domenica, giugno 02, 2013
Un convegno nella Sala d'Arme di Palazzo Vecchio ricorda due personalità centrali della vita culturale e politica dell'Italia del dopoguerra

Città Nuova - «Due padri che hanno attraversato decenni oscuri e che oggi, ove la separazione di etica e politica sembra una sorta di destino del quale siamo prigionieri e dal quale non riusciamo a liberarci, ci mancano». Così il professor Sergio Givone, assessore alla Cultura del Comune di Firenze, ha aperto il convegno “Igino Giordani e Giorgio La Pira: le virtù e la politica", salutando i partecipanti che hanno gremito la Sala d’arme di Palazzo Vecchio lo scorso Sabato 25 Maggio.

Terziari domenicani per vocazione, dichiaratamente antifascisti, accomunati da un’immarcescibile carica propulsiva rispetto agli ideali radicati in una fede contraddistinta da quella che l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, ha definito la «follia dei santi e dei giusti», Giordani e La Pira sono stati celebrati attraverso un convegno ad alto contenuto storico e non solo.

L’iniziativa, curata dal centro internazionale studenti “La Pira” in collaborazione con la Fondazione La Pira, il Centro Igino Giordani, il Movimento dei Focolari e l’istituto universitario Sophia di Loppiano, è stata impreziosita dall’intermezzo musicale di quattro musicisti dell'Orchestra del Maggio musicale fiorentino e dalla visione di alcuni documentari. L’arcivescovo Betori ha sottolineato quanto «non sia usuale che si ponga l’accento su due figure di tale spessore, che hanno oltrepassato con lo sguardo dell’anima il buio della notte, trovando soluzioni sempre lungimiranti attinte dal magistero», per le quali è in corso la causa di beatificazione.

A introdurre i relatori Alberto Lo Presti, direttore del Centro Igino Giordani, il quale ha portato la platea in un viaggio composto da documenti e filmati storici contestualizzati nel primo dopoguerra, focalizzando nell’incontro tra Giordani e Chiara Lubich la chiave di un cambiamento che vide lo stesso Giordani autodefinirsi mutato da «martello» degli eretici a «mantello». Particolarmente intensa la visione di un racconto nel quale Giordani fa memoria di un trafelato De Gasperi, preoccupato per la vitale attesa di navi di grano dall’America e al contempo per una rivoluzione di stampo comunista, invitato a prendere un caffè pomeridiano per incontrare insieme Chiara Lubich, per uno storico dialogo che invece vide solo alle 21 De Gasperi congedarsi dichiarando che l’occasione «gli aveva ridato la speranza».

«Quella di Giordani era una profezia forte, sorretta da una spiritualità moderna che Chiara Lubich ha donato al mondo e Giordani ha trasmesso anche in politica», ha concluso Lo Presti. «C’era un rapporto consolidato tra La Pira e Giordani», ha invece illustrato con dovizia di rifermenti storici Marco Luppi, docente di storia contemporanea all’istituto universitario Sophia a Loppiano, incrociando anni e contesti comuni di riferimento tra le due personalità. Ma la vocazione politica, materia che per Giordani «non si poteva pretendere di lasciare in mano a gente sudicia» e per La Pira «convogliava tutte le attività», non è che uno tra i numerosi risvolti comuni: dall’evidente influsso del pensiero di San Tommaso al riferimento essenziale ricevuto da Contardo Ferrini, docente universitario cui La Pira dedicò la tesi, in quanto «per tante vie lo ricondusse alla casa del padre» e che Giordani incontrò attraverso i libri letti nell’ospedale che lo vide ferito di guerra e che lo indussero a perseguire una «santità non confinata a contesti arcaici»; dall’impegno a favore della pace, priorità assoluta per entrambi, alla ricostruzione, Luppi tratteggia un ritratto a doppia tinta che il professor Alberto Monticone, storico già presidente dell’Azione Cattolica, riprende tratteggiando la formazione dei profili storici di due personalità singolari per la loro semplicità, segnate dal contatto con la sofferenza dei loro contesti, che difficilmente si possono inquadrare nel movimento cattolico ma che si rivelano decisivi esponenti del complesso dei laici cristiani che hanno incarnato il progetto conciliare.

A concludere la tavola di illustri relatori Bruna Bagnato, docente di storia delle relazioni internazionali, la quale ha posto invece l’accento rispetto alle pressoché costrette decisioni relative al Patto Atlantico, sottolineando la profetica visione assolutamente europeista e di «terzietà lungimirante» delle due figure.

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