Mentre Giuseppe Giambrone detto “U Stagnalisi” e Nicolò Salto da alcuni chiamato “Lazzaro” continuano a passeggiare per le vie del paese e le istituzioni portano con successo a termine l’operazione “Nuovo Mandamento” sgominando l’organizzazione criminale del nostro comprensorio in fase di costituzione e riportando nella patrie galere alcuni presunti affiliati.
Liberainformazione - Noi di TeleJato continuiamo instancabilmente a chiedere agli imprenditori di Borgetto, Partinico ed altri paesi del comprensorio di non cedere ai ricatti della mafia, di non pagare il pizzo e soprattutto di denunciare ogni forma di estorsione alle forze dell’ordine. Agli imprenditori che continuano a pagare il pizzo, che partecipano negli appalti dichiarando il protocollo di legalità “Accordo quadro Carlo Alberto Dalla Chiesa” stipulato il 12 luglio 2005 fra la Regione siciliana, il Ministero dell’interno, le Prefetture dell’Isola, l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, l’INPS e l’INAIL, in cui si impegnano a collaborare con le forze di polizia, denunciando ogni tentativo di estorsione, intimidazione o condizionamento di natura criminale (richieste di tangenti, pressioni per indirizzare l’assunzione di personale o l’affidamento di subappalti a determinate imprese.) chiediamo di denunciare, chi denuncia non è solo, noi di Telejato, insieme alle Associazioni Antiracket ed Antiusura Liber Jato, Libero Futuro e Addio Pizzo, siamo sempre pronti ad accompagnare in Questura e dai Carabinieri chi denuncia un estorsore, noi siamo disposti anche a firmare insieme alla vittime le denunce come accompagnatori solidali. Ai mafiosi diciamo che non abbiamo paura, ai mafiosi chiediamo di pentirsi e raccontare tutto il loro passato alle istituzioni, in particolar modo di far luce sugli omicidi del passato, al fine di far ritrovare i cadaveri delle persone scomparse nel tempo con il metodo della lupara bianca .
Ma facciamo una crono storia di tutti gli omicidi di mafia commessi tra Borgetto e Partinico a partire dal 1984: Nel 1984 venne inghiottito dalla lupara bianca a Borgetto, Francesco Zuccarello, un giovane pregiudicato, di Borgetto, l’ultima persona che lo vide vivo, fu Vito Giambrone (fratello di Giuseppe Giambrone detto “U Stagnatisi”), Zuccarello infatti sali sulla sua auto e nessuno ebbe più notizie di lui. Per quella vicenda Vito Giambrone venne indagato nell’ambito della prima maxi inchiesta sulla mafia, assieme ad altri quaranta indagati indiziati ma in corte d’Assisi venne assolto per insufficienza di prove. Successivamente il Pentito Giovanni Mazzola di Montelepre lo tirò nuovamente in ballo, ma Vito Giambrone evitò l’arresto perchè per i fatti narrati dal collaboratore di giustizia era già stato assolto in via definitiva.
Nel 1991 venne inghiottito dalla lupara bianca a Borgetto, Giuseppe Badalà di 34 anni, i giornali dell’epoca scrissero che non era un mafioso ma frequentava persone vicine all’organizzazione. Un giovane assessore che in pochi anni aveva accumulato un bel po’ di denaro, un’auto di lusso e appartamenti alle porte di Borgetto. La famiglia all’epoca sporse denuncia dopo 48 ore ed il corpo non venne mai ritrovato. Nel 1998 venne ucciso Salvatore Riina (omonimo del boss di Corleone), esecutori materiali del delitto, furono Michele Seidita e Francesco Salvatore Pezzino, che sparò a Riina, con una calibro 38 che Giusi Vitale consegnò al killer insieme con una bicicletta che servì a Pezzino, vestito con una tuta da ciclista con tanto di guanti bucati, per recarsi verso l’ abitazione della vittima che fu uccisa nel garage. «Chiesi a Pezzino e a Seidita – disse Giusi Vitale se preferivano una 7.65 o una calibro 38. Pezzino mi rispose che gli avrebbe fatto piacere usare una calibro 38 perchè la 7.65 poteva incepparsi». La pistola venne procurata dalla stessa Vitale . «La consegnai a Seidita, che poi la dette a Pezzino – dichiarò al processo Giusi Vitale ai Pm della Dda di Palermo, Maurizio De Lucia e Francesco Del Bene – e andammo insieme nel mio garage dove recuperai anche la bicicletta. La pistola era nascosta in un soppalco tra la biancheria del mio bambino». Giusi Vitale all’epoca rese la testimonianza mentre era in collegamento il fratello, che l’ha ripudiò dopo essere venuto a conoscenza della sua collaborazione con la magistratura. «L’ordine di ucciderlo mi era stato dato da mio fratello durante un colloquio in carcere – disse la Vitale che scelse di pentirsi e collaborare per amore dei figli – Riina era vicino a Provenzano ed in paese (a Partinico) stava spargendo la voce che i Vitale non li rappresentava più nessuno. Leonardo mi disse che la cosa andava fatta altrimenti quelli l’avrebbero fatta a noi». Nel 1998 in via Crocifisso a Borgetto venne ucciso Vito Giambrone (fratello di Giuseppe Giambrone detto “U Stagnalisi”) mentre usciva dalla carnezzeria Riina, lui non si accorse di nulla, i colpi gli furono sparati alla schiena ed il colpo di grazia alla tempia, il fratello Giuseppe era stato arrestato insieme a Vito Vitale qualche mese prima, e gli inquirenti ipotizzarono che Vito fu punito con la morte poiché voleva prendere il comando del paese in accordo con la famiglia dei Nania.
Nel 1999 Francesco Paolo Alduino (in contrasto con il clan Vitale-Fardazza) e Roberto Rossello persero la vita all’interno del forno che gestivano, Salvatore Bagliesi aveva pedinato le vittime avvisando il gruppo di fuoco della loro posizione. A far fuoco con il fucile era stato Michele Sedita che successivamente divenne collaboratore di Giustizia. Salvatore Bagliesi dopo anni di latitanza venne arrestato a Partinico in via delle Capre nel 2009; Nel 2002 scomparve a Partinico, il meccanico Antonino Vitale. Si pensò da subito ad un omicidio per lupara bianca” perché la sua auto venne ritrovata bruciata. Vitale era stato arrestato per favoreggiamento nel ’98 (ma successivamente scagionato) perché era l ‘affittuario di una casa di campagna dove erano stati trovati i due latitanti, Nicolò Salto, considerato il braccio destro del capomafia Vito Vitale, e Giuseppe Lo Bianco, ricercato per un omicidio. Il corpo non è stato mai ritrovato. Nel 2005, il 24 di giugno, venne ucciso Mario Rappa, Imprenditore ed affiliato alla famiglia dei Vitale, I killers gli tesero un agguato in aperta campagna, freddandolo con diversi colpi di pistola.. Il corpo venne rinvenuto a Grisì, nel territorio di Monreale. Nel 2005 venne ucciso a Partinico Maurizio Lo Iacono, figlio del capomafia Francesco in carcere da diverso tempo. Un solo colpo mortale giunse a bersaglio, solo dopo essere rimbalzato sulla portiera dell’auto da cui la vittima stava scendendo. L’ucciso era sorvegliato speciale sotto processo per associazione mafiosa. Ex uomo di fiducia del capomafia Vito Vitale, dopo l’arresto di quest’ultimo si sarebbe alleato a Bernardo Provenzano. Gli inquirenti ipotizzarono che l’omicidio fu ordinato da Mimmo Raccuglia, alleato dei Vitale, che avrebbe così voluto dare un avvertimento a Provenzano e una risposta all”uccisione di Mario Rappa, del clan Vitale, ucciso a giugno del stesso anno.
Nel 2007, il 19 maggio, scomparve Antonino Frisella, meccanico, alcuni giorni dopo in contrada Cicala a Partinico, un agricoltore ritrovò l’autovettura della vittima interamente bruciata. Il corpo non è mai stato ritrovato. Nel 2007, Giuseppe Lo Baido, venne ucciso da alcuni sicari che lo attendevano nei pressi dell’abitazione di proprietà nel territorio Partinico e, dopo avergli aperto lo sportello dell’auto dallo stesso guidata, gli spararono diversi colpi di pistola a bruciapelo. Venne freddato con un colpo di fucile in viso. Nel 2007, Antonino Giambrone, figlio di Vito Giambrone ucciso nel 1998, e nipote del odierno boss del paese Giuseppe Giambrone detto “U Stagnalisi” venne ammazzato all’interno dell’officina da lui gestita all’entrata di Borgetto, i killers a bordo di uno scooter con il volto coperto da casco, fecero irruzione nell’officina sorprendendolo ed attingendolo con 11 colpi di pistola di cui 4 colpi al viso. Nel 2008, due killers sorpresero i due fratelli Giuseppe e Gianpaolo Riina vicino ad un Bar, a bordo di motocicletta e con il volto coperto e gli spararono diversi colpi di pistola esplosi a bruciapelo, nonostante un disperato tentativo di fuga da parte di entrambe le vittime. Giuseppe e Gianpaolo Riina erano figli di Salvatore Riina (omonimo del boss di Corleone Totò Riina) ucciso nel 1998 da Michele Sedita e Francesco Paolo Pezzino Nel 2008. Alcuni Killer Tentarono di uccidere Nicolò Salto, odierno boss del paese. I killers lo attesero nei pressi della propria abitazione ubicata in Borgetto in contrada Carrubbella e, dopo essere entrati dal piazzale antistante, gli spararono 4 colpi di pistola, di cui tre esplosi da un revolver, ferendolo gravemente. Ogni qual volta viene effettuata una retata dai carabinieri, giovani leve di mafia cercano di riorganizzarsi, a loro noi di TeleJato vogliamo dire le seguenti parole “Nun è strata chi spunta” la mafia vi usa a suo piacimento e poi quando vi arrestano e buttano la chiave, nessuno vi pagherà l’avvocato, nessuno darà i soldi alle vostre famiglie per campare, sarete abbandonati e le vostre famiglie finiranno in mezzo ad una strada. Oggi siamo sempre più convinti che la mafia è destinata a scomparire, la gente non ha più paura di denunciare, ed imprenditori una volta collusi hanno saltato la barricata passando dall’illegalità alla legalità iscrivendosi anche alle nascenti associazioni antiracket.
Noi di TeleJato denunciamo e denunceremo sempre ogni forma d’illegalità.
Liberainformazione - Noi di TeleJato continuiamo instancabilmente a chiedere agli imprenditori di Borgetto, Partinico ed altri paesi del comprensorio di non cedere ai ricatti della mafia, di non pagare il pizzo e soprattutto di denunciare ogni forma di estorsione alle forze dell’ordine. Agli imprenditori che continuano a pagare il pizzo, che partecipano negli appalti dichiarando il protocollo di legalità “Accordo quadro Carlo Alberto Dalla Chiesa” stipulato il 12 luglio 2005 fra la Regione siciliana, il Ministero dell’interno, le Prefetture dell’Isola, l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, l’INPS e l’INAIL, in cui si impegnano a collaborare con le forze di polizia, denunciando ogni tentativo di estorsione, intimidazione o condizionamento di natura criminale (richieste di tangenti, pressioni per indirizzare l’assunzione di personale o l’affidamento di subappalti a determinate imprese.) chiediamo di denunciare, chi denuncia non è solo, noi di Telejato, insieme alle Associazioni Antiracket ed Antiusura Liber Jato, Libero Futuro e Addio Pizzo, siamo sempre pronti ad accompagnare in Questura e dai Carabinieri chi denuncia un estorsore, noi siamo disposti anche a firmare insieme alla vittime le denunce come accompagnatori solidali. Ai mafiosi diciamo che non abbiamo paura, ai mafiosi chiediamo di pentirsi e raccontare tutto il loro passato alle istituzioni, in particolar modo di far luce sugli omicidi del passato, al fine di far ritrovare i cadaveri delle persone scomparse nel tempo con il metodo della lupara bianca .
Ma facciamo una crono storia di tutti gli omicidi di mafia commessi tra Borgetto e Partinico a partire dal 1984: Nel 1984 venne inghiottito dalla lupara bianca a Borgetto, Francesco Zuccarello, un giovane pregiudicato, di Borgetto, l’ultima persona che lo vide vivo, fu Vito Giambrone (fratello di Giuseppe Giambrone detto “U Stagnatisi”), Zuccarello infatti sali sulla sua auto e nessuno ebbe più notizie di lui. Per quella vicenda Vito Giambrone venne indagato nell’ambito della prima maxi inchiesta sulla mafia, assieme ad altri quaranta indagati indiziati ma in corte d’Assisi venne assolto per insufficienza di prove. Successivamente il Pentito Giovanni Mazzola di Montelepre lo tirò nuovamente in ballo, ma Vito Giambrone evitò l’arresto perchè per i fatti narrati dal collaboratore di giustizia era già stato assolto in via definitiva.
Nel 1991 venne inghiottito dalla lupara bianca a Borgetto, Giuseppe Badalà di 34 anni, i giornali dell’epoca scrissero che non era un mafioso ma frequentava persone vicine all’organizzazione. Un giovane assessore che in pochi anni aveva accumulato un bel po’ di denaro, un’auto di lusso e appartamenti alle porte di Borgetto. La famiglia all’epoca sporse denuncia dopo 48 ore ed il corpo non venne mai ritrovato. Nel 1998 venne ucciso Salvatore Riina (omonimo del boss di Corleone), esecutori materiali del delitto, furono Michele Seidita e Francesco Salvatore Pezzino, che sparò a Riina, con una calibro 38 che Giusi Vitale consegnò al killer insieme con una bicicletta che servì a Pezzino, vestito con una tuta da ciclista con tanto di guanti bucati, per recarsi verso l’ abitazione della vittima che fu uccisa nel garage. «Chiesi a Pezzino e a Seidita – disse Giusi Vitale se preferivano una 7.65 o una calibro 38. Pezzino mi rispose che gli avrebbe fatto piacere usare una calibro 38 perchè la 7.65 poteva incepparsi». La pistola venne procurata dalla stessa Vitale . «La consegnai a Seidita, che poi la dette a Pezzino – dichiarò al processo Giusi Vitale ai Pm della Dda di Palermo, Maurizio De Lucia e Francesco Del Bene – e andammo insieme nel mio garage dove recuperai anche la bicicletta. La pistola era nascosta in un soppalco tra la biancheria del mio bambino». Giusi Vitale all’epoca rese la testimonianza mentre era in collegamento il fratello, che l’ha ripudiò dopo essere venuto a conoscenza della sua collaborazione con la magistratura. «L’ordine di ucciderlo mi era stato dato da mio fratello durante un colloquio in carcere – disse la Vitale che scelse di pentirsi e collaborare per amore dei figli – Riina era vicino a Provenzano ed in paese (a Partinico) stava spargendo la voce che i Vitale non li rappresentava più nessuno. Leonardo mi disse che la cosa andava fatta altrimenti quelli l’avrebbero fatta a noi». Nel 1998 in via Crocifisso a Borgetto venne ucciso Vito Giambrone (fratello di Giuseppe Giambrone detto “U Stagnalisi”) mentre usciva dalla carnezzeria Riina, lui non si accorse di nulla, i colpi gli furono sparati alla schiena ed il colpo di grazia alla tempia, il fratello Giuseppe era stato arrestato insieme a Vito Vitale qualche mese prima, e gli inquirenti ipotizzarono che Vito fu punito con la morte poiché voleva prendere il comando del paese in accordo con la famiglia dei Nania.
Nel 1999 Francesco Paolo Alduino (in contrasto con il clan Vitale-Fardazza) e Roberto Rossello persero la vita all’interno del forno che gestivano, Salvatore Bagliesi aveva pedinato le vittime avvisando il gruppo di fuoco della loro posizione. A far fuoco con il fucile era stato Michele Sedita che successivamente divenne collaboratore di Giustizia. Salvatore Bagliesi dopo anni di latitanza venne arrestato a Partinico in via delle Capre nel 2009; Nel 2002 scomparve a Partinico, il meccanico Antonino Vitale. Si pensò da subito ad un omicidio per lupara bianca” perché la sua auto venne ritrovata bruciata. Vitale era stato arrestato per favoreggiamento nel ’98 (ma successivamente scagionato) perché era l ‘affittuario di una casa di campagna dove erano stati trovati i due latitanti, Nicolò Salto, considerato il braccio destro del capomafia Vito Vitale, e Giuseppe Lo Bianco, ricercato per un omicidio. Il corpo non è stato mai ritrovato. Nel 2005, il 24 di giugno, venne ucciso Mario Rappa, Imprenditore ed affiliato alla famiglia dei Vitale, I killers gli tesero un agguato in aperta campagna, freddandolo con diversi colpi di pistola.. Il corpo venne rinvenuto a Grisì, nel territorio di Monreale. Nel 2005 venne ucciso a Partinico Maurizio Lo Iacono, figlio del capomafia Francesco in carcere da diverso tempo. Un solo colpo mortale giunse a bersaglio, solo dopo essere rimbalzato sulla portiera dell’auto da cui la vittima stava scendendo. L’ucciso era sorvegliato speciale sotto processo per associazione mafiosa. Ex uomo di fiducia del capomafia Vito Vitale, dopo l’arresto di quest’ultimo si sarebbe alleato a Bernardo Provenzano. Gli inquirenti ipotizzarono che l’omicidio fu ordinato da Mimmo Raccuglia, alleato dei Vitale, che avrebbe così voluto dare un avvertimento a Provenzano e una risposta all”uccisione di Mario Rappa, del clan Vitale, ucciso a giugno del stesso anno.
Nel 2007, il 19 maggio, scomparve Antonino Frisella, meccanico, alcuni giorni dopo in contrada Cicala a Partinico, un agricoltore ritrovò l’autovettura della vittima interamente bruciata. Il corpo non è mai stato ritrovato. Nel 2007, Giuseppe Lo Baido, venne ucciso da alcuni sicari che lo attendevano nei pressi dell’abitazione di proprietà nel territorio Partinico e, dopo avergli aperto lo sportello dell’auto dallo stesso guidata, gli spararono diversi colpi di pistola a bruciapelo. Venne freddato con un colpo di fucile in viso. Nel 2007, Antonino Giambrone, figlio di Vito Giambrone ucciso nel 1998, e nipote del odierno boss del paese Giuseppe Giambrone detto “U Stagnalisi” venne ammazzato all’interno dell’officina da lui gestita all’entrata di Borgetto, i killers a bordo di uno scooter con il volto coperto da casco, fecero irruzione nell’officina sorprendendolo ed attingendolo con 11 colpi di pistola di cui 4 colpi al viso. Nel 2008, due killers sorpresero i due fratelli Giuseppe e Gianpaolo Riina vicino ad un Bar, a bordo di motocicletta e con il volto coperto e gli spararono diversi colpi di pistola esplosi a bruciapelo, nonostante un disperato tentativo di fuga da parte di entrambe le vittime. Giuseppe e Gianpaolo Riina erano figli di Salvatore Riina (omonimo del boss di Corleone Totò Riina) ucciso nel 1998 da Michele Sedita e Francesco Paolo Pezzino Nel 2008. Alcuni Killer Tentarono di uccidere Nicolò Salto, odierno boss del paese. I killers lo attesero nei pressi della propria abitazione ubicata in Borgetto in contrada Carrubbella e, dopo essere entrati dal piazzale antistante, gli spararono 4 colpi di pistola, di cui tre esplosi da un revolver, ferendolo gravemente. Ogni qual volta viene effettuata una retata dai carabinieri, giovani leve di mafia cercano di riorganizzarsi, a loro noi di TeleJato vogliamo dire le seguenti parole “Nun è strata chi spunta” la mafia vi usa a suo piacimento e poi quando vi arrestano e buttano la chiave, nessuno vi pagherà l’avvocato, nessuno darà i soldi alle vostre famiglie per campare, sarete abbandonati e le vostre famiglie finiranno in mezzo ad una strada. Oggi siamo sempre più convinti che la mafia è destinata a scomparire, la gente non ha più paura di denunciare, ed imprenditori una volta collusi hanno saltato la barricata passando dall’illegalità alla legalità iscrivendosi anche alle nascenti associazioni antiracket.
Noi di TeleJato denunciamo e denunceremo sempre ogni forma d’illegalità.
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