Gli “Amici della Siria” riuniti in Qatar hanno deciso che daranno un maggiore appoggio, anche militare, ai ribelli. Nel frattempo il Los Angeles Times rivela che la CIA da tempo sta addestrando gruppi di oppositori siriani in Giordania e in Turchia. E sul campo proseguono i combattimenti. Il servizio è di Marina Calculli: ascolta
Radio Vaticana - La situazione è cambiata – spiega il segretario di Stato americano Kerry – sono state usate armi chimiche, e c‘è stata un’escalation della violenza con l’intervento di Hezbollah e dell’Iran. Per questo non abbiamo scelta: per portare avanti questo negoziato, dobbiamo fornire una maggiore assistenza in un modo o nel’altro”. Kerry intanto vola in Arabia Saudita, dove cercherà di coordinare gli aiuti ai ribelli che giungono dal Golfo. Anche il capo del Foreign Office britannico, William Hague, incalza: “Miriamo tutti a una soluzione politica ma l’opposizione non può essere distrutta con la forza.” Dal suo canto il ministro degli esteri siriano Walid Muallem replica: “a Ginevra non permetteremo che Asad se ne vada”. La TV del regime intanto afferma che gli insorti sono stati cacciati dalla regione di Hama e che la gente sta rientrando nelle proprie case.
Sempre più grave anche la situazione umanitaria per i civili in fuga dalle violenze, mentre cresce il rischio di un coinvolgimento del Libano nella crisi siriana. Christopher Altieri, della nostra redazione in lingua inglese, ne ha parlato con il padre gesuita Samir Khalil Samir, docente all’Università St. Joseph di Beirut. ascolta
R. Il Libano è legato alla Siria, storicamente, da secoli, e legati al governo della Siria sono gli sciiti libanesi del gruppo Hezbollah. Loro ricevono aiuto dall’Iran attraverso la Siria. Per questo sono alleati del governo siriano, ma è anche vero che in Libano i sunniti attaccano sia Hezbollah, sia l’esercito, perché – dicono – che è collegato agli sciiti. Così ci troviamo in una situazione dove il conflitto siriano si trasferisce lentamente in Libano e il motivo è che non c’è più governo in Libano. Per il momento ce n’è uno provvisorio e per questo l’esercito, non ricevendo nessuna direttiva dall’esecutivo, ha deciso di reagire contro il gruppo sunnita estremista dei salafiti. Con i salafiti libanesi sono venuti dalla Siria tutti quelli dell’opposizione, che erano a Qusayr e in Libano hanno creato un loro centro operativo. Come si vede la situazione è molto confusa, c’è violenza. Tutti questi gruppi sono pesantemente armati e una volta di più è il Libano che paga, in particolare i cristiani che non hanno nessuna milizia, né difesa militare. Il pericolo è che la guerra della Siria, che non ha soluzioni per il momento, si trasferisca qui e che le varie comunità entrino nel conflitto. Ma questo sarebbe una vera catastrofe.
Sempre più grave anche la situazione umanitaria per i civili in fuga dalle violenze, mentre cresce il rischio di un coinvolgimento del Libano nella crisi siriana. Christopher Altieri, della nostra redazione in lingua inglese, ne ha parlato con il padre gesuita Samir Khalil Samir, docente all’Università St. Joseph di Beirut. ascolta
R. Il Libano è legato alla Siria, storicamente, da secoli, e legati al governo della Siria sono gli sciiti libanesi del gruppo Hezbollah. Loro ricevono aiuto dall’Iran attraverso la Siria. Per questo sono alleati del governo siriano, ma è anche vero che in Libano i sunniti attaccano sia Hezbollah, sia l’esercito, perché – dicono – che è collegato agli sciiti. Così ci troviamo in una situazione dove il conflitto siriano si trasferisce lentamente in Libano e il motivo è che non c’è più governo in Libano. Per il momento ce n’è uno provvisorio e per questo l’esercito, non ricevendo nessuna direttiva dall’esecutivo, ha deciso di reagire contro il gruppo sunnita estremista dei salafiti. Con i salafiti libanesi sono venuti dalla Siria tutti quelli dell’opposizione, che erano a Qusayr e in Libano hanno creato un loro centro operativo. Come si vede la situazione è molto confusa, c’è violenza. Tutti questi gruppi sono pesantemente armati e una volta di più è il Libano che paga, in particolare i cristiani che non hanno nessuna milizia, né difesa militare. Il pericolo è che la guerra della Siria, che non ha soluzioni per il momento, si trasferisca qui e che le varie comunità entrino nel conflitto. Ma questo sarebbe una vera catastrofe.
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