“Speranza che sorge” sarà l’inno ufficiale della Giornata Mondiale dei Giovani
La cantante bergamasca è stata scelta per cantare un tema oramai ricorrente nelle omelie degli ultimi tre pontefici: la speranza è una virtù teologale un po’ disconosciuta e proprio per questo riscoperta negli scorsi anni. Ricordiamo per esempio l’enciclica del predecessore di Francesco “Spe salvi” a testimonianza della grande influenza che la Speranza riveste nella nostra vita quotidiana, e soprattutto in quella dei giovani che ne hanno tanto bisogno per affrontare la vita che hanno davanti. Per Tiziana Manenti è il coronamento di un percorso le cui tracce sono dettate dalla “christian music”. Le tappe principali del suo cammino discografico sono stati lavori come “Azzurra”, “La mia stella”, e in particolare “Gocce”, album interamente scritto da lei, dopo essere stata “solo” interprete per tanto tempo. «Sono canzoni mariane. Qualcosa uscirà su un disco allegato alla rivista "Medjugorje, la presenza di Maria”». La marianità di Tiziana Manenti è significativa perché mettere al centro della propria opera discografica proprio Maria vuol dire dare un taglio particolare alla propria opera artistica. Tanti gli artisti italiani della musica cristiana uniti nel progetto, tra cui Giacomo Celentano, Roberto Bignoli (noto christian rockers) e Gianni Belleno (batterista e coofondatore dei News Trolls). Nell’attesa, Tiziana sta lavorando ad altre canzoni mariane, nate dalla collaborazione con musicisti di Medjugorje, che lavorano là e prestano opera durante le funzioni.
Il cammino della cantante e autrice bergamasca ha avuto varie tappe: prima la Manenti cantava musica leggera tra dance e pop, poi il target è cambiato profondamente e in senso decisamente religioso. Oggi sarebbe impossibile cambiare il percorso intrapreso. La scelta di salire i ripidi sentieri della “christian music” è ormai irrinunciabile. Quando ha cantato “Speranza che sorge” Tiziana ha cercato di mettere una carica di gioia per dare forza al contenuto. «Cantare un messaggio così, mandato all'indirizzo dei giovani, anche a quelli non direttamente interessati alla musica cristiana, ti carica di responsabilità. Ho cercato di cantare con leggerezza di spirito e di cuore. Avere una vita nuova dentro mi ha molto aiutato».
A proposito della Speranza, una recente rilettura della “Spe salvi”di Benedetto XVI, fatta dal sacerdote Pietro Gheddo ci fa riflettere che «il cristianesimo non è solo comunicazione della “Buona Notizia”, ma infusione della forza della Fede e della Speranza cristiana, che non è “in qualcosa”, ma “in Qualcuno”». E Papa Benedetto, per concretizzare queste parole, porta l’esempio del nostro Salvatore. Nel mondo in cui viveva Gesù vigeva la schiavitù. Le persone venivano comperate e vendute al mercato degli schiavi ed erano del tutto nelle mani dei loro padroni. Situazioni orrende, spaventose, certo molto peggiori della nostra. «Gesù Cristo – scrive Benedetto XVI - non era Spartaco o Barabba, non era un combattente per una liberazione politica. Anzi è morto Egli stesso in Croce; ma ci ha condotti all’incontro con il Dio vivente e così l’incontro con una speranza che era più forte delle sofferenze della schiavitù e che per questo trasformava dal di dentro la vita e il mondo… Anche se le strutture esterne rimanevano le stesse, questo cambiava la società dal di dentro».
La scelta di cantare la Speranza in un luogo (Rio de Janeiro) dove la schiavitù è stata di casa per secoli è molto significativa, e Papa Francesco ha deciso di metterla in evidenza ancora di più perché le varie schiavitù allignano ancor oggi sotto altre forme. Come dicevano i latini: «Gutta cavat lapidem non vi sed saepe cadendo» … la goccia (della Speranza) scava la pietra non con la forza ma cadendo in continuazione.
La cantante bergamasca è stata scelta per cantare un tema oramai ricorrente nelle omelie degli ultimi tre pontefici: la speranza è una virtù teologale un po’ disconosciuta e proprio per questo riscoperta negli scorsi anni. Ricordiamo per esempio l’enciclica del predecessore di Francesco “Spe salvi” a testimonianza della grande influenza che la Speranza riveste nella nostra vita quotidiana, e soprattutto in quella dei giovani che ne hanno tanto bisogno per affrontare la vita che hanno davanti. Per Tiziana Manenti è il coronamento di un percorso le cui tracce sono dettate dalla “christian music”. Le tappe principali del suo cammino discografico sono stati lavori come “Azzurra”, “La mia stella”, e in particolare “Gocce”, album interamente scritto da lei, dopo essere stata “solo” interprete per tanto tempo. «Sono canzoni mariane. Qualcosa uscirà su un disco allegato alla rivista "Medjugorje, la presenza di Maria”». La marianità di Tiziana Manenti è significativa perché mettere al centro della propria opera discografica proprio Maria vuol dire dare un taglio particolare alla propria opera artistica. Tanti gli artisti italiani della musica cristiana uniti nel progetto, tra cui Giacomo Celentano, Roberto Bignoli (noto christian rockers) e Gianni Belleno (batterista e coofondatore dei News Trolls). Nell’attesa, Tiziana sta lavorando ad altre canzoni mariane, nate dalla collaborazione con musicisti di Medjugorje, che lavorano là e prestano opera durante le funzioni.
Il cammino della cantante e autrice bergamasca ha avuto varie tappe: prima la Manenti cantava musica leggera tra dance e pop, poi il target è cambiato profondamente e in senso decisamente religioso. Oggi sarebbe impossibile cambiare il percorso intrapreso. La scelta di salire i ripidi sentieri della “christian music” è ormai irrinunciabile. Quando ha cantato “Speranza che sorge” Tiziana ha cercato di mettere una carica di gioia per dare forza al contenuto. «Cantare un messaggio così, mandato all'indirizzo dei giovani, anche a quelli non direttamente interessati alla musica cristiana, ti carica di responsabilità. Ho cercato di cantare con leggerezza di spirito e di cuore. Avere una vita nuova dentro mi ha molto aiutato».
A proposito della Speranza, una recente rilettura della “Spe salvi”di Benedetto XVI, fatta dal sacerdote Pietro Gheddo ci fa riflettere che «il cristianesimo non è solo comunicazione della “Buona Notizia”, ma infusione della forza della Fede e della Speranza cristiana, che non è “in qualcosa”, ma “in Qualcuno”». E Papa Benedetto, per concretizzare queste parole, porta l’esempio del nostro Salvatore. Nel mondo in cui viveva Gesù vigeva la schiavitù. Le persone venivano comperate e vendute al mercato degli schiavi ed erano del tutto nelle mani dei loro padroni. Situazioni orrende, spaventose, certo molto peggiori della nostra. «Gesù Cristo – scrive Benedetto XVI - non era Spartaco o Barabba, non era un combattente per una liberazione politica. Anzi è morto Egli stesso in Croce; ma ci ha condotti all’incontro con il Dio vivente e così l’incontro con una speranza che era più forte delle sofferenze della schiavitù e che per questo trasformava dal di dentro la vita e il mondo… Anche se le strutture esterne rimanevano le stesse, questo cambiava la società dal di dentro».
La scelta di cantare la Speranza in un luogo (Rio de Janeiro) dove la schiavitù è stata di casa per secoli è molto significativa, e Papa Francesco ha deciso di metterla in evidenza ancora di più perché le varie schiavitù allignano ancor oggi sotto altre forme. Come dicevano i latini: «Gutta cavat lapidem non vi sed saepe cadendo» … la goccia (della Speranza) scava la pietra non con la forza ma cadendo in continuazione.
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