mercoledì, aprile 10, 2013
Il regime nordcoreano lancia l’allarme: “Non possiamo garantire nulla a chi vive in Corea del Sud. È meglio se lasciate il Paese”. Intanto Tokyo spiega le batterie anti-missili nel centro della città. L’arcivescovo di Nagasaki ad AsiaNews: “Situazione molto tesa, da una provocazione può nascere un conflitto disastroso. Invitiamo tutti a tornare al dialogo”.

Seoul (AsiaNews) - Il regime della Corea del Nord ha invitato tutti gli stranieri residenti nella parte sud della penisola a lasciare al più presto il Paese. Un dispaccio dell'agenzia ufficiale di Pyongyang recita infatti: "Non siamo in grado di garantire la sicurezza di chi vive lì. Le provocazioni militari degli Stati Uniti e dei suoi fantocci sudcoreani sono andate troppo oltre". Il governo del giovane Kim Jong-un ha poi vietato ai 53mila operai che lavorano nella zona demilitarizzata di Kaesong di andare in fabbrica.

La zona, dice ancora il regime, "era nata con un intento di pace. Ma ora siamo in guerra e non per nostra volontà, quindi non ha senso continuare a dialogare con chi vuole solo un pretesto per attaccare". La Dmz - acronimo che indica l'area - era già stata al centro della tensione alcuni giorni fa, quando Pyongyang ha impedito agli operai del Sud di accedere all'area e li ha rimandati a casa dopo qualche ora di altissima tensione.

Per il presidente sudcoreano Park Geun-hye, del Partito conservatore, "la Corea del Nord danneggia la sua credibilità come luogo dove fare affari. Se chiuderà Kaesong, nessuna azienda da nessuna parte del mondo vorrà più investire nel Paese". La neopresidente ha anche espresso "esasperazione" per un "circolo vizioso in cui si risponde con compromessi a azioni ostili per ottenere solo altre azioni ostili".

La pensa allo stesso modo anche il governo giapponese che, per difendere la popolazione da eventuali attacchi da parte della Corea del Nord, ha dispiegato nel cuore di Tokyo due batterie di missili "Patriot" presso la sede del ministero della Difesa. Ulteriori missili saranno posizionati in almeno altri due siti della capitale nipponica, così come sull'isola sub-tropicale di Okinawa, la principale dell'omonimo gruppo, che fa parte dell'arcipelago delle Ryukyu.

"Il governo sta compiendo il massimo sforzo per proteggere le vite dei nostri connazionali e garantirne la sicurezza - ha spiegato il premier giapponese Shinzo Abe "e siamo in stato di allerta: stiamo procedendo con una serie di misure adeguate". Secondo la Chiesa nipponica, però, rispondere alle provocazioni con le armi "può divenire un errore tragico".

L'arcivescovo di Nagasaki, mons. Giuseppe Mitsuaki Takami, spiega ad AsiaNews: "Il premier Abe conosce bene la situazione e sa che la maggioranza del popolo è con lui e vuole più difesa. Ma come vescovi non possiamo dire che dobbiamo difenderci con le armi: dobbiamo invece cercare il dialogo. La Corea del Nord forse non è pronta per un dialogo con noi, ma quella che sta portando avanti è una prova pericolosa: da un piccolo attacco si può scatenare una grande guerra".

Noi, conclude il presule, "non dobbiamo dare pretesti alla Corea del Nord. Dobbiamo invece portare avanti un progetto comune, che coinvolga tutti, verso l'unico vero scopo: un disarmo totale dell'area e una nuova stagione di collaborazione e rispetto pacifico per tutti".

di Joseph Yun Li-sun


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