Il sostegno all’attuale UE della Gran Bretagna é “wafer-thin” (assottigliato al massimo). Cosa chiede il leader britannico? Un nuovo trattato? Mentre in Italia si continua a litigare, i paesi forti prendono le redini dell’UE.
Durante questo fine settimana a Meseberg, una localitá fuori Berlino, il primo ministro britannico Cameron discute con la cancelliera tedesca Merkel su come dovrebbe essere l’UE nei prossimi anni. Cameron nei primi mesi di quest’anno aveva intrapreso una serie di visite e di colloqui per ottenere consensi sulle sue idee intorno all’UE: prima della Merkel, aveva incontrato Rajoy in Spagna e Hollande in Francia, usando come argomento il fatto che in Gran Bretagna il sostegno per l’UE é “wafer-thin”, assottigliato al massimo, e che se non ci saranno i cambiamenti che egli propone si potrebbe profilare un’uscita dall’Unione.
Stranamente, proprio in un periodo in cui l’UE appare come la causa di molti problemi legati soprattutto all’euro, un paese che non fa parte dell’eurozona come la Gran Bretagna si pone a capo di un progetto per cambiare l’UE. La visione di Cameron é per un’UE piú flessibile, che lascia agli stati membri maggiore libertá, con meno imposizioni e meno obblighi. Si legge anche che Cameron e Merkel siano giá d’accordo su un progetto che rafforzi le relazioni commerciali con gli Stati Uniti.
Cambiare l’UE quando ancora essa non si é attuata pienamente mi pare estremamente rischioso. La sicurezza dei suoi cittadini, le garanzie di democrazia e sviluppo sono ancora progetti da concretizzare. Gli interventi delle istituzioni europee sono tantissimi e spesso vanno al di lá del quadro delineato nel trattato istitutivo. Una specie di bulimia che tende a includere tutto, come si intravede nelle azioni intraprese in nome e per conto dell’UE; occorre razionalizzare gli interventi rimanendo in linea con il trattato in vigore che, ripeto, non é ancora attuato.
L’Italia, quella dei suoi leader, affogata nelle diatribe interne, pare non prenda posizione e il grande pubblico, quello che vede l’UE come causa di tutti i mali (come fa comodo a certe politiche interne), si disaffeziona sempre di piú perché, cominciando dalla lingua predominante, l’inglese, oggi l’UE sembra sempre piú estranea e ostile. Spero che non si aspetti il giorno del voto del nuovo Parlamento Europeo per parlare apertamente, anche in Italia, di come e dove va l’UE.
Durante questo fine settimana a Meseberg, una localitá fuori Berlino, il primo ministro britannico Cameron discute con la cancelliera tedesca Merkel su come dovrebbe essere l’UE nei prossimi anni. Cameron nei primi mesi di quest’anno aveva intrapreso una serie di visite e di colloqui per ottenere consensi sulle sue idee intorno all’UE: prima della Merkel, aveva incontrato Rajoy in Spagna e Hollande in Francia, usando come argomento il fatto che in Gran Bretagna il sostegno per l’UE é “wafer-thin”, assottigliato al massimo, e che se non ci saranno i cambiamenti che egli propone si potrebbe profilare un’uscita dall’Unione.
Stranamente, proprio in un periodo in cui l’UE appare come la causa di molti problemi legati soprattutto all’euro, un paese che non fa parte dell’eurozona come la Gran Bretagna si pone a capo di un progetto per cambiare l’UE. La visione di Cameron é per un’UE piú flessibile, che lascia agli stati membri maggiore libertá, con meno imposizioni e meno obblighi. Si legge anche che Cameron e Merkel siano giá d’accordo su un progetto che rafforzi le relazioni commerciali con gli Stati Uniti.
Cambiare l’UE quando ancora essa non si é attuata pienamente mi pare estremamente rischioso. La sicurezza dei suoi cittadini, le garanzie di democrazia e sviluppo sono ancora progetti da concretizzare. Gli interventi delle istituzioni europee sono tantissimi e spesso vanno al di lá del quadro delineato nel trattato istitutivo. Una specie di bulimia che tende a includere tutto, come si intravede nelle azioni intraprese in nome e per conto dell’UE; occorre razionalizzare gli interventi rimanendo in linea con il trattato in vigore che, ripeto, non é ancora attuato.
L’Italia, quella dei suoi leader, affogata nelle diatribe interne, pare non prenda posizione e il grande pubblico, quello che vede l’UE come causa di tutti i mali (come fa comodo a certe politiche interne), si disaffeziona sempre di piú perché, cominciando dalla lingua predominante, l’inglese, oggi l’UE sembra sempre piú estranea e ostile. Spero che non si aspetti il giorno del voto del nuovo Parlamento Europeo per parlare apertamente, anche in Italia, di come e dove va l’UE.
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