Quasi a consacrare il gemellaggio con Westmister Abbey dalle lontane radici benedettine, l’ultima apparizione ufficiale dell’Abate di Montecassino è in occasione del 60° di incoronazione della Regina. Serata all’esclusivo Reform Club.
Atmosfera trepidante, clima severo e contesto barocco negli interni del palazzo Farnese. Ci si trova, però, nel cuore di Londra. Una copia esatta del palazzo nobiliare romano costruita sulla centralissima Pall Mall è sede del Reform Club, il più antico ed esclusivo club londinese. Obbligatorio vi è l’uso della cravatta, bandito, invece, quello del telefono e della macchina fotografica. Palpabile già dai primi passi sulla soffice moquette del salone di entrata un senso di raffinata formalità di altri tempi e di riservatezza. È gente che segue da vicino le sorti di Londra e non solo, come accademici, artisti, uomini d’affari, avvocati, scrittori e infine politici come Winston Churchill. L’ospite d’onore della serata è l’Abate di Montecassino, mons. Pietro Vittorelli.
Nel clima intimo della biblioteca, attorno a un raffinato dinner inglese, il chairman attuale del club, il professor Graham Zellick, quello emerito e qualche altra personalità del club attorniano l’ospite della serata. Organizza il meeting una dinamica Lady Audry Day, grande ammiratrice e pellegrina a Montecassino. Veramente, lo sono tutti gli inglesi. Solo il nome di Montecassino evoca loro un’emozione senza limiti. Pensando a chi vi ha combattuto in the second world war per la libertà: ogni combattente inglese nel mondo ha qualcosa di sacro. E il senso della memoria qui è un vero culto. Alla serata partecipa anche Francesco Buttazzo, noto compositore religioso insieme all’autore di un best-seller della Emi “Dio attende alla frontiera”, la cui prefazione è stata curata dal padre Abate come una miniatura in un testo medievale.
Tra una rituale preghiera iniziale e finale, come in qualsiasi monastero benedettino, la parola si scioglie, la formalità si fa umana, lo scambio stimolante. Ognuno pende dalle labbra dell’Abate, che in perfetto inglese incarna qui il patrono redivivo dell’Europa, San Benedetto. È infatti questo afflato europeo che colpisce nell’Abate di Montecassino, unico ospite cattolico il giorno prima – dopo la celebrazione a Westminster - alla tavola della regina, in occasione del suo 60° anniversario giubilare al trono. Sorprende questa familiarità con il mondo protestante inglese, in particolare con l’Abbazia di Westminster, antico monastero benedettino, e il suo dean John Hall, coltivata come una missione di fraternità. Al tempo d’oggi, ai giorni di papa Francesco, essa fa intravedere gli orizzonti del domani.
La curiosità del chairman - antico formatore di un corpo militare scelto - si fa viva quando ascolta la testimonianza del padre Abate nella sua precedente esperienza di maestro di novizi. Rileva, così, la similarità di impegno nel formare uomini insensibili al dolore, vigilanti nella mente e di un’obbedienza esemplare. Ma è lì anche per carpirne il segreto nel formare uomini di spirito dell’antico carattere benedettino. Adatti ad ogni situazione di vita. Costruttori di un mondo nuovo e più aperto già dai primi secoli della cristianità.
“Ora, labora et... ausculta!”: tre verbi, tre dinamiche privilegiate da Benedetto. Sì, si sono fatte realtà in un contesto inglese inedito, in momenti di grande intensità. Quasi un appello interiore da coltivare nei responsabili del mondo. “Una serata veramente preziosa” commentava, andandosene, un maestro zen grande amico del club e appassionato di Teilhard de Chardin. Portandosi via, dopo un tempo di parola e di ascolto, il sorriso del Buddha.
di Renato Zilio
Atmosfera trepidante, clima severo e contesto barocco negli interni del palazzo Farnese. Ci si trova, però, nel cuore di Londra. Una copia esatta del palazzo nobiliare romano costruita sulla centralissima Pall Mall è sede del Reform Club, il più antico ed esclusivo club londinese. Obbligatorio vi è l’uso della cravatta, bandito, invece, quello del telefono e della macchina fotografica. Palpabile già dai primi passi sulla soffice moquette del salone di entrata un senso di raffinata formalità di altri tempi e di riservatezza. È gente che segue da vicino le sorti di Londra e non solo, come accademici, artisti, uomini d’affari, avvocati, scrittori e infine politici come Winston Churchill. L’ospite d’onore della serata è l’Abate di Montecassino, mons. Pietro Vittorelli.
Nel clima intimo della biblioteca, attorno a un raffinato dinner inglese, il chairman attuale del club, il professor Graham Zellick, quello emerito e qualche altra personalità del club attorniano l’ospite della serata. Organizza il meeting una dinamica Lady Audry Day, grande ammiratrice e pellegrina a Montecassino. Veramente, lo sono tutti gli inglesi. Solo il nome di Montecassino evoca loro un’emozione senza limiti. Pensando a chi vi ha combattuto in the second world war per la libertà: ogni combattente inglese nel mondo ha qualcosa di sacro. E il senso della memoria qui è un vero culto. Alla serata partecipa anche Francesco Buttazzo, noto compositore religioso insieme all’autore di un best-seller della Emi “Dio attende alla frontiera”, la cui prefazione è stata curata dal padre Abate come una miniatura in un testo medievale.
Tra una rituale preghiera iniziale e finale, come in qualsiasi monastero benedettino, la parola si scioglie, la formalità si fa umana, lo scambio stimolante. Ognuno pende dalle labbra dell’Abate, che in perfetto inglese incarna qui il patrono redivivo dell’Europa, San Benedetto. È infatti questo afflato europeo che colpisce nell’Abate di Montecassino, unico ospite cattolico il giorno prima – dopo la celebrazione a Westminster - alla tavola della regina, in occasione del suo 60° anniversario giubilare al trono. Sorprende questa familiarità con il mondo protestante inglese, in particolare con l’Abbazia di Westminster, antico monastero benedettino, e il suo dean John Hall, coltivata come una missione di fraternità. Al tempo d’oggi, ai giorni di papa Francesco, essa fa intravedere gli orizzonti del domani.
La curiosità del chairman - antico formatore di un corpo militare scelto - si fa viva quando ascolta la testimonianza del padre Abate nella sua precedente esperienza di maestro di novizi. Rileva, così, la similarità di impegno nel formare uomini insensibili al dolore, vigilanti nella mente e di un’obbedienza esemplare. Ma è lì anche per carpirne il segreto nel formare uomini di spirito dell’antico carattere benedettino. Adatti ad ogni situazione di vita. Costruttori di un mondo nuovo e più aperto già dai primi secoli della cristianità.
“Ora, labora et... ausculta!”: tre verbi, tre dinamiche privilegiate da Benedetto. Sì, si sono fatte realtà in un contesto inglese inedito, in momenti di grande intensità. Quasi un appello interiore da coltivare nei responsabili del mondo. “Una serata veramente preziosa” commentava, andandosene, un maestro zen grande amico del club e appassionato di Teilhard de Chardin. Portandosi via, dopo un tempo di parola e di ascolto, il sorriso del Buddha.
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