Un ritratto inedito del padre dei Salesiani, descritto spesso solo nella sua dimensione sociale
di Carlo Mafera
Giorgio La Pira diceva spesso che “i veri materialisti siamo noi cristiani”, facendo riferimento non alla conoscenza della dottrina sociale della Chiesa ma alla nostra semplice fede, alla nostra visione mistica della realtà. La soluzione dei problemi materiali risiedono prima nella forza propulsiva della fede. Credere in Dio provvidente e quindi nella sua provvidenza, nel Suo intervento decisivo nella storia è patrimonio di chi ha un retroterra mistico. Il rapporto tra cielo e terra, tra Essere supremo e l’essere terreno deve stare davanti agli occhi del cristiano come una linea dove si fondono i due orizzonti. A 125 anni dalla sua morte, avvenuta il 31 gennaio 1888, e nel bicentenario della nascita, le Edizioni La Fontana Di Siloe hanno presentato il libro di Cristina Siccardi “Don Bosco mistico. Una vita tra cielo e terra”, un ritratto inedito del Santo in libreria e in formato eBook. Alla luce di documenti inediti emersi dal passato e attingendo a fonti primigenie, Cristina Siccardi mette in luce l'anima autentica di questo sacerdote orgoglioso della sua divisa di ministro dell'altare, intrisa di spiritualità e misticismo.
Proprio su LPL, tempo fa, scrivevo, a proposito di un ottimo libro del prof. Pierluigi Guiducci “Senza aggredire, senza indietreggiare” sull’aspetto sociale di Don Bosco: “…si può parlare di un Don Bosco segreto, dove ‘segreto’ non vuol dire nascosto ma ricco piuttosto di aspetti esistenziali che ancor oggi non conosciamo del tutto; dall’altra parte, la presenza di don Bosco in alcune iniziative legate al mondo del lavoro e il suo desiderio di non separare i valori religiosi da quelli civili non deve spingere a considerazioni insistenti su uno stile paternalistico e su un’impronta marcatamente clericale. Al contrario, è proprio studiando le carte del tempo presso Istituzioni pubbliche e private che si comprende un dato essenziale: don Bosco aiutava i suoi protetti sempre per un motivo chiaro preciso: in particolare i ragazzi, in assenza di una figura ‘autorevole’ a loro difesa, potevano essere oggetto di violenza e di esclusione, addirittura di morte prematura. Far riferimento ‘a quel prete di Valdocco’ significava al contrario avere una garanzia”.
Ma da dove Don Bosco attingeva la forza per affrontare questo straordinario impegno sociale? Dalla certezza di una Presenza quotidiana di Colui che è non solo il creatore fisico del mondo ma è anche il Padre Provvidente che non dimentica la sua creatura bensì continua a starle vicino. Quindi per conoscere Don Bosco è bene leggere il testo di Guiducci, ma nello stesso tempo, per avere una visione stereoscopica, occorre leggerlo insieme al libro di Cristina Siccardi, dalla quale è significativo mettere in evidenza questo suo pensiero: “Questa non è una biografia in senso classico, non c'è il susseguirsi degli avvenimenti personali e pubblici, ma ripercorre le cause e gli effetti di un'esistenza interamente contrassegnata dalla Fede e dalla presenza del divino nell'ordinarietà di un giovane, di un uomo e di un santo che ha sperimentato ciò che può realizzare la Grazia e che fu in grado di infondere nei suoi figli il segreto dell'esistenza: ‘Tutto passa: ciò che non è eterno è niente!’”.
Don Roberto Spataro, professore alla Facoltà di Lettere Cristiane Classiche dell'Università Pontificia Salesiana di Roma e Segretario della Pontificia Academia Latinitatis, ha messo in evidenza, durante la presentazione del libro, l’intima unione di Don Bosco con Dio, e nel suo intervento ha riportato le testimonianze di autorevoli rappresentanti della Chiesa del tempo: “Proprio il processo canonico si rivelò l’occasione per rimuovere il velo che copriva la profonda vita interiore di DB. Nacque così poi quel preziosissimo volumetto che ha nutrito (e speriamo che continui a nutrire) la spiritualità di tante generazioni di salesiani ‘Don Bosco con Dio’, di don Eugenio Ceria, cui il libro ‘Don Bosco mistico’ può essere opportunamente accostato. Se la dottoressa Siccardi non condivide la definizione di DB come ‘santo sociale’, don Ceria rifiuta quella di ‘santo moderno’”.
Le testimonianze vagliate scrupolosamente da don Ceria portarono a questa conclusione: DB viveva profondamente e costantemente l’unione con Dio. Il 28 febbraio 1888, il cardinale Alimonda, Arcivescovo di Torino, nella Messa di suffragio, definì don Bosco “l’unione continua con Dio”. Don Ceria afferma: “Dell’unione con Dio l’anima di don Bosco fruiva, diciamolo pure francamente, senza discontinuità; sembra infatti essere stato questo il suo dono, di non lasciarsi mai distrarre dal pensiero amoroso del Signore, per molti e gravi e ininterrotte che fossero le sue preoccupazioni”. Coloro che gli sono stati accanto non hanno avuto dubbi in proposito: “Quello che ho potuto continuamente scorgere fu la sua continua unione con Dio. E questi sentimenti d’amor di Dio manifestava con tanta spontaneità, che si vedeva che sgorgavano da una mente e da un cuore sempre immersi nella contemplazione di Dio e de’ suoi attributi”. I ragazzi più sensibili percepivano questo dono straordinario di cui don Bosco godeva. Un suo antico allievo, poi Vescovo di Aosta, dice: “Ardeva sempre della più grande carità verso Dio, e io sono persuaso che viveva in continua unione don Dio. Ricordo che tra noi ragazzi c’era questa persuasione, che il Venerabile parlasse direttamente con il Signore”. E, proprio ricordando gli anni trascorsi accanto a don Bosco, un eccezionale testimone, il cardinal Cagliero, dichiarava: “Era sempre in intima unione con Dio, quando dava udienza, quando era al tavolino intento a’ suoi lavori, quando s’intratteneva insieme con noi in ricreazione, quando pregava con fervore dinanzi a Gesù sacramentato o allorché si trovava all’altare. In qualunque momento lo avvicinassimo, ci accoglieva sempre con squisita carità e con tanta amabilità, come se allora, allora si levasse dalla più accesa orazione o dalla più intima divina presenza”.
Ecco spiegato il successo sociale di uno dei più grandi santi della storia della Chiesa…
di Carlo Mafera
Giorgio La Pira diceva spesso che “i veri materialisti siamo noi cristiani”, facendo riferimento non alla conoscenza della dottrina sociale della Chiesa ma alla nostra semplice fede, alla nostra visione mistica della realtà. La soluzione dei problemi materiali risiedono prima nella forza propulsiva della fede. Credere in Dio provvidente e quindi nella sua provvidenza, nel Suo intervento decisivo nella storia è patrimonio di chi ha un retroterra mistico. Il rapporto tra cielo e terra, tra Essere supremo e l’essere terreno deve stare davanti agli occhi del cristiano come una linea dove si fondono i due orizzonti. A 125 anni dalla sua morte, avvenuta il 31 gennaio 1888, e nel bicentenario della nascita, le Edizioni La Fontana Di Siloe hanno presentato il libro di Cristina Siccardi “Don Bosco mistico. Una vita tra cielo e terra”, un ritratto inedito del Santo in libreria e in formato eBook. Alla luce di documenti inediti emersi dal passato e attingendo a fonti primigenie, Cristina Siccardi mette in luce l'anima autentica di questo sacerdote orgoglioso della sua divisa di ministro dell'altare, intrisa di spiritualità e misticismo.
Proprio su LPL, tempo fa, scrivevo, a proposito di un ottimo libro del prof. Pierluigi Guiducci “Senza aggredire, senza indietreggiare” sull’aspetto sociale di Don Bosco: “…si può parlare di un Don Bosco segreto, dove ‘segreto’ non vuol dire nascosto ma ricco piuttosto di aspetti esistenziali che ancor oggi non conosciamo del tutto; dall’altra parte, la presenza di don Bosco in alcune iniziative legate al mondo del lavoro e il suo desiderio di non separare i valori religiosi da quelli civili non deve spingere a considerazioni insistenti su uno stile paternalistico e su un’impronta marcatamente clericale. Al contrario, è proprio studiando le carte del tempo presso Istituzioni pubbliche e private che si comprende un dato essenziale: don Bosco aiutava i suoi protetti sempre per un motivo chiaro preciso: in particolare i ragazzi, in assenza di una figura ‘autorevole’ a loro difesa, potevano essere oggetto di violenza e di esclusione, addirittura di morte prematura. Far riferimento ‘a quel prete di Valdocco’ significava al contrario avere una garanzia”.
Ma da dove Don Bosco attingeva la forza per affrontare questo straordinario impegno sociale? Dalla certezza di una Presenza quotidiana di Colui che è non solo il creatore fisico del mondo ma è anche il Padre Provvidente che non dimentica la sua creatura bensì continua a starle vicino. Quindi per conoscere Don Bosco è bene leggere il testo di Guiducci, ma nello stesso tempo, per avere una visione stereoscopica, occorre leggerlo insieme al libro di Cristina Siccardi, dalla quale è significativo mettere in evidenza questo suo pensiero: “Questa non è una biografia in senso classico, non c'è il susseguirsi degli avvenimenti personali e pubblici, ma ripercorre le cause e gli effetti di un'esistenza interamente contrassegnata dalla Fede e dalla presenza del divino nell'ordinarietà di un giovane, di un uomo e di un santo che ha sperimentato ciò che può realizzare la Grazia e che fu in grado di infondere nei suoi figli il segreto dell'esistenza: ‘Tutto passa: ciò che non è eterno è niente!’”.
Don Roberto Spataro, professore alla Facoltà di Lettere Cristiane Classiche dell'Università Pontificia Salesiana di Roma e Segretario della Pontificia Academia Latinitatis, ha messo in evidenza, durante la presentazione del libro, l’intima unione di Don Bosco con Dio, e nel suo intervento ha riportato le testimonianze di autorevoli rappresentanti della Chiesa del tempo: “Proprio il processo canonico si rivelò l’occasione per rimuovere il velo che copriva la profonda vita interiore di DB. Nacque così poi quel preziosissimo volumetto che ha nutrito (e speriamo che continui a nutrire) la spiritualità di tante generazioni di salesiani ‘Don Bosco con Dio’, di don Eugenio Ceria, cui il libro ‘Don Bosco mistico’ può essere opportunamente accostato. Se la dottoressa Siccardi non condivide la definizione di DB come ‘santo sociale’, don Ceria rifiuta quella di ‘santo moderno’”.
Le testimonianze vagliate scrupolosamente da don Ceria portarono a questa conclusione: DB viveva profondamente e costantemente l’unione con Dio. Il 28 febbraio 1888, il cardinale Alimonda, Arcivescovo di Torino, nella Messa di suffragio, definì don Bosco “l’unione continua con Dio”. Don Ceria afferma: “Dell’unione con Dio l’anima di don Bosco fruiva, diciamolo pure francamente, senza discontinuità; sembra infatti essere stato questo il suo dono, di non lasciarsi mai distrarre dal pensiero amoroso del Signore, per molti e gravi e ininterrotte che fossero le sue preoccupazioni”. Coloro che gli sono stati accanto non hanno avuto dubbi in proposito: “Quello che ho potuto continuamente scorgere fu la sua continua unione con Dio. E questi sentimenti d’amor di Dio manifestava con tanta spontaneità, che si vedeva che sgorgavano da una mente e da un cuore sempre immersi nella contemplazione di Dio e de’ suoi attributi”. I ragazzi più sensibili percepivano questo dono straordinario di cui don Bosco godeva. Un suo antico allievo, poi Vescovo di Aosta, dice: “Ardeva sempre della più grande carità verso Dio, e io sono persuaso che viveva in continua unione don Dio. Ricordo che tra noi ragazzi c’era questa persuasione, che il Venerabile parlasse direttamente con il Signore”. E, proprio ricordando gli anni trascorsi accanto a don Bosco, un eccezionale testimone, il cardinal Cagliero, dichiarava: “Era sempre in intima unione con Dio, quando dava udienza, quando era al tavolino intento a’ suoi lavori, quando s’intratteneva insieme con noi in ricreazione, quando pregava con fervore dinanzi a Gesù sacramentato o allorché si trovava all’altare. In qualunque momento lo avvicinassimo, ci accoglieva sempre con squisita carità e con tanta amabilità, come se allora, allora si levasse dalla più accesa orazione o dalla più intima divina presenza”.
Ecco spiegato il successo sociale di uno dei più grandi santi della storia della Chiesa…
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