Nessun accordo negli Stati Uniti per evitare i tagli automatici alla spesa per 85 miliardi di dollari, che sono già scattati grazie ad un decreto firmato dal presidente, Barack Obama. La stretta colpirà servizi pubblici, programmi sociali, ricerca, salari statali e spese militari.
Radio Vaticana - A nulla sono valse le negoziazioni che sono andate avanti sino a ieri con i leder del Congresso, convocati in extremis alla Casa Bianca. Alla fine, il presidente Stati Uniti, Barack Obama, ha dovuto firmare il decreto che autorizza tagli alla spesa pubblica per 85 miliardi. “I tagli avranno un effetto domino sull’economia, ha detto Obama, che con un durissimo intervento ha parlato della perdita 750 mila posti di lavoro. Secondo l’Amministrazione americana, "i tagli non sono necessari", serve invece "responsabilità". Di parere opposto lo speaker della Camera, John Boehner, che propone, ancora una volta, la linea dei repubblicani: "Il problema non sono le maggiori entrate ma la spesa". E preoccupazione è espressa anche dal Fondo monetario internazionale, che parla di rallentamento dell’economia globale e una riduzione di quella americana dello 0,5%. Già da ieri, 42 miliardi di dollari sono stati sottratti alla spesa sociale, alla sanità, all'istruzione e alla giustizia. I restanti 43 riguardano invece tagli al bilancio della Difesa.
E sulle conseguenze del decreto sui tagli della spesa americana, Giancarlo La Vella ha intervistato Nico Perrone, docente di Storia Americana all’Università di Bari:
R. – Io credo che si debba riconoscere ad Obama la sensibilità di rendersi conto che i tempi sono cambiati ovunque. Ora, diciamo che la spinta a lui è venuta dalle difficoltà che ci sono: maggioranze instabili, due rami del parlamento che non riesce a controllare… Resta però il fatto dell’esistenza di un problema incombente molto grande per gli Stati Uniti e per il mondo, di cui Obama ha la percezione e la consapevolezza di voler cercare dei rimedi.
D. – Cercare dei rimedi anche in questo caso, come in Europa, attraverso una serie di sacrifici: si parla di 750 mila posti di lavoro a rischio…
R. – Questo è certamente vero. Diciamo che però i sacrifici, finora, in America, non sono stati diretti in modo particolare verso i ceti più poveri. I sacrifici ci sono e sono sacrifici per tutti, ma graduati a seconda del reddito. Questo invece non si è riscontrato in Europa e in Italia.
D. – In una innegabile connessione, che esiste tra le grandi economie mondiali, questa decisione di Obama quali effetti può avere, da una parte per l’Europa, che sta cercando di uscire dalla crisi, e, dall’altro, per la Cina, un’economia emergente, sia pure in rallentamento?
R. – La Cina è l’economia emergente di cui tutti hanno paura, nonostante il rallentamento, che sta facendo registrare. Tuttavia, l’attento controllo della situazione – rispetto alla crisi – credo che da parte degli Stati Uniti, da parte di Obama in particolare, sia riconfermato, anche ora, come il più stabile, il più deciso, il più lungimirante. Se questo possa servire, è difficile dirlo ora; certo è che Obama si preoccupa di non ridurre fortemente i consumi: questa preoccupazione invece in Europa non c’è stata. E questa è una differenza non da poco.
D. – L’aspetto politico di questa decisione: è ancora una volta scontro con il fronte repubblicano?
R. – Una spaccatura certamente lui l’ha messa in conto; ma le divisioni erano molto più preoccupanti quando aveva bisogno della rielezione. Credo che ora giocherà molto la carta dell’appello all’opinione pubblica, cercando di catturare anche gli incerti e cercando di avere un certo equilibrio per la sua amministrazione.
Radio Vaticana - A nulla sono valse le negoziazioni che sono andate avanti sino a ieri con i leder del Congresso, convocati in extremis alla Casa Bianca. Alla fine, il presidente Stati Uniti, Barack Obama, ha dovuto firmare il decreto che autorizza tagli alla spesa pubblica per 85 miliardi. “I tagli avranno un effetto domino sull’economia, ha detto Obama, che con un durissimo intervento ha parlato della perdita 750 mila posti di lavoro. Secondo l’Amministrazione americana, "i tagli non sono necessari", serve invece "responsabilità". Di parere opposto lo speaker della Camera, John Boehner, che propone, ancora una volta, la linea dei repubblicani: "Il problema non sono le maggiori entrate ma la spesa". E preoccupazione è espressa anche dal Fondo monetario internazionale, che parla di rallentamento dell’economia globale e una riduzione di quella americana dello 0,5%. Già da ieri, 42 miliardi di dollari sono stati sottratti alla spesa sociale, alla sanità, all'istruzione e alla giustizia. I restanti 43 riguardano invece tagli al bilancio della Difesa.
E sulle conseguenze del decreto sui tagli della spesa americana, Giancarlo La Vella ha intervistato Nico Perrone, docente di Storia Americana all’Università di Bari:
R. – Io credo che si debba riconoscere ad Obama la sensibilità di rendersi conto che i tempi sono cambiati ovunque. Ora, diciamo che la spinta a lui è venuta dalle difficoltà che ci sono: maggioranze instabili, due rami del parlamento che non riesce a controllare… Resta però il fatto dell’esistenza di un problema incombente molto grande per gli Stati Uniti e per il mondo, di cui Obama ha la percezione e la consapevolezza di voler cercare dei rimedi.
D. – Cercare dei rimedi anche in questo caso, come in Europa, attraverso una serie di sacrifici: si parla di 750 mila posti di lavoro a rischio…
R. – Questo è certamente vero. Diciamo che però i sacrifici, finora, in America, non sono stati diretti in modo particolare verso i ceti più poveri. I sacrifici ci sono e sono sacrifici per tutti, ma graduati a seconda del reddito. Questo invece non si è riscontrato in Europa e in Italia.
D. – In una innegabile connessione, che esiste tra le grandi economie mondiali, questa decisione di Obama quali effetti può avere, da una parte per l’Europa, che sta cercando di uscire dalla crisi, e, dall’altro, per la Cina, un’economia emergente, sia pure in rallentamento?
R. – La Cina è l’economia emergente di cui tutti hanno paura, nonostante il rallentamento, che sta facendo registrare. Tuttavia, l’attento controllo della situazione – rispetto alla crisi – credo che da parte degli Stati Uniti, da parte di Obama in particolare, sia riconfermato, anche ora, come il più stabile, il più deciso, il più lungimirante. Se questo possa servire, è difficile dirlo ora; certo è che Obama si preoccupa di non ridurre fortemente i consumi: questa preoccupazione invece in Europa non c’è stata. E questa è una differenza non da poco.
D. – L’aspetto politico di questa decisione: è ancora una volta scontro con il fronte repubblicano?
R. – Una spaccatura certamente lui l’ha messa in conto; ma le divisioni erano molto più preoccupanti quando aveva bisogno della rielezione. Credo che ora giocherà molto la carta dell’appello all’opinione pubblica, cercando di catturare anche gli incerti e cercando di avere un certo equilibrio per la sua amministrazione.
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