“Per fermare il fracking ci vuole un’alleanza mondiale” dice alla MISNA il sudafricano Jonathan Deal, poche ore prima di ricevere negli Stati Uniti quello che molti definiscono “il Nobel per l’ambiente”. Il riconoscimento l’ha conquistato lottando, nel “suo” deserto del Karoo, contro una nuova tecnica di estrazione del gas.
Misna - Il Goldman Prize gli sarà conferito questa sera a San Francisco. I giurati hanno motivato la loro scelta con una campagna di sensibilizzazione cresciuta di mese in mese, in modo spontaneo e incontenibile. Prima con un gruppo su Facebook, poi con l’associazione Treasure Karoo Action Group (Tkag), avvalendosi sempre del sostegno di scienziati, avvocati e volontari, Deal è riuscito a spingere il governo sudafricano ad adottare una moratoria sull’utilizzo del fracking. Di mezzo c’è finito un colosso come la Royal Dutch Shell, titolare di una concessione per le prime prospezioni nel deserto del Karoo.
“Il fracking – sottolinea Deal – è altamente inquinante e dannoso per l’ambiente, in particolare perché distrugge le riserve idriche”. La tecnica prevede l’uso di agenti chimici e bombardamenti di getti d’acqua ad altissima pressione. L’obiettivo è raggiungere depositi di shale gas, un particolare tipo di idrocarburi situato a grande profondità. Secondo l’ambientalista sudafricano, però, il gioco non vale la candela neanche anche da un punto di vista meramente economico. “I giacimenti di shale gas raggiungibili attraverso il fracking – sottolinea Deal – sono destinati a esaurirsi in tempi brevi; lo sta cominciando a capire anche l’opinione pubblica degli Stati Uniti, un paese dove il grande bisogno di energia sta spingendo il governo a fare scelte sbagliate”.
Di sicuro, il Goldman Prize è solo un punto di partenza. Deal è convinto di poter creare un’alleanza mondiale in grado di rendere tutti più consapevoli. E di convincere una volta per tutte il governo sudafricano, dopo lo scadere della moratoria nel settembre scorso. “Get Your Fracking Hands Off the Karoo”: c’è scritto questo, più o meno, sulla maglietta con la quale Deal si sposta da una comunità all’altra in questo deserto punteggiato di ginestre e di lavande.
Misna - Il Goldman Prize gli sarà conferito questa sera a San Francisco. I giurati hanno motivato la loro scelta con una campagna di sensibilizzazione cresciuta di mese in mese, in modo spontaneo e incontenibile. Prima con un gruppo su Facebook, poi con l’associazione Treasure Karoo Action Group (Tkag), avvalendosi sempre del sostegno di scienziati, avvocati e volontari, Deal è riuscito a spingere il governo sudafricano ad adottare una moratoria sull’utilizzo del fracking. Di mezzo c’è finito un colosso come la Royal Dutch Shell, titolare di una concessione per le prime prospezioni nel deserto del Karoo.
“Il fracking – sottolinea Deal – è altamente inquinante e dannoso per l’ambiente, in particolare perché distrugge le riserve idriche”. La tecnica prevede l’uso di agenti chimici e bombardamenti di getti d’acqua ad altissima pressione. L’obiettivo è raggiungere depositi di shale gas, un particolare tipo di idrocarburi situato a grande profondità. Secondo l’ambientalista sudafricano, però, il gioco non vale la candela neanche anche da un punto di vista meramente economico. “I giacimenti di shale gas raggiungibili attraverso il fracking – sottolinea Deal – sono destinati a esaurirsi in tempi brevi; lo sta cominciando a capire anche l’opinione pubblica degli Stati Uniti, un paese dove il grande bisogno di energia sta spingendo il governo a fare scelte sbagliate”.
Di sicuro, il Goldman Prize è solo un punto di partenza. Deal è convinto di poter creare un’alleanza mondiale in grado di rendere tutti più consapevoli. E di convincere una volta per tutte il governo sudafricano, dopo lo scadere della moratoria nel settembre scorso. “Get Your Fracking Hands Off the Karoo”: c’è scritto questo, più o meno, sulla maglietta con la quale Deal si sposta da una comunità all’altra in questo deserto punteggiato di ginestre e di lavande.
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