Mafiosi “convertitevi, un giorno verrà il giudizio di Dio”. Sono passati vent’anni, era il 9 maggio del 1993, quando il beato Giovanni Paolo II pronunciò queste parole nella piana dei templi di Agrigento. Un anno prima gli attentati che stroncarono le vite dei giudici Falcone e Borsellino, mentre, nel 1990, la Stidda uccideva il magistrato Rosario Livatino. Fu anche l’incontro con i genitori di quest’ultimo ad ispirare l’invettiva di Giovanni Paolo II contro la criminalità organizzata. Il servizio di Paolo Ondarza.
Radio Vaticana - “Dio ha detto una volta: Non uccidere. Non può l’uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Lo dico ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!”. E’ il 9 maggio 1993, ad ascoltare queste parole la cui eco ha varcato la valle dei templi, c’erano migliaia di persone. Un discorso senza esitazioni contro la criminalità organizzata. Ma a vent’anni di distanza, quale seguito ha avuto? Don Luigi Ciotti, presidente dell’Associazione Libera contro le Mafie: R. - Credo vada sottolineato quello che è avvenuto pochi giorni dopo, quando, il 19 agosto di quell’anno, in carcere un uomo di Cosa nostra chiama il Magistrato e farà una dichiarazione molto pesante. Credo che questo sottolinei tutto il senso di quel grido forte del Papa. Marino Mannoia dichiarerà che nel passato la Chiesa era considerata sacra ed intoccabile, invece "Cosa nostra" attacca la Chiesa perché si sta esprimendo contro la mafia. Le parole del Papa avevano scosso le coscienze, avevano chiamato in causa la meraviglia del popolo della Sicilia a dover reagire, a fare di più la propria parte. Le parole del Papa avevano creato una risposta forte nei mafiosi, perché non possiamo dimenticare quel 27 luglio, le bombe a Roma in San Giovanni in Laterano e poi a San Giorgio in Velabro. Poi, la morte di don Puglisi, poi quella di don Peppino Diana. La Chiesa invece deve interferire. Non dimenticare. Da quel momento, c’è stato un crescendo in questa direzione. Il Vangelo raccomanda di parlare chiaro e soprattutto parlare con la nostra vita, con le nostre scelte, con i nostri comportamenti. Ci sono ancora delle zone d’ombra. Ci sono ancora “troppi”che sono tiepidi e prudenti che stanno in bilico. Devo dire che la Chiesa prima, in tanti momenti, aveva già fatto qualcosa. Ma le parole del Papa sono state parole categoriche, chiare, che Benedetto XVI ha poi ripreso nel 2010 dicendo la mafia è strada di morte.
D. - Sembra che le parole di Giovanni Paolo II furono se non ispirate, quanto meno incoraggiate dall’incontro che il Papa ebbe con i genitori di Rosario Livatino, definito da Papa Wojtyła “Martire della giustizia ed indirettamente delle fede”. Ecco, anche questa definizione dice molto dell’atteggiamento del Papa… R. - Stupendo! Non dimentichiamo l’incontro tra il Papa e i genitori del giudice Livatino, i quali mostrarono il diario di loro figlio dove c’era scritto: “Non ci sarà chiesto se siamo stati credenti o siamo stati credibili”. È un invito a vivere la radicalità del Vangelo, un invito a una Chiesa che sta prima di tutto dalla parte di chi fa più fatica, una Chiesa più libera da qualunque forma di potere. Il Papa lanciò una grande profezia: quella di trovare la forza di lottare questo male chiamandolo per nome. E fa piacere che Papa Francesco abbia chiamato “puzza e putrefazione” tutto ciò che è corruzione. Dobbiamo avere parole chiare e forti senza sconto, ma soprattutto la riposta è il fare, la concretezza. E per un cristiano, non dimenticarsi di chiedere a Dio che ci dia veramente una bella "pedata" per andare avanti.
Radio Vaticana - “Dio ha detto una volta: Non uccidere. Non può l’uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Lo dico ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!”. E’ il 9 maggio 1993, ad ascoltare queste parole la cui eco ha varcato la valle dei templi, c’erano migliaia di persone. Un discorso senza esitazioni contro la criminalità organizzata. Ma a vent’anni di distanza, quale seguito ha avuto? Don Luigi Ciotti, presidente dell’Associazione Libera contro le Mafie: R. - Credo vada sottolineato quello che è avvenuto pochi giorni dopo, quando, il 19 agosto di quell’anno, in carcere un uomo di Cosa nostra chiama il Magistrato e farà una dichiarazione molto pesante. Credo che questo sottolinei tutto il senso di quel grido forte del Papa. Marino Mannoia dichiarerà che nel passato la Chiesa era considerata sacra ed intoccabile, invece "Cosa nostra" attacca la Chiesa perché si sta esprimendo contro la mafia. Le parole del Papa avevano scosso le coscienze, avevano chiamato in causa la meraviglia del popolo della Sicilia a dover reagire, a fare di più la propria parte. Le parole del Papa avevano creato una risposta forte nei mafiosi, perché non possiamo dimenticare quel 27 luglio, le bombe a Roma in San Giovanni in Laterano e poi a San Giorgio in Velabro. Poi, la morte di don Puglisi, poi quella di don Peppino Diana. La Chiesa invece deve interferire. Non dimenticare. Da quel momento, c’è stato un crescendo in questa direzione. Il Vangelo raccomanda di parlare chiaro e soprattutto parlare con la nostra vita, con le nostre scelte, con i nostri comportamenti. Ci sono ancora delle zone d’ombra. Ci sono ancora “troppi”che sono tiepidi e prudenti che stanno in bilico. Devo dire che la Chiesa prima, in tanti momenti, aveva già fatto qualcosa. Ma le parole del Papa sono state parole categoriche, chiare, che Benedetto XVI ha poi ripreso nel 2010 dicendo la mafia è strada di morte.
D. - Sembra che le parole di Giovanni Paolo II furono se non ispirate, quanto meno incoraggiate dall’incontro che il Papa ebbe con i genitori di Rosario Livatino, definito da Papa Wojtyła “Martire della giustizia ed indirettamente delle fede”. Ecco, anche questa definizione dice molto dell’atteggiamento del Papa… R. - Stupendo! Non dimentichiamo l’incontro tra il Papa e i genitori del giudice Livatino, i quali mostrarono il diario di loro figlio dove c’era scritto: “Non ci sarà chiesto se siamo stati credenti o siamo stati credibili”. È un invito a vivere la radicalità del Vangelo, un invito a una Chiesa che sta prima di tutto dalla parte di chi fa più fatica, una Chiesa più libera da qualunque forma di potere. Il Papa lanciò una grande profezia: quella di trovare la forza di lottare questo male chiamandolo per nome. E fa piacere che Papa Francesco abbia chiamato “puzza e putrefazione” tutto ciò che è corruzione. Dobbiamo avere parole chiare e forti senza sconto, ma soprattutto la riposta è il fare, la concretezza. E per un cristiano, non dimenticarsi di chiedere a Dio che ci dia veramente una bella "pedata" per andare avanti.
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