martedì, maggio 07, 2013
Il diavolo e la misericordia secondo papa Francesco 

di Paolo Fucili 

Il caro buon vecchio esame di coscienza “è un esercizio che ci fa bene”. Quel che pure l’antica sapienza di filosofi e maestri di saggezza non cristiani aveva sempre intuito e caldeggiato, ieri lo ha ripetuto papa Bergoglio, nella circostanza della quotidiana messa delle 7.00 a santa Marta. Non solo il consueto check-up spirituale che precede, o almeno dovrebbe, il periodico accostarsi al confessionale da bravi penitenti almeno, se non si è stati buoni cristiani. Un piccolo esame è bene farlo ogni giorno, si è raccomandato Francesco coi dipendenti della Fabbrica di san Pietro presenti alla celebrazione: argomento dell’omelia, per la cronaca, realtà e presenza dello Spirito Santo, terza persona della Trinità nonché la più enigmatica e “inafferrabile” delle tre, è considerata in genere. Eppure è stato Gesù in persona a lasciarcelo, come un amico comune che ci dice dove appunto è Gesù e come trovarlo. Ecco allora come si fa l’esame di coscienza. “Abbiamo l’ abitudine”, chiede Bergoglio, “di domandarci prima che finisca la giornata: ‘Cosa ha fatto oggi lo Spirito Santo in me? Quale testimonianza mi ha dato? Come mi ha parlato? Cosa mi ha suggerito?’”.

Il “magistero” (discorsi, omelie, messaggi eccetera) del neoeletto pontefice non è ancora troppo corposo come volume. Basta davvero un rapido sguardo di insieme a cogliere i temi che più ricorrono, le sensibilità che lo ispirano, i fili conduttori che lo innervano. Come la cruciale questione del peccato, da cui traggono ispirazione da un lato i pressanti inviti a fare abbondante e sereno affidamento alla misericordia di Dio, dall’altro le allarmate menzioni di colui che del peccato è il campione indiscusso.

Argomento non proprio di moda, il secondo, tra curie, parrocchie, sagrestie, dove sul diavolo e il suo malvagio sport vige chissà perché una tacita censura. O impaurito rigetto, o morbosa (e imprudente, spesso) curiosità, sono i prevalenti ed opposti atteggiamenti, errati entrambi in ugual misura, van predicando nei deserti dell’ignoranza e del sensazionalismo celebrità come padre Amorth e volenterosi benché meno noti autori di una fiorente letteratura dalla circolazione però quasi clandestina, dove apprendere tutta una serie di caldi consigli contro le insidie del maligno.

L’impressione è che i cristiani prenderebbero molto più sul serio la misericordia divina (come Bergoglio, ormai si è capito, ardentemente desidera), ben lieti di poterla saggiare, se solo prendessero sul serio pure quel che non è un retaggio di un passato oscuro, quando il demonio era un’ossessione che con la dottrina e lo spirito genuinamente cristiani aveva ben poco da spartire. Ma neppure l’odierno e generalizzato scetticismo in materia è compatibile con quanto afferma sereno il Catechismo della Chiesa cattolica ai paragrafi 391 e seguenti, quelli di Satana “angelo caduto”, che “con libera scelta” ha “radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno”. Del resto è noto che la prima furbata del soggetto in questione è lasciare intendere appunto di non esistere.

Difficile che nell’anno di grazia 2013 il cattolico ‘medio’ conosca la preghiera recitata ancora in poche sparute chiese dopo il canonico “la messa è finita, andate in pace”. Ma prima delle riforme liturgiche post-conciliari, era molto più facile ascoltarla, e gli esorcisti ne raccomandano tuttora la devota recitazione. “Principe delle milizie celesti”, che sarebbe san Michele Arcangelo, “con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell'inferno Satana e gli altri spiriti maligni, che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime”. Interessante apprendere da una preghiera di così solenni ascendenze che Satana esiste e di mestiere travia gli uomini. E ancora, punto 393 del citato Catechismo, “a far si che il peccato degli angeli non possa essere perdonato è il carattere irrevocabile della loro scelta, e non un difetto della infinita misericordia divina”. Misericordia infinita sì, è quella del Creatore, ma evidentemente non troppo, o non fino al punto di andare contro le libere e opposte scelte delle creature.

Nella sovrana incertezza destinata a durare fin quando vorranno lassù, la cristianità ha oscillato lungo la sua tortuosa storia tra rappresentazioni di inferni brulicanti di dannati (una su tutte, la Divina commedia dantesca) e più o meno dotte teorie teologiche di inferni vuoti o quasi. Con le seconde che paiono di gran lunga più seducenti e adatte al suscettibile spirito del nostro tempo. Ma il problema della percezione del male qui ed ora in ognuno di noi rimane drammaticamente aperto. “La maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù”, era due anni fa una riflessione di Benedetto XVI; “Egli sa, appunto, che tutti siamo soltanto carne. Se oggi si crede ancora in un al di là e in un giudizio di Dio, allora quasi tutti presupponiamo in pratica che Dio debba essere generoso e, alla fine, nella sua misericordia, ignorerà le nostre piccole mancanze. Ma sono veramente così piccole le nostre mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli, che pensano soltanto al proprio tornaconto?”.

Tirare conclusioni affrettate no, ma la domanda è quanto meno meritevole di essere indagata: perché ovvero il Papa della misericordia parla con quasi altrettanta frequenza di diavolo, maligno, Satana, comunque lo si voglia chiamare? Tra solenni ed affollate celebrazioni in piazza san Pietro, o nelle omelie delle più raccolte e semplici messe feriali della residenza dove il Papa alloggia, il principe delle tenebre è stato di volta in volta additato come calunniatore per eccellenza, tentatore che mina la gioia di essere cristiani, nemico per eccellenza di Gesù asceso al cielo a far da “avvocato” per noi presso Dio. “‘Ma, guarda, fai questo, una piccola truffa … non c’è niente, è piccola …’, e incomincia a portarci su una strada un po’ non giusta”, spiegava Bergoglio appena sabato scorso con il suo efficace stile colloquiale. “Questa è una pia bugia: ‘Fallo, fallo, fallo: non c’è problema’, e incomincia da poco, sempre, no? E: ‘Ma … tu sei bravo, tu sei bravo: puoi farlo’. E’ lusinghiero, e con le lusinghe ci ammorbidisce. Fa così. E poi, noi cadiamo nella trappola”.

Tutta la vita cristiana, insomma, è un quotidiano combattimento su cui occorre fare ogni sera il punto della situazione. Vivide pennellate del ritratto che giorno dopo giorno Francesco va dipingendo coi suoi insegnamenti: il ritratto della fede solida ed esigente insieme dei semplici, quella appresa dalle buone e devote nonne di un tempo. Dove tutto, catechismo alla mano, sta in piedi insieme con cristiano buon senso, Dio e Satana, misericordia e peccato, tentazione e santità, senza i facili accomodamenti o i compromessi al ribasso che accantonano i temi scomodi ma svuotano così il cristianesimo di tensione, bellezza e forza.


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