Sulla sua pagina Facebook Ilaria Cucchi, sfoga tutta la sua amarezza e delusione per la sentenza che ha di fatto scagionato chi provocò la morte del fratello Stefano. Riportiamo le sue parole.
Chiedo scusa a nome di Stefano per il danno che la sua permanenza al Pertini e la sua morte hanno procurato al buon nome del dott. De Marchis e della dott.ssa Di Carlo. Chiedo scusa per il disturbo arrecato. Infondo era un tossicodipendente, e non dimentichiamo che era lì perché aveva commesso un reato. Cosa valeva la sua vita rispetto alla carriera e l'onorabilità di persone che 'salvano la vita alla gente'? E mi rendo conto sempre di più che la vita di mio fratello non era considerata tra quelle da salvare. Stefano non ha più voce per dire che lavorava, che andava in palestra. Che le sue vene non erano massacrate dalla droga, della quale non c'era traccia dopo la sua morte... E che immaginava un futuro come tutti noi.
Lui non c'è più. Quindi tanto vale che i loro avvocati lo massacrino pure da morto. Se si tratta di salvaguardare coloro che quasi sempre salvano la vita alla gente. Sempre che 'la gente' non sia un detenuto in attesa di giudizio tossicodipendente. E cosa importa il dolore di un padre e di una madre, che per quella vita avrebbero dato l'anima, pur senza mai farne un santo, nel vederlo calpestato e spogliato di quello che era? Diciamo che non è stato curato perché come tutti i tossicodipendenti non era collaborativo. E dimentichiamo il giuramento d'Ippocrate. Tanto era un tossicodipendente. Ma si. Mettiamoci una pietra sopra e salviamo il salvabile. Tanto se l'è cercata. E diffondiamo la sua foto nei centri di recupero. Così tutti sapranno che di droga si muore in quel modo, come ha avuto la brillante idea di affermare uno degli avvocati dei poveri medici.
Chiedo scusa a nome di Stefano per il danno che la sua permanenza al Pertini e la sua morte hanno procurato al buon nome del dott. De Marchis e della dott.ssa Di Carlo. Chiedo scusa per il disturbo arrecato. Infondo era un tossicodipendente, e non dimentichiamo che era lì perché aveva commesso un reato. Cosa valeva la sua vita rispetto alla carriera e l'onorabilità di persone che 'salvano la vita alla gente'? E mi rendo conto sempre di più che la vita di mio fratello non era considerata tra quelle da salvare. Stefano non ha più voce per dire che lavorava, che andava in palestra. Che le sue vene non erano massacrate dalla droga, della quale non c'era traccia dopo la sua morte... E che immaginava un futuro come tutti noi.
Lui non c'è più. Quindi tanto vale che i loro avvocati lo massacrino pure da morto. Se si tratta di salvaguardare coloro che quasi sempre salvano la vita alla gente. Sempre che 'la gente' non sia un detenuto in attesa di giudizio tossicodipendente. E cosa importa il dolore di un padre e di una madre, che per quella vita avrebbero dato l'anima, pur senza mai farne un santo, nel vederlo calpestato e spogliato di quello che era? Diciamo che non è stato curato perché come tutti i tossicodipendenti non era collaborativo. E dimentichiamo il giuramento d'Ippocrate. Tanto era un tossicodipendente. Ma si. Mettiamoci una pietra sopra e salviamo il salvabile. Tanto se l'è cercata. E diffondiamo la sua foto nei centri di recupero. Così tutti sapranno che di droga si muore in quel modo, come ha avuto la brillante idea di affermare uno degli avvocati dei poveri medici.
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Sono presenti 2 commenti
La famiglia doveva interessarsi prima di lui!
I genitori dovranno rispondere a Dio su come hanno seguito, amato, portato il figlio, ad una vita sana, bella, con voglia di studiare prima e lavorare poi! I genitori debbono compiere atti responsabili per tutta la vita del figlio: prevenzione del male (abbandono della scuola, droga, alcool, fumo...) e sviluppo verso i valori (Fede, studio, serietà, onestà)!
giusto. per tutto quello che hai detto hanno fatto bene le guardie a pestarlo di botte e i medici e gli infermieri a lasciarlo morire. hanno fatto bene anche i giudici ad assolvere tutti. fede studio serieta' onesta'.
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