Divagazioni sullo ‘zio’ di mister Prandelli
Le possenti braccia del Cristo Redentore che domina Rio de Janeiro dall’alto del Corcovado pare siano ancora al loro posto, ben dritte e spalancate in orizzontale nella postura dell’abbraccio. Qualche giorno fa, prima dell’esordio in Confederation Cup, era stato lo stesso mister azzurro Prandelli a confidare ai cronisti che “se Cristo ci protegge è meglio”, visitando come fa ogni turista quel celeberrimo monumento.
Dio non è tipo a cui cascano le braccia facilmente, sia dentro che fuori metafora, di fronte ai riottosi suoi figli che spesso siamo noi . E’ quel che va ripetendo, ad ogni occasione buona, anche Papa Francesco, ormai prossimo alla significativa scadenza dei primi cento giorni di pontificato, domani. Anche lui, per inciso, sarà presto a Rio insieme a milioni di giovani invitati a celebrare là con lui la ventottesima Giornata Mondiale della Gioventù. E se anche non potrà salire di persona fin sulla sommità di quel colle, tanto fitta è l’agenda di impegni che lo attende, potrà ammirare da vicino il monumento carioca più famoso dalla cabina di un elicottero.
Se davvero dunque la misericordia divina è così grande e potente come dice il Papa argentino (peraltro appassionato di calcio anche lui nonché acceso tifoso dei rossoblu del San Lorenzo di Buenos Aires), anche i bestemmiatori degli stadi potranno farvi appello, al pari di ogni altra categoria di peccatori. Ma senza nulla togliere, appunto, a Dio e alla misericordia di cui è capace, quando un campione dello sport si lascia andare ad espressioni blasfeme lascia sempre la sgradevole sensazione di una festa, quale ogni evento sportivo dovrebbe essere, macchiata da quel che se proprio non vogliamo scomodare la parola peccato, rimane un atto gravemente irriguardoso verso una sensibilità diffusa (sempre meno, ahinoi, in realtà) e meritevole di più rispetto.
E' il caso del rocambolesco Italia-Giappone 4-3 della notte scorsa, dove per la prima mezz’ora almeno si son visti in campo solo gli scatenati nipponici, con un parziale 0-2 da brividi. All’inzuccata vincente trovata da De Rossi a fine primo tempo, per il 2-1 che ha dato il la alla riscossa italiana, le telecamere della diretta internazionale hanno mostrato in ‘curiosa’ (si fa per dire) successione prima il romanista esultante che si segnava col segno della croce, poi un labiale sospetto dell’insospettabile mister Prandelli nel vedere la palla insaccarsi nella palla avversaria.
Quando, ormai svariati anni fa, Giuseppe Bergomi, alias lo ‘Zio’, calcava ancora i rettangoli verdi, anche con la maglia azzurra della nazionale, i mister dell’epoca avevano facile gioco nel sostenere che non bestemmiavano, bensì riprendevano con vigore la mitica bandiera dell’Inter. E’ il caso notissimo di Cesare Maldini. Poi venne Giovanni Trapattoni con la pittoresca acqua santa della zia suora, che servì ben poco a dire il vero a risparmiarci una barbina figura ai mondiali nippo-coreani del 2002. E lunga ancora sarebbe l’aneddotica da richiamare, pure limitandoci come stiamo facendo alle panchine. Il mondo del calcio sembra proprio che non sappia rapportarsi al ‘sacro’ senza eccessi, in un senso o nell’altro.
Ad onore di cronaca va detto pure, nel caso specifico di ieri, che il diretto interessato ha negato alla stampa, a fine partita, di aver pronunciato una bestemmia, e che l’innegabile imprecazione immortalata in mondo visione era indirizzata anche in questo caso ad uno ‘zio’. E’ vero infatti che l’articolazione delle consonanti in questione, ‘d’ e ‘z’, non differisce troppo, a leggere il labiale di qualunque persona parli senza che se ne senta la voce. E comunque la parola di uno sportivo e un uomo perbene quale Cesare Prandelli ha dato prova in essere nella carriera sportiva e non solo, merita di essere considerata almeno, se non creduta.
Il problema, tuttavia, come spesso accade, sta nel tam tam mediatico che si è gia innescato, ed è l’effetto ‘diseducativo’ che la notizia porta con sé, pure ammettendo che sia stata riportata in modo non corretto. Vedere per credere cosa riporta il solito google a chi cerca lumi sull’episodio di ieri. Lì la sentenza è stata già emessa, con ben pochi margini di dubbio: si è trattato di bestemmia, non senza sorpresa, che affiora qua e là in qualche commento, considerando la ‘serietà’ che fa parte dell’immaginario collettivo dell’uomo in questione: l’allenatore del ‘codice etico’, tanto per dirne una, vale a dire se sgarri anche col tuo club di appartenenza, con comportamenti antisportivi, salti un giro di convocazioni. E con qualche calciatore in specie, senza fare nomi (ma solo cognomi, B…) tutti sanno che ha il suo bel daffare al riguardo.
Prandelli a sua volta sa bene che le stelle del calcio godono di tale visibilità che ogni loro comportamento, nel bene o nel male, ha il valore (o disvalore) di esempio per milioni di appassionati (bambini e giovani in particolare) di uno sport dalla bellezza che nulla ha mai scalfito davvero, checché se ne dica di scandali, business che gli gira attorno, fanatismo del tifo… Gli basterà perciò, se vuole, imprecare semplicemente in altro modo, con altri soggetti ed altri epiteti, per non incorrere più in equivoci simili. Chiunque del resto abbia giocato a pallone in qualunque aggregato umano, dalla classe di scuola ai colleghi di ufficio, conosce le tensioni che si innescano anche nel più insignificante dei match, con conseguenti frequenti concessioni alla volgarità (se non alla violenza) di parole e gesti.
La differenza, tutto sommato, sia detto in conclusione a scanso di qualunque accusa di ipocrisia, sta solo nel non avere addosso una telecamera puntata novanta minuti su novanta. E per fortuna che l’altro occhio, quello che sempre ci segue dall’alto, è tanto misericordioso…
PS Forza azzurri!
Le possenti braccia del Cristo Redentore che domina Rio de Janeiro dall’alto del Corcovado pare siano ancora al loro posto, ben dritte e spalancate in orizzontale nella postura dell’abbraccio. Qualche giorno fa, prima dell’esordio in Confederation Cup, era stato lo stesso mister azzurro Prandelli a confidare ai cronisti che “se Cristo ci protegge è meglio”, visitando come fa ogni turista quel celeberrimo monumento.
Dio non è tipo a cui cascano le braccia facilmente, sia dentro che fuori metafora, di fronte ai riottosi suoi figli che spesso siamo noi . E’ quel che va ripetendo, ad ogni occasione buona, anche Papa Francesco, ormai prossimo alla significativa scadenza dei primi cento giorni di pontificato, domani. Anche lui, per inciso, sarà presto a Rio insieme a milioni di giovani invitati a celebrare là con lui la ventottesima Giornata Mondiale della Gioventù. E se anche non potrà salire di persona fin sulla sommità di quel colle, tanto fitta è l’agenda di impegni che lo attende, potrà ammirare da vicino il monumento carioca più famoso dalla cabina di un elicottero.
Se davvero dunque la misericordia divina è così grande e potente come dice il Papa argentino (peraltro appassionato di calcio anche lui nonché acceso tifoso dei rossoblu del San Lorenzo di Buenos Aires), anche i bestemmiatori degli stadi potranno farvi appello, al pari di ogni altra categoria di peccatori. Ma senza nulla togliere, appunto, a Dio e alla misericordia di cui è capace, quando un campione dello sport si lascia andare ad espressioni blasfeme lascia sempre la sgradevole sensazione di una festa, quale ogni evento sportivo dovrebbe essere, macchiata da quel che se proprio non vogliamo scomodare la parola peccato, rimane un atto gravemente irriguardoso verso una sensibilità diffusa (sempre meno, ahinoi, in realtà) e meritevole di più rispetto.
E' il caso del rocambolesco Italia-Giappone 4-3 della notte scorsa, dove per la prima mezz’ora almeno si son visti in campo solo gli scatenati nipponici, con un parziale 0-2 da brividi. All’inzuccata vincente trovata da De Rossi a fine primo tempo, per il 2-1 che ha dato il la alla riscossa italiana, le telecamere della diretta internazionale hanno mostrato in ‘curiosa’ (si fa per dire) successione prima il romanista esultante che si segnava col segno della croce, poi un labiale sospetto dell’insospettabile mister Prandelli nel vedere la palla insaccarsi nella palla avversaria.
Quando, ormai svariati anni fa, Giuseppe Bergomi, alias lo ‘Zio’, calcava ancora i rettangoli verdi, anche con la maglia azzurra della nazionale, i mister dell’epoca avevano facile gioco nel sostenere che non bestemmiavano, bensì riprendevano con vigore la mitica bandiera dell’Inter. E’ il caso notissimo di Cesare Maldini. Poi venne Giovanni Trapattoni con la pittoresca acqua santa della zia suora, che servì ben poco a dire il vero a risparmiarci una barbina figura ai mondiali nippo-coreani del 2002. E lunga ancora sarebbe l’aneddotica da richiamare, pure limitandoci come stiamo facendo alle panchine. Il mondo del calcio sembra proprio che non sappia rapportarsi al ‘sacro’ senza eccessi, in un senso o nell’altro.
Ad onore di cronaca va detto pure, nel caso specifico di ieri, che il diretto interessato ha negato alla stampa, a fine partita, di aver pronunciato una bestemmia, e che l’innegabile imprecazione immortalata in mondo visione era indirizzata anche in questo caso ad uno ‘zio’. E’ vero infatti che l’articolazione delle consonanti in questione, ‘d’ e ‘z’, non differisce troppo, a leggere il labiale di qualunque persona parli senza che se ne senta la voce. E comunque la parola di uno sportivo e un uomo perbene quale Cesare Prandelli ha dato prova in essere nella carriera sportiva e non solo, merita di essere considerata almeno, se non creduta.
Il problema, tuttavia, come spesso accade, sta nel tam tam mediatico che si è gia innescato, ed è l’effetto ‘diseducativo’ che la notizia porta con sé, pure ammettendo che sia stata riportata in modo non corretto. Vedere per credere cosa riporta il solito google a chi cerca lumi sull’episodio di ieri. Lì la sentenza è stata già emessa, con ben pochi margini di dubbio: si è trattato di bestemmia, non senza sorpresa, che affiora qua e là in qualche commento, considerando la ‘serietà’ che fa parte dell’immaginario collettivo dell’uomo in questione: l’allenatore del ‘codice etico’, tanto per dirne una, vale a dire se sgarri anche col tuo club di appartenenza, con comportamenti antisportivi, salti un giro di convocazioni. E con qualche calciatore in specie, senza fare nomi (ma solo cognomi, B…) tutti sanno che ha il suo bel daffare al riguardo.
Prandelli a sua volta sa bene che le stelle del calcio godono di tale visibilità che ogni loro comportamento, nel bene o nel male, ha il valore (o disvalore) di esempio per milioni di appassionati (bambini e giovani in particolare) di uno sport dalla bellezza che nulla ha mai scalfito davvero, checché se ne dica di scandali, business che gli gira attorno, fanatismo del tifo… Gli basterà perciò, se vuole, imprecare semplicemente in altro modo, con altri soggetti ed altri epiteti, per non incorrere più in equivoci simili. Chiunque del resto abbia giocato a pallone in qualunque aggregato umano, dalla classe di scuola ai colleghi di ufficio, conosce le tensioni che si innescano anche nel più insignificante dei match, con conseguenti frequenti concessioni alla volgarità (se non alla violenza) di parole e gesti.
La differenza, tutto sommato, sia detto in conclusione a scanso di qualunque accusa di ipocrisia, sta solo nel non avere addosso una telecamera puntata novanta minuti su novanta. E per fortuna che l’altro occhio, quello che sempre ci segue dall’alto, è tanto misericordioso…
PS Forza azzurri!
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È presente 1 commento
Tutta sta manfrina per dire che Prandelli ha bestemmiato? Non lo ha fatto! A meno che lo zio di qualcuno sia una divinità! Lo conosco da vicino: non ha mai bestemmiato in vita sua!!!!
Cesare, senza cognome...
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