venerdì, aprile 19, 2013
Due “sosia” della Terra, che potrebbero ospitare acqua liquida, sono stati trovati nella Via Lattea

di Giulia Bernini

La scoperta è stata annunciata sulla rivista Science e si basa sullo studio e sulle ricerche di un gruppo di scienziati guidato dall'americano William Borucki, del centro di ricerche Ames della Nasa. Sono i pianeti più simili alla Terra mai scoperti e i primi di dimensioni rilevanti nella cosiddetta zona abitale, dove la distanza della stella, che offre flussi di luce ai pianeti, rende possibile la presenza di acqua liquida e vita. “Il risultato mostra che i pianeti simili alla Terra esistono e che vale la pena continuare a condurre questo tipo di ricerche”: queste le parole dell'astronomo Roberto Gratton, dell'osservatorio di Padova dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). “Bisogna capire se ci sono probabilità che altri sistemi ospitino la vita e magari dimostrarlo trovando testimonianza” , prosegue Gratton.

I due pianeti “fratelli” della Terra si chiamano “Kepler-62e” e “Kepler-62f” e hanno raggi rispettivamente pari a 1,61 e 1,41 volte il raggio della Terra. Sono i più esterni di un sistema di 5 mondi extrasolari, che dista tra i 2.000 e i 3.000 anni luce da noi. Questo sistema è sorto intorno alla stella “Kepler-62”, la quale sembra somigliare al nostro Sole. Dai cinque mondi extrasolari, “Kepler-62e” e “Kepler-62f” ricevono dalla stella un flusso di luce molto simile a quello che Venere e Marte prendono dal Sole, rendendoli così in grado di ospitare un'atmosfera e acqua liquida. I restanti tre non sono sufficientemente distanti dalla stella e dunque inabitabili.

La scoperta è stata resa possibile con la tecnica dei transiti: questa analizza le fluttuazioni nella luminosità di una stella non appena un pianeta le passa davanti, eclissandola parzialmente. I ricercatori dopo varie simulazioni hanno sostenuto la consistenza solida (rocciosa e ghiacciata) di entrambi i pianeti e un'atmosfera composta di azoto, anidride carbonica e acqua.

“Un pianeta roccioso avvolto da un'atmosfera e con fiumi e mari sulle sue superfici sarebbe un Santo Graal per la planetologia extrasolare”: questo si legge nella rivista “Science” in merito alla scoperta.


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