Aumentano disastri ambientali, diminuiscono aiuti umanitari:
nel mondo soli 17,1 miliardi di dollari
nel mondo soli 17,1 miliardi di dollari
In Italia dal 2000 ad oggi i fondi sono diminuiti del 13%. Il valore dell’aiuto: la spesa del Bel Paese per il settore umanitario in un anno è quella dedicata ogni 4 giorni alla spesa militare.
GreenReport - Il valore dell'aiuto: la spesa del Bel Paese per il settore umanitario in un anno è quella dedicata ogni 4 giorni alla spesa militare. La crisi, più volte lo abbiamo ribadito, è economica, socio-politica e ambientale e ognuna di queste componenti è strettamente legata all'altra. Ad esempio, la crisi economica a scala globale rende disponibili meno risorse pubbliche e private per gli aiuti umanitari di cui c'è invece maggior bisogno, a causa dell'impennata delle crisi ambientali (i cosiddetti disastri naturali) e sociali i cui estremi sono rappresentati dai conflitti armati.
Quindi gli aiuti umanitari diminuiscono a fronte di bisogni umanitari globali che crescono: questa in sintesi è la "fotografia" riportata nel rapporto annuale "Il Valore dell'Aiuto", realizzato dalla rete Agire (Agenzia italiana risposta emergenze) e presentato alla Camera dei Deputati. I numeri riportati nella ricerca, tracciano il quadro complessivo, preoccupante, dei fondi umanitari pubblici e privati stanziati per rispondere alle emergenze umanitarie internazionali.
Nel 2011 il settore umanitario ha mobilitato 17,1 miliardi di dollari livello mondiale, di cui 12,5 provenienti dai governi dei paesi donatori: un calo del 9% rispetto al 2010. In Italia dal 2000 ad oggi i fondi sono diminuiti del 13% (nel 2000, 357 milioni di dollari di fondi pubblici; nel 2012, circa 312 milioni di dollari), mentre nello stesso arco di tempo a livello globale c'è stata una crescita del 66%. Confermata poi l'insufficiente copertura dei bisogni umanitari: il gap tra le necessità rilevate in una data emergenza e i fondi che i donatori decidono di mettere a disposizione nella corrispondente azione di risposta è passata dal 37% del 2011 al 40,5% del 2012, indicando una sempre minore capacità di garantire una risposta umanitaria proporzionata all'entità delle crisi.
«Il sovrapporsi di tre crisi globali (quella economica, quella ambientale, e quella politica) sta causando un drammatico aggravamento delle condizioni di vita di miliardi di esseri umani- ha dichiarato Gianni Rufini, presidente del Comitato dei garanti di Agire- Il numero dei conflitti armati è nuovamente in crescita, i disastri naturali si sono moltiplicati per otto negli ultimi trent'anni, e le proiezioni più credibili ci parlano di un miliardo di migranti forzati nei prossimi trenta. Se l'aiuto umanitario rappresenta una delle poche polizze d'assicurazione contro il collasso del pianeta, è arrivato il momento di pagarne le rate. Certo, non con finanziamenti che già oggi riescono a coprire meno di due terzi dei bisogni, e tantomeno con investimenti in prevenzione che impegnano percentuali ridicole del budget degli aiuti».
Sul tema della prevenzione infatti, si sofferma a lungo il rapporto: nel decennio 2001/2010, 384 catastrofi naturali hanno causato un milione di morti e colpito circa 1/3 della popolazione mondiale. Un dato che rende evidente la necessità di implementare adeguate strategie di riduzione del rischio che devono diventare prioritarie per tutti i governi. La "Piattaforma Globale per la Riduzione del Rischio"- informano da Agire- raccomanda di destinare il 10% degli aiuti umanitari ad attività di Disaster Risk Reduction, ma attualmente questi investimenti sono ben inferiori e nel 2010 si sono assestati a una media del 3,9%. «Almeno in questo campo l'Italia, pur rimanendo al di sotto del 10% , ha una performance superiore alla media e si posiziona al 14° posto tra i paesi virtuosi, con circa il 4,7% dei fondi umanitari investiti in prevenzione».
I numeri che testimoniano i modesti investimenti indirizzati al disagio globale, sono ancor più imbarazzanti se confrontati con quelli destinati ad altri settori. Ad esempio a livello mondiale, la spesa militare nel 2012 è stata pari a 1.738 miliardi di dollari. Esattamente 100 volte gli investimenti per gli aiuti umanitari - sottolineano le organizzazioni non governative- In Italia, vengono destinati alle spese militari ogni giorno quasi 90 milioni di dollari, circa 33 miliardi ogni anno. Considerando che la spesa umanitaria pubblica italiana nel 2011 è stata pari a 362 milioni di dollari, in un anno l'Italia investe in aiuti umanitari ciò che dedica in soli 4 giorni alle spese militari. Inoltre, nei primi tre mesi del 2013 gli italiani hanno speso per il gioco online circa 217,4 milioni di euro, quasi il doppio di quanto i privati hanno donato nell'intero 2012 per le popolazioni colpite da calamità e guerre.
Ciò rende evidente la necessità impellente di cambiare paradigma economico incentrandolo sulla sostenibilità, perché significa ridurre la sfera del disagio, significa limitare le crisi ambientali ed avere a disposizione più risorse da destinare alla prevenzione e a chi ha bisogno, secondo principi di equità e di solidarietà.
Federico Gasperini
GreenReport - Il valore dell'aiuto: la spesa del Bel Paese per il settore umanitario in un anno è quella dedicata ogni 4 giorni alla spesa militare. La crisi, più volte lo abbiamo ribadito, è economica, socio-politica e ambientale e ognuna di queste componenti è strettamente legata all'altra. Ad esempio, la crisi economica a scala globale rende disponibili meno risorse pubbliche e private per gli aiuti umanitari di cui c'è invece maggior bisogno, a causa dell'impennata delle crisi ambientali (i cosiddetti disastri naturali) e sociali i cui estremi sono rappresentati dai conflitti armati.
Quindi gli aiuti umanitari diminuiscono a fronte di bisogni umanitari globali che crescono: questa in sintesi è la "fotografia" riportata nel rapporto annuale "Il Valore dell'Aiuto", realizzato dalla rete Agire (Agenzia italiana risposta emergenze) e presentato alla Camera dei Deputati. I numeri riportati nella ricerca, tracciano il quadro complessivo, preoccupante, dei fondi umanitari pubblici e privati stanziati per rispondere alle emergenze umanitarie internazionali.
Nel 2011 il settore umanitario ha mobilitato 17,1 miliardi di dollari livello mondiale, di cui 12,5 provenienti dai governi dei paesi donatori: un calo del 9% rispetto al 2010. In Italia dal 2000 ad oggi i fondi sono diminuiti del 13% (nel 2000, 357 milioni di dollari di fondi pubblici; nel 2012, circa 312 milioni di dollari), mentre nello stesso arco di tempo a livello globale c'è stata una crescita del 66%. Confermata poi l'insufficiente copertura dei bisogni umanitari: il gap tra le necessità rilevate in una data emergenza e i fondi che i donatori decidono di mettere a disposizione nella corrispondente azione di risposta è passata dal 37% del 2011 al 40,5% del 2012, indicando una sempre minore capacità di garantire una risposta umanitaria proporzionata all'entità delle crisi.
«Il sovrapporsi di tre crisi globali (quella economica, quella ambientale, e quella politica) sta causando un drammatico aggravamento delle condizioni di vita di miliardi di esseri umani- ha dichiarato Gianni Rufini, presidente del Comitato dei garanti di Agire- Il numero dei conflitti armati è nuovamente in crescita, i disastri naturali si sono moltiplicati per otto negli ultimi trent'anni, e le proiezioni più credibili ci parlano di un miliardo di migranti forzati nei prossimi trenta. Se l'aiuto umanitario rappresenta una delle poche polizze d'assicurazione contro il collasso del pianeta, è arrivato il momento di pagarne le rate. Certo, non con finanziamenti che già oggi riescono a coprire meno di due terzi dei bisogni, e tantomeno con investimenti in prevenzione che impegnano percentuali ridicole del budget degli aiuti».
Sul tema della prevenzione infatti, si sofferma a lungo il rapporto: nel decennio 2001/2010, 384 catastrofi naturali hanno causato un milione di morti e colpito circa 1/3 della popolazione mondiale. Un dato che rende evidente la necessità di implementare adeguate strategie di riduzione del rischio che devono diventare prioritarie per tutti i governi. La "Piattaforma Globale per la Riduzione del Rischio"- informano da Agire- raccomanda di destinare il 10% degli aiuti umanitari ad attività di Disaster Risk Reduction, ma attualmente questi investimenti sono ben inferiori e nel 2010 si sono assestati a una media del 3,9%. «Almeno in questo campo l'Italia, pur rimanendo al di sotto del 10% , ha una performance superiore alla media e si posiziona al 14° posto tra i paesi virtuosi, con circa il 4,7% dei fondi umanitari investiti in prevenzione».
I numeri che testimoniano i modesti investimenti indirizzati al disagio globale, sono ancor più imbarazzanti se confrontati con quelli destinati ad altri settori. Ad esempio a livello mondiale, la spesa militare nel 2012 è stata pari a 1.738 miliardi di dollari. Esattamente 100 volte gli investimenti per gli aiuti umanitari - sottolineano le organizzazioni non governative- In Italia, vengono destinati alle spese militari ogni giorno quasi 90 milioni di dollari, circa 33 miliardi ogni anno. Considerando che la spesa umanitaria pubblica italiana nel 2011 è stata pari a 362 milioni di dollari, in un anno l'Italia investe in aiuti umanitari ciò che dedica in soli 4 giorni alle spese militari. Inoltre, nei primi tre mesi del 2013 gli italiani hanno speso per il gioco online circa 217,4 milioni di euro, quasi il doppio di quanto i privati hanno donato nell'intero 2012 per le popolazioni colpite da calamità e guerre.
Ciò rende evidente la necessità impellente di cambiare paradigma economico incentrandolo sulla sostenibilità, perché significa ridurre la sfera del disagio, significa limitare le crisi ambientali ed avere a disposizione più risorse da destinare alla prevenzione e a chi ha bisogno, secondo principi di equità e di solidarietà.
Federico Gasperini
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