“Il Divo”, “Belzebù”, “Zio Giulio”, “la Sfinge”: tanti i soprannomi con cui si era soliti riferirsi a Giulio Andreotti. Tra tutti, quello che meglio definisce il suo essere è di certo “Indecifrabile”
di Ilaria Sulla
Noto infatti per la sua impenetrabilità, Giulio Andreotti è stato molte cose durante più di mezzo secolo di politica italiana: democristiano, Presidente del Consiglio, ministro, senatore a vita, indagato e molto altro. Ha vissuto 94 anni di storia italiana e più di 70 di vita politica, iniziando ai tempi dell’università come attivista della “Federazione Universitaria Cattolica Italiana” per finire come senatore a vita della Repubblica. Grazie all’amico De Gasperi Andreotti sale sulla scena politica italiana negli anni ‘40, e in un modo o nell’altro sarà presente in quasi tutti i governi della Prima Repubblica.
Negli anni ’70, precisamente nel 1972, il “Divo Giulio” diventa per la prima volta Presidente del Consiglio, ma la carica dura un solo anno. Nel 1976 il bis: dopo la sfiducia nei confronti dei socialisti al governo, il Paese si avviò verso le elezioni anticipate e la Democrazia Cristiana riuscì a rimanere il partito di maggioranza relativa per pochi voti in più rispetto al PCI di Berlinguer: questo sembrò il momento più adatto per realizzare il famoso “compromesso storico” (proposto dallo stesso Berlinguer ed appoggiato da Moro e Fanfani) ed Andreotti ebbe il ruolo centrale in questo esperimento; il suo governo fu definito della “non sfiducia”.
Due anni dopo Moro fu sequestrato. Il ruolo di Andreotti in questa questione resta ancora oggi molto controverso. Quello che è certo è che rifiutò ogni trattativa con i terroristi, scegliendo la via della fermezza e scatenando l’ira della famiglia di Moro e dello stesso statista che, nel periodo di prigionia, scrisse parole molto dure nei confronti del “Divo”.
Negli anni ’80 Giulio si trovò a fare i conti con Craxi: nonostante i rapporti tra i due non fossero dei migliori, col tempo Andreotti riuscì a diventare il “tramite” diplomatico tra Craxi e la Democrazia Cristiana, i cui rapporti non potevano definirsi idilliaci.
Gli anni ’90 sono gli anni della “corsa al Colle”. Nel 1992 la nomina di Andreotti per il Quirinale sembrava più che certa, ma due fatti fecero crollare ogni progetto: l’assassinio di Giovanni Falcone e quello di Salvo Lima, direttamente legato alla DC.
Andreotti è stato a lungo anche al centro di svariate vicende giudiziarie, innanzitutto per i rapporti con “Cosa Nostra”. L’accusa formulata nei suoi confronti era quella di associazione a delinquere, ma Andreotti fu assolto per i fatti successivi al 1980, mentre quelli precedenti a tale data caddero in prescrizione. Riguardo questi rapporti con la mafia, ammise di aver incontrato Manciaracina, l’uomo “speciale” di Totò Riina. Importanti furono le rivelazioni di alcuni pentiti di mafia che confermarono i rapporti tra il politico e i vari boss mafiosi: Leonardo Messina raccontò di aver sentito dire che Andreotti era “punciutu”, ovvero un uomo d’onore con giuramento rituale; Baldassare Di Maggio parlò di un bacio tra Andreotti e Riina; Giovanni Brusca ha affermato "che in Cosa Nostra c'era la consapevolezza di poter contare su un personaggio come Andreotti".
Altro tassello oscuro della vita del politico fu l’assassinio di Mino Pecorelli, giornalista ucciso dalla mafia. Andreotti fu accusato di essere il mandante dell’omicidio, perchè Pecorelli era diventato scomodo per lui: si era occupato dei finanziamenti illeciti alla DC, del caso Moro e di altri aspetti poco trasparenti, e non aveva intenzione di fermarsi. A confermare la responsabilità di Andreotti si scomodò addirittura il mafioso Buscetta, che testimoniò di aver saputo del ruolo del politico per bocca di un altro famoso mafioso, Gaetano Badalamenti. Il politico, dopo ribaltamenti vari di sentenze, fu assolto.
La sua vita sembra indubbiamente un film senza fine, e in effetti proprio alla sua vita è ispirata la pellicola “Il Divo” di Sorrentino. “Passerà alla triste cronaca, soprattutto ora, che Le si addice. Che cosa ricordare di Lei? Durerà un po’ più, un po’ meno, ma passerà senza lasciare traccia…” scriveva Moro durante la sua prigionia. Col senno di poi, possiamo dire che si sbagliava: 94 anni di vita e più di 70 di politica che, nel bene o nel male, qualche traccia l’hanno lasciata!
di Ilaria Sulla
Noto infatti per la sua impenetrabilità, Giulio Andreotti è stato molte cose durante più di mezzo secolo di politica italiana: democristiano, Presidente del Consiglio, ministro, senatore a vita, indagato e molto altro. Ha vissuto 94 anni di storia italiana e più di 70 di vita politica, iniziando ai tempi dell’università come attivista della “Federazione Universitaria Cattolica Italiana” per finire come senatore a vita della Repubblica. Grazie all’amico De Gasperi Andreotti sale sulla scena politica italiana negli anni ‘40, e in un modo o nell’altro sarà presente in quasi tutti i governi della Prima Repubblica.
Negli anni ’70, precisamente nel 1972, il “Divo Giulio” diventa per la prima volta Presidente del Consiglio, ma la carica dura un solo anno. Nel 1976 il bis: dopo la sfiducia nei confronti dei socialisti al governo, il Paese si avviò verso le elezioni anticipate e la Democrazia Cristiana riuscì a rimanere il partito di maggioranza relativa per pochi voti in più rispetto al PCI di Berlinguer: questo sembrò il momento più adatto per realizzare il famoso “compromesso storico” (proposto dallo stesso Berlinguer ed appoggiato da Moro e Fanfani) ed Andreotti ebbe il ruolo centrale in questo esperimento; il suo governo fu definito della “non sfiducia”.
Due anni dopo Moro fu sequestrato. Il ruolo di Andreotti in questa questione resta ancora oggi molto controverso. Quello che è certo è che rifiutò ogni trattativa con i terroristi, scegliendo la via della fermezza e scatenando l’ira della famiglia di Moro e dello stesso statista che, nel periodo di prigionia, scrisse parole molto dure nei confronti del “Divo”.
Negli anni ’80 Giulio si trovò a fare i conti con Craxi: nonostante i rapporti tra i due non fossero dei migliori, col tempo Andreotti riuscì a diventare il “tramite” diplomatico tra Craxi e la Democrazia Cristiana, i cui rapporti non potevano definirsi idilliaci.
Gli anni ’90 sono gli anni della “corsa al Colle”. Nel 1992 la nomina di Andreotti per il Quirinale sembrava più che certa, ma due fatti fecero crollare ogni progetto: l’assassinio di Giovanni Falcone e quello di Salvo Lima, direttamente legato alla DC.
Andreotti è stato a lungo anche al centro di svariate vicende giudiziarie, innanzitutto per i rapporti con “Cosa Nostra”. L’accusa formulata nei suoi confronti era quella di associazione a delinquere, ma Andreotti fu assolto per i fatti successivi al 1980, mentre quelli precedenti a tale data caddero in prescrizione. Riguardo questi rapporti con la mafia, ammise di aver incontrato Manciaracina, l’uomo “speciale” di Totò Riina. Importanti furono le rivelazioni di alcuni pentiti di mafia che confermarono i rapporti tra il politico e i vari boss mafiosi: Leonardo Messina raccontò di aver sentito dire che Andreotti era “punciutu”, ovvero un uomo d’onore con giuramento rituale; Baldassare Di Maggio parlò di un bacio tra Andreotti e Riina; Giovanni Brusca ha affermato "che in Cosa Nostra c'era la consapevolezza di poter contare su un personaggio come Andreotti".
Altro tassello oscuro della vita del politico fu l’assassinio di Mino Pecorelli, giornalista ucciso dalla mafia. Andreotti fu accusato di essere il mandante dell’omicidio, perchè Pecorelli era diventato scomodo per lui: si era occupato dei finanziamenti illeciti alla DC, del caso Moro e di altri aspetti poco trasparenti, e non aveva intenzione di fermarsi. A confermare la responsabilità di Andreotti si scomodò addirittura il mafioso Buscetta, che testimoniò di aver saputo del ruolo del politico per bocca di un altro famoso mafioso, Gaetano Badalamenti. Il politico, dopo ribaltamenti vari di sentenze, fu assolto.
La sua vita sembra indubbiamente un film senza fine, e in effetti proprio alla sua vita è ispirata la pellicola “Il Divo” di Sorrentino. “Passerà alla triste cronaca, soprattutto ora, che Le si addice. Che cosa ricordare di Lei? Durerà un po’ più, un po’ meno, ma passerà senza lasciare traccia…” scriveva Moro durante la sua prigionia. Col senno di poi, possiamo dire che si sbagliava: 94 anni di vita e più di 70 di politica che, nel bene o nel male, qualche traccia l’hanno lasciata!
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.