venerdì, maggio 03, 2013
La disperazione di chi sperpera tutti i propri averi davanti a una slot machine si tramuta nel guadagno dei gestori dei locali, della mafia e in parte dello Stato: ecco come funziona il "giro" del gioco d'azzardo

di Ilaria Sulla

Quando le slot machines fecero la loro prima comparsa in Italia, pochi ne videro le reali potenzialità di guadagno. Ma furono proprio quei pochi a migliorarle sempre di più e ad iniziare ad arricchirsi alle spalle degli altri. In effetti, chi sperpera tutti i soldi nelle sale gioco è, spesso e volentieri, proprio chi non potrebbe permetterselo: pensionati, padri di famiglia senza lavoro, giovani che consumano la paghetta durante le ore scolastiche. La "ludopatia" è ormai riconosciuta come un disturbo comportamentale a tutti gli effetti ma anche, purtroppo, come la nuova dipendenza dei poveri.

Il meccanismo economico che si cela dietro questo vizio è a dir poco impressionante. L’Italia è il terzo paese del mondo per volume di gioco e il primo per spesa pro capite: 1.450 euro l’anno. Ma questi soldi chi li intasca? In parte lo Stato, in parte sicuramente i gestori dei locali, ma chi ci guadagna davvero sono come al solito le associazioni criminali mafiose. Sembra incredibile, ma grazie a una scrupolosa ricerca della trasmissione televisiva “Le Iene” è stato mostrato come i ricavi dello Stato non siano poi così incredibili se paragonati alle spese: quasi tutto il denaro che entra nelle casse statali (8 miliardi) viene poi speso per curare chi si ammala di questa dipendenza (5-6 miliardi).

Nello specifico, lo Stato ha diminuito la tassazione per questo tipo di imprese dal 25% all’8%, senza parlare dei gestori di macchinette on-line la cui tassazione non supera lo 0,6%. Aprire un locale del genere o semplicemente creare un sito di gioco d’azzardo è quindi un investimento che costa poco e rende moltissimo.

La domanda sorge spontanea: cosa accade nella mente di un “povero” che spende tutti i suoi risparmi davanti a una macchinetta? In fondo è come il cane che si morde la coda: più si perde più si gioca per cercare di recuperare quei soldi (spesso l’intera pensione o l’affitto) che non torneranno mai. “Il giocatore abituale arriva anche a spendere 700 euro a settimana, quello meno accanito 200-300 euro” spiega la lavoratrice di una sala slot.

Come fa la macchinetta ad innescare il meccanismo di dipendenza? C’è da dire che un ruolo fondamentale è svolto dalla “scenografia” minuziosamente allestita. Le luci, per esempio, sono molto deboli ma i colori delle macchinette molto sgargianti: in questo modo è impossibile distinguere il giorno dalla notte e quindi ricordare da quanto tempo si sta giocando. I suoni delle macchinette vengono ripetuti all’infinito per intontire il giocatore che, anche a casa, ha in mente quel suono insistente che lo spinge inevitabilmente a tornare a giocare. E poi tutto il “contorno”: le prime monetine in regalo, gli spuntini e gli alcolici gratis non fanno altro che richiamare il giocatore alla macchinetta o comunque fargli dimenticare tutto quello che c’è fuori.

L’inviata de “Le Iene” Nadia Toffa, ha incontrato un ex malavitoso della 'ndrangheta che ha spiegato perché i mafiosi investono in questo settore: “Il gioco sta diventando il primo business perché porta introiti più alti della droga e i rischi sono assai inferiori. A volte aprono delle sale, altre volte si inseriscono in sale già esistenti. Ad esempio, a Milano - dice l’uomo - si può aprire una sala ma entra in gioco la ‘ndrangheta che ti consiglia che macchinette prendere e ti indirizza. Il gioco ti dà controllo, ti dà potere. Ci sono persone così perse che anziché fargli pagare il conto magari ti fai dare un aiutino e gli fai tenere in casa dieci chili di cocaina o gli fai fare qualche viaggio per trasportare droga o armi”. “Ho visto gente che si è giocata i soldi della lapide, c’è gente che si è giocata la moglie”, conclude il pentito.

L’ultima domanda, che purtroppo non trova risposta, è questa: se i politici dicono che il gioco d’azzardo serve a risanare le casse dello Stato (ma a conti fatti non è così), allora perché lo Stato non fa qualcosa per fermarlo?


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