Napolitano: molto ritardo su disoccupazione. 'Peggio solo Grecia, Spagna e Portogallo'. Nuovo monito del capo dello Stato: 'Dobbiamo essere all'altezza dell'articolo 1'.
Nuovo monito del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sul dramma della disoccupazione, specie giovanile. Non è un problema solo italiano, ha detto al Tg5, ma "la verità è che sono cambiate le tecnologie, i termini dell'occupazione e si è colto molto in ritardo il dilagare della disoccupazione giovanile sia in occidente che nei Paesi emergenti". Un problema che in Italia "sentiamo molto acutamente e drammaticamente". Quindi il richiamo alla Carta: "Dobbiamo essere una Repubblica all'altezza dell'articolo 1 della Costituzione" a cui "si devono uniformare tutti gli attori sociali e le rappresentanze politiche". "Dobbiamo essere una Repubblica all'altezza dell'articolo 1 della Costituzione, quel primo articolo ebbe grande significato. Si discusse moltissimo in assemblea costituente e si scelse questa dizione anziché l'altra 'e' una Repubblica dei lavoratorì.
'Fondata sul lavoro' è qualcosa di più, c'è un principio regolatore a cui si debbono uniformare tutti gli attori sociali e tutte le rappresentanze politiche". Rispetto ad allora, secondo Napolitano, ciò che emerge è "il problema della disoccupazione giovanile, che non è un problema puramente italiano": "Il più importante settimanale internazionale di economia, The Economist, è uscito con una copertina ed un editoriale il cui titolo è "Una generazione senza lavoro".
Si parla, solo nei Paesi del mondo ricco, di 26 milioni di giovani che non sono più nel processo formativo, non fanno addestramento e non hanno lavoro. Nell'insieme, l'Organizzazione internazionale del lavoro ha fatto la cifra di 75 milioni di giovani disoccupati, qualcosa di simile alla popolazione di un grande paese". "La verità è che sono cambiate le tecnologie, i termini dell'occupazione e si è colto molto in ritardo il dilagare della disoccupazione giovanile sia in occidente che nei Paesi emergenti e in Italia lo sentiamo molto acutamente e drammaticamente", conclude.
OCSE, 11% GIOVANI RINUNCIA A CERCARE LAVORO
In Italia il 21,5% degli under 25 é senza lavoro e fuori da educazione e formazione (Neet) e tra questi l'11% è "scoraggiato, disilluso, non cerca neanche più un lavoro perché pensa che non ce ne sia". Così all'Ansa il direttore divisione lavoro Ocse, Stefano Scarpetta. La loro reintegrazione nel mercato sarà "difficile". "Sono difficili da recuperare perché sono scoraggiati, disillusi, non hanno investito nel loro capitale umano, mancano dell'esperienza che solo il lavoro può dare", spiega Scarpetta, aggiungendo che "queste difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro avranno ripercussioni anche nel loro futuro". E' il cosiddetto 'scarring effect', l'effetto cicatrice: chi é entrato tardi e con fatica nel mondo del lavoro "avrà una possibilità di essere occupato inferiore, e un salario più basso, rispetto a persone con le stesse competenze e nella stessa fascia di età che sono però entrate in un momento differente". A cui va aggiunto, sottolinea ancora Scarpetta, l'effetto sulle pensioni future: "L'Italia, come diversi altri Paesi, è passata a un sistema contributivo. Di conseguenza, chi comincia a versare contributi avrà una pensione più bassa, e sarà quindi più esposto al rischio di povertà". La vera sfida sta quindi nell'offrire a questi giovani che hanno rinunciato, e che "sono anche difficili da contattare, perché "non cercando più non vanno neanche alle agenzie del lavoro", nuove opportunità e soprattutto nuova mativazione. Per esempio, suggerisce Scarpetta, attraverso campagne informative per illustrare l'azione di governo e imprese sul tema della disoccupazione giovanile. "Perché per loro - conclude - sarebbe importante sapere che il governo sta facendo qualcosa, e offre loro qualcosa di concreto".
L'Italia è quarta tra i Paesi Ocse per percentuale di disoccupati tra i giovani under 25, con un tasso che sfiora il 39%. Lo riporta l'organizzazione nella presentazione del suo Piano d'azione sul lavoro, basata su dati di fine 2012. Davanti all'Italia solo Grecia e Spagna, che superano ormai il 50%, e il Portogallo, che si attesta al 40%.
articolo orginale
Nuovo monito del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sul dramma della disoccupazione, specie giovanile. Non è un problema solo italiano, ha detto al Tg5, ma "la verità è che sono cambiate le tecnologie, i termini dell'occupazione e si è colto molto in ritardo il dilagare della disoccupazione giovanile sia in occidente che nei Paesi emergenti". Un problema che in Italia "sentiamo molto acutamente e drammaticamente". Quindi il richiamo alla Carta: "Dobbiamo essere una Repubblica all'altezza dell'articolo 1 della Costituzione" a cui "si devono uniformare tutti gli attori sociali e le rappresentanze politiche". "Dobbiamo essere una Repubblica all'altezza dell'articolo 1 della Costituzione, quel primo articolo ebbe grande significato. Si discusse moltissimo in assemblea costituente e si scelse questa dizione anziché l'altra 'e' una Repubblica dei lavoratorì.
'Fondata sul lavoro' è qualcosa di più, c'è un principio regolatore a cui si debbono uniformare tutti gli attori sociali e tutte le rappresentanze politiche". Rispetto ad allora, secondo Napolitano, ciò che emerge è "il problema della disoccupazione giovanile, che non è un problema puramente italiano": "Il più importante settimanale internazionale di economia, The Economist, è uscito con una copertina ed un editoriale il cui titolo è "Una generazione senza lavoro".
Si parla, solo nei Paesi del mondo ricco, di 26 milioni di giovani che non sono più nel processo formativo, non fanno addestramento e non hanno lavoro. Nell'insieme, l'Organizzazione internazionale del lavoro ha fatto la cifra di 75 milioni di giovani disoccupati, qualcosa di simile alla popolazione di un grande paese". "La verità è che sono cambiate le tecnologie, i termini dell'occupazione e si è colto molto in ritardo il dilagare della disoccupazione giovanile sia in occidente che nei Paesi emergenti e in Italia lo sentiamo molto acutamente e drammaticamente", conclude.
OCSE, 11% GIOVANI RINUNCIA A CERCARE LAVORO
In Italia il 21,5% degli under 25 é senza lavoro e fuori da educazione e formazione (Neet) e tra questi l'11% è "scoraggiato, disilluso, non cerca neanche più un lavoro perché pensa che non ce ne sia". Così all'Ansa il direttore divisione lavoro Ocse, Stefano Scarpetta. La loro reintegrazione nel mercato sarà "difficile". "Sono difficili da recuperare perché sono scoraggiati, disillusi, non hanno investito nel loro capitale umano, mancano dell'esperienza che solo il lavoro può dare", spiega Scarpetta, aggiungendo che "queste difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro avranno ripercussioni anche nel loro futuro". E' il cosiddetto 'scarring effect', l'effetto cicatrice: chi é entrato tardi e con fatica nel mondo del lavoro "avrà una possibilità di essere occupato inferiore, e un salario più basso, rispetto a persone con le stesse competenze e nella stessa fascia di età che sono però entrate in un momento differente". A cui va aggiunto, sottolinea ancora Scarpetta, l'effetto sulle pensioni future: "L'Italia, come diversi altri Paesi, è passata a un sistema contributivo. Di conseguenza, chi comincia a versare contributi avrà una pensione più bassa, e sarà quindi più esposto al rischio di povertà". La vera sfida sta quindi nell'offrire a questi giovani che hanno rinunciato, e che "sono anche difficili da contattare, perché "non cercando più non vanno neanche alle agenzie del lavoro", nuove opportunità e soprattutto nuova mativazione. Per esempio, suggerisce Scarpetta, attraverso campagne informative per illustrare l'azione di governo e imprese sul tema della disoccupazione giovanile. "Perché per loro - conclude - sarebbe importante sapere che il governo sta facendo qualcosa, e offre loro qualcosa di concreto".
L'Italia è quarta tra i Paesi Ocse per percentuale di disoccupati tra i giovani under 25, con un tasso che sfiora il 39%. Lo riporta l'organizzazione nella presentazione del suo Piano d'azione sul lavoro, basata su dati di fine 2012. Davanti all'Italia solo Grecia e Spagna, che superano ormai il 50%, e il Portogallo, che si attesta al 40%.
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