Veglia di Pentecoste coi movimenti - No ai ‘cristiani inamidati’
La ‘scaletta’ del lungo pomeriggio, per come era stata studiata e presentata, poteva pure lasciar credere che le domande rivolte a Sua Santità fossero improvvisate, e così pure le risposte, pensate e date cioè sul momento. Quel che magari non era previsto era che il Papa esordisse proprio rivelando che “io conoscevo le vostre domande e ci ho pensato – questo, quindi, non è senza conoscenza! Primo, la verità! Le ho qui, scritte.
Oppure il candido lapsus in tema di confessione, quando Francesco se n’è uscito come se niente fosse con un “quando io vado a confessare…”, per correggersi un istante dopo “ancora non posso, perché per uscire a confessare… di qui non si può uscire, ma questo è un altro problema. Quando io andavo a confessare nella diocesi precedente” eccetera eccetera. Lasciata la sua Buenos Aires, è lampante, gli manca da morire il quotidiano contatto con la gente che là aveva con molta più facilità.
E mai, fino a non troppo tempo fa, quando per l’immaginario collettivo era una specie di entità sovrannaturale, anziché una persona anche lui in carne ed ossa, un Papa avrebbe potuto ammettere in pubblico che a sera, pregando davanti al tabernacolo, “alcune volte mi addormento un pochettino; questo è vero, perché un po’ la stanchezza della giornata ti fa addormentare”. Ma niente problema: “Lui mi capisce. E sento tanto conforto quando penso che Lui mi guarda. Noi pensiamo che dobbiamo pregare, parlare, parlare, parlare… No! Lasciati guardare dal Signore”.
C’è poco da dire, davvero, celebrata sabato in piazza san Pietro la veglia di Pentecoste dedicata a più di 150 associazioni, comunità e movimenti: Azione cattolica, CL, Comunità di sant’Egidio, focolarini, neocatecumenali, Rinnovamento nello Spirito, scouts, per citare solo i più noti, realtà sbocciate soprattutto dopo gli anni del Concilio per trasformare e vivificare il volto della Chiesa di inizio terzo millennio. Presenti oltre 200.000 persone, è stato calcolato, per l’appuntamento finora più festoso e affollato dell’anno della fede iniziato da Benedetto XVI.
Un po’ è l’effetto novità di ogni inizio pontificato, ma anche Francesco ci mette molto del suo. Il Papa argentino, osservano i commentatori, smuove folle decisamente ragguardevoli. E il bello è che anche lui pare attirato, galvanizzato, ispirato dall’abbraccio entusiastico della gente, a giudicare dai lunghissimi giri che la ‘papamobile’ compie ad ogni avvenimento ‘pubblico’, comprese le consuete udienze generali del mercoledì, per non far mancare neppure ai più lontani (fin quasi in fondo a via della Conciliazione) un saluto papale ravvicinato.
Quando poi è il momento di parlare, qualunque sia il ‘genere’ del discorso (catechesi, omelia o altro) sembra quasi che aver con sé un testo da leggere “inibisca” l’“oratoria” di Jorge Mario Bergoglio, i cui punti di forza sono piuttosto spontaneità, immediatezza, ‘concretezza’ di immagini ed esempi improvvisati. Si vede bene nelle omelie delle messe feriali di Casa santa Marta, la residenza ormai stabile del Papa. Omelie non a caso interamente pronunciate a braccio. In altre circostanze, quelle ‘pubbliche’ più o meno solenni (udienze, catechesi, celebrazioni liturgiche varie), l’abitudine ormai invalsa è invece leggere il testo preparato in precedenza integrandolo però con abbondanti sottolineature, spiegazioni ulteriori, commenti vari. E son quasi sempre queste “aggiunte” a finire non a caso su giornali e servizi radio e TV.
La circostanza specifica di sabato era proprio il “mix” perfetto: parlare con un poco ‘preparazione’ sì (vedi l’ammissione iniziale), ma senza un testo scritto. Ci ha pensato poi la Sala stampa vaticana a ‘sbobinare’ tutto e pubblicarlo su internet, secondo la consueta prassi. E il risultato merita davvero un’approfondita lettura, come ‘condensato’ di temi-cardine dell’ancor breve ma ‘effervescente’ pontificato Bergoglio. Perché non solo i contenuti, pure lo ‘stile’ si direbbe rispecchi i caratteri che più hanno impressionato felicemente la gente: semplicità, simpatia, ‘candore’, passione per Dio e per l’ uomo.
Commentare ad esempio ricordi ed avvenimenti della sua vita noti più o meno dalle sue biografie, come l’immancabile nonna, già più volte menzionata, “che ha segnato il mio cammino di fede. Era una donna che ci spiegava, ci parlava di Gesù, ci insegnava il Catechismo”. La domanda era appunto come raggiungere nella vita la certezza della fede. Non certo leggendo libri, che pure sono importanti, ma non bastano: “noi non troviamo la fede nell’astratto; no! E’ sempre una persona che predica, che ci dice chi è Gesù, che ci trasmette la fede, ci dà il primo annuncio”. Comunque non siamo tanto noi a cercare Lui, ma Lui ad aspettare noi. “Tu vai peccatore, ma Lui ti sta aspettando per perdonarti”. Il problema semmai è la paura nostra, quando dimentichiamo che tra i nomi di Dio spicca per ricorrenza ed importanza proprio quello di “Padre”. Ad ogni apparizione pubblica il Papa bacia decine di bambini. “Un bambino è fragilissimo - ne ho visti tanti, oggi -, ma era con il papà, con la mamma: è al sicuro!”.
Poi la sfida della nuova evangelizzazione, che è tutto fuorché questione di strategie o programmi elaborati a tavolino. “Gesù è più importante”. Ecco allora un bonario rimprovero: “Tutti voi avete gridato nella piazza ‘Francesco, Francesco, Papa Francesco’. Ma, Gesù dov’era? Io avrei voluto che voi gridaste: ‘Gesù, Gesù è il Signore, ed è proprio in mezzo a noi!’. Da qui in avanti, niente ‘Francesco’, ma ‘Gesù’!”. Più che l’organizzazione, ci vuole la testimonianza, quella dell’amore. “La Chiesa la portano avanti i Santi, che sono proprio coloro che danno questa testimonianza. […] Non parlare tanto, ma parlare con tutta la vita: la coerenza di vita, proprio la coerenza di vita!”.
Terzo, la famosa “Chiesa povera e per i poveri” che tanto vorrebbe papa Francesco. Prima cosa da fare è “vivere il Vangelo”, secondo “non chiudersi, per favore! Questo è un pericolo: ci chiudiamo nella parrocchia, con gli amici, nel movimento, con coloro con i quali pensiamo le stesse cose…”. E uscendo, andando incontro agli altri, troveremo anche la povertà. “Oggi – questo fa male al cuore dirlo – oggi, trovare un barbone morto di freddo non è notizia. Oggi è notizia, forse, uno scandalo. Uno scandalo: ah, quello è notizia! Oggi, pensare che tanti bambini non hanno da mangiare non è notizia. Questo è grave, questo è grave! Noi non possiamo restare tranquilli! Mah… le cose sono così. Noi non possiamo diventare cristiani inamidati, quei cristiani troppo educati, che parlano di cose teologiche mentre prendono il tè, tranquilli. No! Noi dobbiamo diventare cristiani coraggiosi e andare a cercare quelli che sono proprio la carne di Cristo”.
Infine il dramma della libertà religiosa ancora negata in varie parti del mondo. E invece, ammonisce severo Bergoglio, “ogni uomo e ogni donna devono essere liberi nella propria confessione religiosa, qualsiasi essa sia”. L’ impressione, talora, come affermava la domanda, è di poter fare ben poco per i nostri fratelli perseguitati. Ma non è così, ha spiegato il Papa domandando lui a sua volta “Voi pregate per loro? Nella preghiera di tutti i giorni? Io non chiederò ora che alzi la mano colui che prega: no. Non lo chiederò, adesso. Ma pensatelo bene”.
La ‘scaletta’ del lungo pomeriggio, per come era stata studiata e presentata, poteva pure lasciar credere che le domande rivolte a Sua Santità fossero improvvisate, e così pure le risposte, pensate e date cioè sul momento. Quel che magari non era previsto era che il Papa esordisse proprio rivelando che “io conoscevo le vostre domande e ci ho pensato – questo, quindi, non è senza conoscenza! Primo, la verità! Le ho qui, scritte.
Oppure il candido lapsus in tema di confessione, quando Francesco se n’è uscito come se niente fosse con un “quando io vado a confessare…”, per correggersi un istante dopo “ancora non posso, perché per uscire a confessare… di qui non si può uscire, ma questo è un altro problema. Quando io andavo a confessare nella diocesi precedente” eccetera eccetera. Lasciata la sua Buenos Aires, è lampante, gli manca da morire il quotidiano contatto con la gente che là aveva con molta più facilità.
E mai, fino a non troppo tempo fa, quando per l’immaginario collettivo era una specie di entità sovrannaturale, anziché una persona anche lui in carne ed ossa, un Papa avrebbe potuto ammettere in pubblico che a sera, pregando davanti al tabernacolo, “alcune volte mi addormento un pochettino; questo è vero, perché un po’ la stanchezza della giornata ti fa addormentare”. Ma niente problema: “Lui mi capisce. E sento tanto conforto quando penso che Lui mi guarda. Noi pensiamo che dobbiamo pregare, parlare, parlare, parlare… No! Lasciati guardare dal Signore”.
C’è poco da dire, davvero, celebrata sabato in piazza san Pietro la veglia di Pentecoste dedicata a più di 150 associazioni, comunità e movimenti: Azione cattolica, CL, Comunità di sant’Egidio, focolarini, neocatecumenali, Rinnovamento nello Spirito, scouts, per citare solo i più noti, realtà sbocciate soprattutto dopo gli anni del Concilio per trasformare e vivificare il volto della Chiesa di inizio terzo millennio. Presenti oltre 200.000 persone, è stato calcolato, per l’appuntamento finora più festoso e affollato dell’anno della fede iniziato da Benedetto XVI.
Un po’ è l’effetto novità di ogni inizio pontificato, ma anche Francesco ci mette molto del suo. Il Papa argentino, osservano i commentatori, smuove folle decisamente ragguardevoli. E il bello è che anche lui pare attirato, galvanizzato, ispirato dall’abbraccio entusiastico della gente, a giudicare dai lunghissimi giri che la ‘papamobile’ compie ad ogni avvenimento ‘pubblico’, comprese le consuete udienze generali del mercoledì, per non far mancare neppure ai più lontani (fin quasi in fondo a via della Conciliazione) un saluto papale ravvicinato.
Quando poi è il momento di parlare, qualunque sia il ‘genere’ del discorso (catechesi, omelia o altro) sembra quasi che aver con sé un testo da leggere “inibisca” l’“oratoria” di Jorge Mario Bergoglio, i cui punti di forza sono piuttosto spontaneità, immediatezza, ‘concretezza’ di immagini ed esempi improvvisati. Si vede bene nelle omelie delle messe feriali di Casa santa Marta, la residenza ormai stabile del Papa. Omelie non a caso interamente pronunciate a braccio. In altre circostanze, quelle ‘pubbliche’ più o meno solenni (udienze, catechesi, celebrazioni liturgiche varie), l’abitudine ormai invalsa è invece leggere il testo preparato in precedenza integrandolo però con abbondanti sottolineature, spiegazioni ulteriori, commenti vari. E son quasi sempre queste “aggiunte” a finire non a caso su giornali e servizi radio e TV.
La circostanza specifica di sabato era proprio il “mix” perfetto: parlare con un poco ‘preparazione’ sì (vedi l’ammissione iniziale), ma senza un testo scritto. Ci ha pensato poi la Sala stampa vaticana a ‘sbobinare’ tutto e pubblicarlo su internet, secondo la consueta prassi. E il risultato merita davvero un’approfondita lettura, come ‘condensato’ di temi-cardine dell’ancor breve ma ‘effervescente’ pontificato Bergoglio. Perché non solo i contenuti, pure lo ‘stile’ si direbbe rispecchi i caratteri che più hanno impressionato felicemente la gente: semplicità, simpatia, ‘candore’, passione per Dio e per l’ uomo.
Commentare ad esempio ricordi ed avvenimenti della sua vita noti più o meno dalle sue biografie, come l’immancabile nonna, già più volte menzionata, “che ha segnato il mio cammino di fede. Era una donna che ci spiegava, ci parlava di Gesù, ci insegnava il Catechismo”. La domanda era appunto come raggiungere nella vita la certezza della fede. Non certo leggendo libri, che pure sono importanti, ma non bastano: “noi non troviamo la fede nell’astratto; no! E’ sempre una persona che predica, che ci dice chi è Gesù, che ci trasmette la fede, ci dà il primo annuncio”. Comunque non siamo tanto noi a cercare Lui, ma Lui ad aspettare noi. “Tu vai peccatore, ma Lui ti sta aspettando per perdonarti”. Il problema semmai è la paura nostra, quando dimentichiamo che tra i nomi di Dio spicca per ricorrenza ed importanza proprio quello di “Padre”. Ad ogni apparizione pubblica il Papa bacia decine di bambini. “Un bambino è fragilissimo - ne ho visti tanti, oggi -, ma era con il papà, con la mamma: è al sicuro!”.
Poi la sfida della nuova evangelizzazione, che è tutto fuorché questione di strategie o programmi elaborati a tavolino. “Gesù è più importante”. Ecco allora un bonario rimprovero: “Tutti voi avete gridato nella piazza ‘Francesco, Francesco, Papa Francesco’. Ma, Gesù dov’era? Io avrei voluto che voi gridaste: ‘Gesù, Gesù è il Signore, ed è proprio in mezzo a noi!’. Da qui in avanti, niente ‘Francesco’, ma ‘Gesù’!”. Più che l’organizzazione, ci vuole la testimonianza, quella dell’amore. “La Chiesa la portano avanti i Santi, che sono proprio coloro che danno questa testimonianza. […] Non parlare tanto, ma parlare con tutta la vita: la coerenza di vita, proprio la coerenza di vita!”.
Terzo, la famosa “Chiesa povera e per i poveri” che tanto vorrebbe papa Francesco. Prima cosa da fare è “vivere il Vangelo”, secondo “non chiudersi, per favore! Questo è un pericolo: ci chiudiamo nella parrocchia, con gli amici, nel movimento, con coloro con i quali pensiamo le stesse cose…”. E uscendo, andando incontro agli altri, troveremo anche la povertà. “Oggi – questo fa male al cuore dirlo – oggi, trovare un barbone morto di freddo non è notizia. Oggi è notizia, forse, uno scandalo. Uno scandalo: ah, quello è notizia! Oggi, pensare che tanti bambini non hanno da mangiare non è notizia. Questo è grave, questo è grave! Noi non possiamo restare tranquilli! Mah… le cose sono così. Noi non possiamo diventare cristiani inamidati, quei cristiani troppo educati, che parlano di cose teologiche mentre prendono il tè, tranquilli. No! Noi dobbiamo diventare cristiani coraggiosi e andare a cercare quelli che sono proprio la carne di Cristo”.
Infine il dramma della libertà religiosa ancora negata in varie parti del mondo. E invece, ammonisce severo Bergoglio, “ogni uomo e ogni donna devono essere liberi nella propria confessione religiosa, qualsiasi essa sia”. L’ impressione, talora, come affermava la domanda, è di poter fare ben poco per i nostri fratelli perseguitati. Ma non è così, ha spiegato il Papa domandando lui a sua volta “Voi pregate per loro? Nella preghiera di tutti i giorni? Io non chiederò ora che alzi la mano colui che prega: no. Non lo chiederò, adesso. Ma pensatelo bene”.
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