenti utilizzati dalle forze armate e generalmente non disponibili per i civili.
Il rapporto di Amnesty International sul Sudan contiene, inoltre, informazioni su bombardamenti aerei indiscriminati, attacchi per motivi etnici, torture nei confronti di difensori dei diritti umani e repressione violenta delle manifestazioni.
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