domenica, aprile 07, 2013
Oggi si celebra la domenica della Divina misericordia, indetta nel 2000 da papa Giovanni Paolo II. Una riflessione

Città Nuova - Ci sono parole del dizionario cristiano che si sono modificate, per colpa nostra e degli altri. Carità richiama elemosina; umiltà dice schiena piegata e occhi a terra; perdono ha odore di debolezza; misericordia suona come mancanza di spina dorsale. Misericordia, appunto. Oggi, per iniziativa di Giovanni Paolo II (2000), sarà la “Domenica della Divina Misericordia”. Certo che quest’uomo non si piegava facilmente. La cosa fa pensare. Era polacco e quel giorno del 2000 ha canonizzato una suora della sua terra, Faustina Kowalska, che ha avuto rapporti particolarissimi con Gesù, il quale l’ha scelta per essere messaggera della sua misericordia: "Figlia mia, dì che sono l’Amore e la Misericordia in persona”, le ha ordinato. E ha insistito perché la domenica dopo Pasqua fosse la festa della divina misericordia, promettendo grazie speciali a chi si accostasse in questa occasione ai sacramenti della riconciliazione e dell’Eucaristia.

Non si tratta di una devozione intimista: “L’umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla divina misericordia”, ha detto Gesù a Faustina. Giovanni Paolo II l’ha espresso evangelicamente: “L’uomo non soltanto riceve e sperimenta la misericordia di Dio, ma è pure chiamato a ‘usare misericordia’ verso gli altri” (Dives in misericordia, 14).

Nella misericordia si scopre il vero volto di Dio e il vero volto dell’uomo.

Il volto di Dio: “Dio è il Padre amoroso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia per tutti noi. Il problema è che noi ci stanchiamo di chiedere perdono” (Francesco, Angelus 17 marzo). Non solo: la misericordia è il “cuore” dell’amore, non si limita solo al perdono, ma è il suo sguardo pieno di fiducia, di gratuità, il suo non porre limiti, la sua onnipotenza ri-creatrice (“Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono”, canta la liturgia). È il lato materno del suo cuore, che genera e rigenera, nutre e non ci lascia mai soli. Immerso in questo flusso, l’uomo scopre il suo vero volto. Anch’egli è chiamato a essere con- creatore con Dio. Anzitutto dentro se stesso, perché la misericordia gli fa attingere i livelli più profondi del suo essere fatto di amore e per l’amore, scoprendo chi egli è (“Voi siete dei” Sl 82,6). La misericordia rende grande l’uomo, lo fa più capace di quello che è e che può, gli dà la dignità di non essere schiacciato dal male e dalla cattiveria e di continuare “vivo”.

È un vivo che dà vita, come Dio: fiducia, gratuità, generosità, perdono, condivisione, solidarietà. Non un’isola che si difende o attacca nella vendetta, ma una pioggia benefica o un sole che riscalda. “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt, 5, 7), e la moltiplicheranno attorno a sé.

Il mondo ha bisogno di questa misericordia, di questi misericordiosi.

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