In Italia la recessione finirà nel 2013 e, a partire dal 2014, comincerà la ripresa.
Radio Vaticana - Ma anche se l’economia tornerà a crescere, il tasso di disoccupazione nel prossimo anno non accennerà a diminuire, anzi aumenterà fino al 12,3%. E’ quanto prevede l’Istituto Nazionale di Statistica aggiungendo che il quadro economico sarà condizionato, in particolare, dal calo della spesa delle famiglie. Su questi dati diffusi dall’Istat, Amedeo Lomonaco ha chiesto un commento all’economista Giacomo Vaciago: ascolta
R. - Confermano quello che tutti sappiamo: per recuperare competitività le imprese stanno ancora licenziando o chiudendo. Ed il primo anno di ripresa, cioè l’anno prossimo, sarà senza nuovi posti di lavoro, proprio perché aumenta la produttività ma questo avviene a spese dell’occupazione nel primo anno di ripresa. Quindi un 2013 brutto, un 2014 che inizia a migliorare, ma non ancora per i lavoratori.
D. - Le previsioni macroeconomiche dell’Istat mostrano addirittura un quadro più fosco di quello dipinto dal governo e anche dall’Unione Europea. Con questi numeri diventa più concreta l’ipotesi di nuove misure sempre più restrittive?
R. - Sarebbe un paradosso, perché mai come quando le cose vanno male, devi dare speranze. Abbiamo fatto errori in passato, adesso bisogna recuperare il tempo perso: è urgente tornare ad investire in innovazioni tecnologiche, in reti commerciali per vendere all’estero dove c’è la domanda. Questi investimenti vanno finanziati fuori dall’austerità.
D. - Poi bisogna anche sostenere le famiglie, perché proprio a condizionare l’economia sarà soprattutto il calo della spesa delle famiglie che, a causa della contrazione dei redditi disponibili, quest’anno diminuirà dell’1,6 per cento e poi ci sarà una riduzione anche l’anno prossimo. Cosa si può fare e cosa si deve fare?
R. - Fondamentale è la fiducia, cioè la speranza che il futuro sarà migliore. Nel frattempo, le famiglie stanno mangiando il capitale: chi ce l'ha usa i risparmi accumulati per mantenere i figli disoccupati etc. Quindi ammortizzatori sociali e privati già ci sono. Non a caso, la situazione è gravissima, ma non abbiamo avuto i guai pubblici che si sono visti in Spagna o in Grecia.
D. - Il mercato del lavoro continua a manifestare segnali di debolezza con un rilevante incremento del tasso di disoccupazione. Quali le misure più urgenti?
R. - Certamente sostenere il reddito dei lavoratori in cassa integrazione e gli esodati. Questa è l’emergenza. Dopo di ché, far ripartire i progetti di investimento, che fanno assumere nuova gente. Attenzione, quando c’è crisi non solo si licenzia, ma non sia assume nessuno: quindi molti lavoratori sono scoraggiati e neanche si presentano sul mercato del lavoro… Se ripartono le assunzioni, vuol dire che c’è di nuovo una speranza.
D. - Altro capitolo, su cui si dibatte molto, la sospensione dell’Imu annunciata dal governo. E’ una misura sostenibile?
R. - Ovviamente non è la priorità, salvo nei casi in cui - per oggettive difficoltà del contribuente - questa imposta sia una sorta di danno ulteriore a chi ha già perso reddito, lavoro e così via. Il presidente del Consiglio Letta ha promesso manutenzione straordinaria a questa imposta sugli immobili per evitare i casi di stridente iniquità. Un’abrogazione tout court, anche a chi può pagarla, chiaramente non avrebbe senso.
Radio Vaticana - Ma anche se l’economia tornerà a crescere, il tasso di disoccupazione nel prossimo anno non accennerà a diminuire, anzi aumenterà fino al 12,3%. E’ quanto prevede l’Istituto Nazionale di Statistica aggiungendo che il quadro economico sarà condizionato, in particolare, dal calo della spesa delle famiglie. Su questi dati diffusi dall’Istat, Amedeo Lomonaco ha chiesto un commento all’economista Giacomo Vaciago: ascolta
R. - Confermano quello che tutti sappiamo: per recuperare competitività le imprese stanno ancora licenziando o chiudendo. Ed il primo anno di ripresa, cioè l’anno prossimo, sarà senza nuovi posti di lavoro, proprio perché aumenta la produttività ma questo avviene a spese dell’occupazione nel primo anno di ripresa. Quindi un 2013 brutto, un 2014 che inizia a migliorare, ma non ancora per i lavoratori.
D. - Le previsioni macroeconomiche dell’Istat mostrano addirittura un quadro più fosco di quello dipinto dal governo e anche dall’Unione Europea. Con questi numeri diventa più concreta l’ipotesi di nuove misure sempre più restrittive?
R. - Sarebbe un paradosso, perché mai come quando le cose vanno male, devi dare speranze. Abbiamo fatto errori in passato, adesso bisogna recuperare il tempo perso: è urgente tornare ad investire in innovazioni tecnologiche, in reti commerciali per vendere all’estero dove c’è la domanda. Questi investimenti vanno finanziati fuori dall’austerità.
D. - Poi bisogna anche sostenere le famiglie, perché proprio a condizionare l’economia sarà soprattutto il calo della spesa delle famiglie che, a causa della contrazione dei redditi disponibili, quest’anno diminuirà dell’1,6 per cento e poi ci sarà una riduzione anche l’anno prossimo. Cosa si può fare e cosa si deve fare?
R. - Fondamentale è la fiducia, cioè la speranza che il futuro sarà migliore. Nel frattempo, le famiglie stanno mangiando il capitale: chi ce l'ha usa i risparmi accumulati per mantenere i figli disoccupati etc. Quindi ammortizzatori sociali e privati già ci sono. Non a caso, la situazione è gravissima, ma non abbiamo avuto i guai pubblici che si sono visti in Spagna o in Grecia.
D. - Il mercato del lavoro continua a manifestare segnali di debolezza con un rilevante incremento del tasso di disoccupazione. Quali le misure più urgenti?
R. - Certamente sostenere il reddito dei lavoratori in cassa integrazione e gli esodati. Questa è l’emergenza. Dopo di ché, far ripartire i progetti di investimento, che fanno assumere nuova gente. Attenzione, quando c’è crisi non solo si licenzia, ma non sia assume nessuno: quindi molti lavoratori sono scoraggiati e neanche si presentano sul mercato del lavoro… Se ripartono le assunzioni, vuol dire che c’è di nuovo una speranza.
D. - Altro capitolo, su cui si dibatte molto, la sospensione dell’Imu annunciata dal governo. E’ una misura sostenibile?
R. - Ovviamente non è la priorità, salvo nei casi in cui - per oggettive difficoltà del contribuente - questa imposta sia una sorta di danno ulteriore a chi ha già perso reddito, lavoro e così via. Il presidente del Consiglio Letta ha promesso manutenzione straordinaria a questa imposta sugli immobili per evitare i casi di stridente iniquità. Un’abrogazione tout court, anche a chi può pagarla, chiaramente non avrebbe senso.
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