Dall'America un'iniziativa per salvare i negozi dalla chiusura.
In un momento di crisi e in un mondo dai ritmi frenetici i centri commerciali si affollano, mentre i piccoli negozi faticano ad arrivare alla fine del mese. Si tratta di negozi storici che hanno segnato la storia di un quartiere o di una città e che dimostrano attenzione nel proporre prodotti specifici e nel diversificare l'offerta in un mondo globalizzato. A causa della crisi e dell'indifferenza delle istituzioni questi 'storici' negozi rischiano di chiudere i battenti da un momento all'altro.
Per combattere a questo stato di cose, o semplicemente per porre tregua a questa realtà, la Rete ha proposto un'iniziativa chiamata Cash Mob; la definizione si traduce nell'aiuto concreto ad un esercizio commerciale in difficoltà, attraverso un'azione di acquisto di massa. In pratica un gruppo di persone decide un giorno ed un orario per incontrarsi e per fare acquisti tutte insieme in un piccolo negozio del quartiere o della città, al fine di impedirne la chiusura.
Il primo cash mob risale all'estate 2011 ed ha origini newyorkesi. Fu organizzato da Chris Smith, reporter radio, ingegnere e blogger di Buffalo, per salvare l'enoteca locale, la City Wine Merchand, dalla chiusura. In quell'occasione parteciparono circa 100 persone; l'enoteca oggi è in piena attività.
Andrew Samtoy ebbe la stessa idea a Cleveland, dove riunì 40 persone per fare spese in una libreria del posto. Samtoy ha dato una sua personale definizione di Cash Mob: “E' una specie di Groupon al contrario, un acquisto di massa, locale e solidale, che dà una chance ai piccoli imprenditori di creare un rapporto diverso e di lunga durata con i clienti”. L'uomo sottolinea che “i cash mob non sono e non vogliono essere un'organizzazione politica o sociale, ma una risposta alla crisi economica”.
Il fattore che determina il successo dei cash mob non è tanto il valore economico derivante dall'acquisto di massa, che per un giorno riempie le casse del negozio in difficoltà, quanto piuttosto la vicinanza e la solidarietà della comunità locale nei confronti del commerciante. Il successo riportato in America da questo tipo di iniziativa ha contribuito alla rapida diffusione del fenomeno in tutti gli Stati Uniti e in Europa.
Nell'aprile dello scorso anno si è svolto il primo cash mob in Italia, si tenne a Milano e fu organizzato il 14 aprile. L'evento ebbe lo scopo di sostenere una modesta libreria soffocata dalla crisi e dall'aumento dell'affitto. A Palermo invece ebbe luogo un cash mob, al quale partecipò il cantautore Eugenio Finardi, a favore dello storico negozio di dischi “Disco Bum”. In Italia le botteghe artigianali e i negozi al dettaglio sono da sempre parte integrante della cultura nazionale e forse sarà questa la molla che lancerà in fenomeno dei cash mob in tante città italiane.
In un momento di crisi e in un mondo dai ritmi frenetici i centri commerciali si affollano, mentre i piccoli negozi faticano ad arrivare alla fine del mese. Si tratta di negozi storici che hanno segnato la storia di un quartiere o di una città e che dimostrano attenzione nel proporre prodotti specifici e nel diversificare l'offerta in un mondo globalizzato. A causa della crisi e dell'indifferenza delle istituzioni questi 'storici' negozi rischiano di chiudere i battenti da un momento all'altro.
Per combattere a questo stato di cose, o semplicemente per porre tregua a questa realtà, la Rete ha proposto un'iniziativa chiamata Cash Mob; la definizione si traduce nell'aiuto concreto ad un esercizio commerciale in difficoltà, attraverso un'azione di acquisto di massa. In pratica un gruppo di persone decide un giorno ed un orario per incontrarsi e per fare acquisti tutte insieme in un piccolo negozio del quartiere o della città, al fine di impedirne la chiusura.
Andrew Samtoy ebbe la stessa idea a Cleveland, dove riunì 40 persone per fare spese in una libreria del posto. Samtoy ha dato una sua personale definizione di Cash Mob: “E' una specie di Groupon al contrario, un acquisto di massa, locale e solidale, che dà una chance ai piccoli imprenditori di creare un rapporto diverso e di lunga durata con i clienti”. L'uomo sottolinea che “i cash mob non sono e non vogliono essere un'organizzazione politica o sociale, ma una risposta alla crisi economica”.
Il fattore che determina il successo dei cash mob non è tanto il valore economico derivante dall'acquisto di massa, che per un giorno riempie le casse del negozio in difficoltà, quanto piuttosto la vicinanza e la solidarietà della comunità locale nei confronti del commerciante. Il successo riportato in America da questo tipo di iniziativa ha contribuito alla rapida diffusione del fenomeno in tutti gli Stati Uniti e in Europa.
Nell'aprile dello scorso anno si è svolto il primo cash mob in Italia, si tenne a Milano e fu organizzato il 14 aprile. L'evento ebbe lo scopo di sostenere una modesta libreria soffocata dalla crisi e dall'aumento dell'affitto. A Palermo invece ebbe luogo un cash mob, al quale partecipò il cantautore Eugenio Finardi, a favore dello storico negozio di dischi “Disco Bum”. In Italia le botteghe artigianali e i negozi al dettaglio sono da sempre parte integrante della cultura nazionale e forse sarà questa la molla che lancerà in fenomeno dei cash mob in tante città italiane.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.