giovedì, maggio 23, 2013
“Per capire cosa è il Parkour si deve pensare alla differenza che c'è tra quello che è utile e quello che non è utile in eventuali situazioni di emergenza. Solo allora potrai capire ciò che è Parkour e ciò che non lo è”. (David Belle) 

di Giulia Bernini 

Il Parkour è una disciplina metropolitana che si è diffusa in Francia agli inizi degli anni Novanta e che consiste nel seguire un percorso stabilito superando qualsiasi genere di ostacolo presente, con maggiore efficienza di movimento possibile e adattando il proprio corpo all'ambiente circostante. Per “efficienza” si intende un movimento semplice, veloce e sicuro. Questo aspetto differenzia il Parkour dal Free Running, sport simile che però mette in risalto la spettacolarità.

Il Parkour è utile non solo in caso di emergenza, ma anche in qualsiasi momento della giornata perché riduce drasticamente i tempi di spostamento, anche se per i principianti è consigliabile lo spostamento a piedi o con mezzi di trasporto. Per descrivere questo tipo di attività si utilizzano termini quali “arte dello spostamento” e “percorso” (parcous). Il termine parkour fu coniato da Belle e Koundè nel 1998, ricavandolo da “parcous du combattant”, u npercorso di guerra impiegato nell'addestramento militare. Alla parola parcous, Koundè sostituì la “k” per alludere a una sorta di aggressività ed eliminò la “s muta” a sostegno di questa sua idea. I praticanti di questa disciplina vengono chiamati tracciatori e tracciatrici.

“Superare ogni limite, saltando su ogni piattaforma presente sulla strada. Gli ostacoli non sono più tali, diventano punti di forza e il tuo corpo si adatta all'ambiente stesso, diventando tutt'uno”. Con queste parole si può riassumere la filosofia del parkour e anche spiegare in cosa consiste tale disciplina.

Un tempo il parkour veniva considerato un naturale adattamento all'ambiente circostante, ora invece, attraverso una dialettica nuova con gli urbanisti, si possono addirittura chiedere sviluppi di aree che vengono incontro alle esigenze dei funamboli metropolitani. Questo si riscontra in particolare nel Nord, in Paesi come la Danimarca; non a caso Kaspar Astrup Schroder ha girato a Copenaghen “My Playground”, in cui si affronta il tema della relazione tra Parkour e spazi urbani. Prima di iniziare con le riprese, il regista ha trascorso un lungo periodo a Shangai insieme all'architetto Bjarke Ingels, con lo scopo di osservare da vicino questa pratica di scambio reciproco tra ambiente e parkour.

L'arte dello spostamento ha raggiunto anche l'Italia, dove attualmente si trovano diversi tracciatori. Fabio Saraceni, romano di 31 anni, pratica il parkour e in un'intervista afferma che si tratta di un “modo alternativo di concepire il movimento nello spazio metropolitano”. Definisce la disciplina “un corpo a corpo con l'architettura, arte dello spostamento”. “Si impara il rispetto dei propri limiti, ma anche dell'arredo urbano intorno”. Saraceni vive a Tor Bella Monaca, luogo “in cui la gente buttava la spazzatura”. “Oggi è una palestra a cielo aperto - riferisce Saraceni - tanto che un ragazzo mi ha confessato di sentirsi fortunato a vivere lì”.

La forza del parkour sta nell'essere una disciplina totale, sempre nuova perché cambia il contorno urbano. Viene praticato non solo nelle periferie abbandonate, ma anche nelle piazze storiche. “Torniamo a vivere in un modo animalesco l'ambiente che ci circonda”, conclude Saraceni.


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