Accordo raggiunto tra il premier greco Antonis Samaras e il leader del partito socialista Pasok, Evanghelos Venizelos, sulla riforma della televisione pubblica Ert: il governo ha deciso di procedere alla riassunzione di 2.000 dipendenti dei circa 2.700 della 'vecchia' Ert.
Radio Vaticana - Il piano di chiusura della tv di stato ha provocato una crisi nell’esecutivo: la Sinistra democratica ha annunciato che lascerà la coalizione. Secondo indiscrezioni un rimpasto dell’esecutivo è atteso nelle prossime 48 ore, mentre il commissario dell’Unione Europea agli Affari Economici, Olli Rehn, ha lanciato un appello al “senso di responsabilità”, invitando Atene a ritrovare la stabilità necessaria per attuare quelle riforme indispensabili per il programma di aiuti internazionali. Sulle conseguenze di questa situazione, Giancarlo la Vella ha intervistato l’economista Francesco Carlà: ascolta
R. – Oltre alla spaccatura che è di ordine economico, politico e anche sociale, credo ci sia anche il fatto che, dei 752 miliardi totali di aiuti che dovrebbero essere erogati alla Grecia, si scopre adesso un altro "buco" di tre-quattro miliardi. C’è un dissidio tra il Fondo monetario internazionale e l’Eurozona su chi deve pagare. Naturalmente, questo poi ha delle ricadute politiche in Grecia, che si estendono di nuovo all’Eurozona e alla Commissione europea.
D. – Le difficoltà di realizzare le misure richieste a livello internazionale ai Paesi in difficoltà: può essere questa una chiave di lettura, che poi riguarderà la situazione futura anche di altri Paesi, tra cui l’Italia?
R. – Proprio così. Oltre al fatto che l’austerità ha creato molti problemi al Pil greco, non va bene nemmeno il piano finanziario nei rapporti con le banche centrali del Nord Europa. E vanno meno bene del previsto, perché troppo ottimistiche, le attese sulle privatizzazioni dei beni pubblici greci.
D. – E stentano inoltre a partire tutti i programmi per lo sviluppo, e questo non solo in Grecia…
R. – Questo scenario è molto simile in tutti i Paesi dell’Europa del sud e in parte anche in Francia. L’austerità in parte provoca molti problemi economici e finanziari in Paesi dove già questi problemi non mancano, problemi che poi diventano anche politici. Ciò accade perché ovviamente si innesca una bella lotta per stabilire chi deve pagare di più e chi di meno, oppure facciamo pagare di più tutti creando nuovamente altri problemi sui consumi e sul Pil con l’ennesimo aumento dell’Iva.
D. – Secondo alcuni osservatori, non si fanno partire i piani di sviluppo perché l’industria europea è battuta in partenza da quella orientale…
R. – Se, quando parliamo di piani di sviluppo, pensiamo alla solita lotta a chi paga meno gli operai e i dipendenti, sicuramente è inutile cominciarla quella partita. La media degli stipendi del top management delle più grandi aziende cinesi è intorno ai 30 mila euro l’anno lordi; con quella cifra lì, da noi si paga un impiegato di livello medio – basso. Bisognerebbe veramente che cominciassimo a capire che i piani di sviluppo europei devono essere fatti seguendo i vantaggi competitivi dell’Europa e non gli svantaggi a priori. Senz’altro, qualità e non quantità; senz’altro tutte le nostre armi principali che sono lo stile di vita, l’ambiente, la storia e un certo tipo di industria manifatturiera molto più difficile da replicare e da copiare. Quando si tratta di prodotti di qualità, anche i prodotti greci si vedono in tutto il mondo. Quindi, l’Europa meridionale non va male quando fa il suo mestiere.
Radio Vaticana - Il piano di chiusura della tv di stato ha provocato una crisi nell’esecutivo: la Sinistra democratica ha annunciato che lascerà la coalizione. Secondo indiscrezioni un rimpasto dell’esecutivo è atteso nelle prossime 48 ore, mentre il commissario dell’Unione Europea agli Affari Economici, Olli Rehn, ha lanciato un appello al “senso di responsabilità”, invitando Atene a ritrovare la stabilità necessaria per attuare quelle riforme indispensabili per il programma di aiuti internazionali. Sulle conseguenze di questa situazione, Giancarlo la Vella ha intervistato l’economista Francesco Carlà: ascolta
R. – Oltre alla spaccatura che è di ordine economico, politico e anche sociale, credo ci sia anche il fatto che, dei 752 miliardi totali di aiuti che dovrebbero essere erogati alla Grecia, si scopre adesso un altro "buco" di tre-quattro miliardi. C’è un dissidio tra il Fondo monetario internazionale e l’Eurozona su chi deve pagare. Naturalmente, questo poi ha delle ricadute politiche in Grecia, che si estendono di nuovo all’Eurozona e alla Commissione europea.
D. – Le difficoltà di realizzare le misure richieste a livello internazionale ai Paesi in difficoltà: può essere questa una chiave di lettura, che poi riguarderà la situazione futura anche di altri Paesi, tra cui l’Italia?
R. – Proprio così. Oltre al fatto che l’austerità ha creato molti problemi al Pil greco, non va bene nemmeno il piano finanziario nei rapporti con le banche centrali del Nord Europa. E vanno meno bene del previsto, perché troppo ottimistiche, le attese sulle privatizzazioni dei beni pubblici greci.
D. – E stentano inoltre a partire tutti i programmi per lo sviluppo, e questo non solo in Grecia…
R. – Questo scenario è molto simile in tutti i Paesi dell’Europa del sud e in parte anche in Francia. L’austerità in parte provoca molti problemi economici e finanziari in Paesi dove già questi problemi non mancano, problemi che poi diventano anche politici. Ciò accade perché ovviamente si innesca una bella lotta per stabilire chi deve pagare di più e chi di meno, oppure facciamo pagare di più tutti creando nuovamente altri problemi sui consumi e sul Pil con l’ennesimo aumento dell’Iva.
D. – Secondo alcuni osservatori, non si fanno partire i piani di sviluppo perché l’industria europea è battuta in partenza da quella orientale…
R. – Se, quando parliamo di piani di sviluppo, pensiamo alla solita lotta a chi paga meno gli operai e i dipendenti, sicuramente è inutile cominciarla quella partita. La media degli stipendi del top management delle più grandi aziende cinesi è intorno ai 30 mila euro l’anno lordi; con quella cifra lì, da noi si paga un impiegato di livello medio – basso. Bisognerebbe veramente che cominciassimo a capire che i piani di sviluppo europei devono essere fatti seguendo i vantaggi competitivi dell’Europa e non gli svantaggi a priori. Senz’altro, qualità e non quantità; senz’altro tutte le nostre armi principali che sono lo stile di vita, l’ambiente, la storia e un certo tipo di industria manifatturiera molto più difficile da replicare e da copiare. Quando si tratta di prodotti di qualità, anche i prodotti greci si vedono in tutto il mondo. Quindi, l’Europa meridionale non va male quando fa il suo mestiere.
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