martedì, giugno 04, 2013
Marco Pantani entrò nella leggenda del ciclismo per aver vinto il Giro d'Italia e il Tour de France nello stesso anno. Fu alla fine vittima di un mondo sportivo che prima lo aveva esaltato per le sue gesta e poi lo abbandonò nella più assoluta solitudine.

di Simona Santullo

"Il Pirata" era il suo soprannome, eroe indiscusso di un ciclismo che non esiste più, grande campione della storia del ciclismo mondiale, semplicemente un mito, capace di imprese epiche, al pari di altri miti del ciclismo come Fausto Coppi, Gino Bartali, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Stephen Roche e Miguel Indurain, grandi campioni di quello che in Italia è considerato da tutti “lo sport del popolo”. Il 1998 in particolare fu un grande anno per Pantani: il 7 giugno vinse il Giro d’Italia e il 2 agosto trionfò al Tour de France. Il Pirata era uno che correva da solo contro tutti, era uno capace di far sognare, uno che piangeva davanti alle telecamere quando la sfortuna gli si accaniva contro, un grande scalatore che tante volte ci ha fatto battere forte il cuore. I suoi fan lo hanno amato nonostante tutto, nonostante il doping, le dubbie squalifiche, i processi, i guai giudiziari che lo hanno visto protagonista.

Un campione carismatico, genuino, coraggioso, appassionato, uno che tante volte si è messo in discussione pur di raggiungere i suoi sogni, uno che aveva talento, caratteristica indelebile dei veri campioni. Ma anche un uomo molto fragile, a cui il destino, e non solo, ha voltato ironicamente le spalle, buttando sulla sua integrità di uomo e di sportivo ombre, dicerie, pettegolezzi, sospetti, che giorno dopo giorno lo hanno sfinito e ferito irrimediabilmente.

Ad un certo punto della sua folgorante carriera di sportivo, le luci della ribalta si spengono e colui che fino a qualche tempo prima era un campione con milioni di tifosi diviene per tutti un truffatore, uno che ha vinto solo grazie al doping, uno da evitare, uno che alla fine è morto solo, quasi un paradosso per un uomo che ha dato il cuore per il suo sport. Pantani viene infatti trovato morto il 14 febbraio del 2004 in una stanza d’albergo di Rimini, Hotel Residence Le Rose, con indosso solo un paio di jeans, la faccia a terra tra il divano e quindici gradini di una scala a chiocciola che conduceva al letto matrimoniale. Morto alle 17 del pomeriggio, dopo aver rotto due sedie e aver rovesciato del caffè. Su un tavolo, poco distante dal suo cadavere, tre bottigliette di farmaci tranquillanti e antidepressivi e della cocaina.

Secondo l’autopsia Marco Pantani è morto per edema polmonare e cerebrale provocato da un’overdose di cocaina. Nell’analisi del midollo osseo vennero riscontrate concentrazioni di EPO molto basse, a dimostrazione che il Pirata aveva fatto un uso molto ridotto di sostanze illecite stimolanti. Ma mamma Tonina, la mamma di Marco, che da qualche anno ha iniziato un’indagine privata per arrivare alla verità sulla morte di suo figlio, proprio non riesce ad accettare che la morte di Marco sia stata ricondotta ad un gesto estremo legato alla droga. Sono solo di poche ore fa le sue dichiarazioni che secondo cui Marco non si è ucciso ma qualcuno lo ha ammazzato, organizzando una clamorosa messa in scena. Troppe infatti le anomalie ed i misteri che precedettero e seguirono il ritrovamento del suo corpo. Prima di tutto, se davvero Marco lasciarsi morire lontano da tutto e da tutti perché non avrebbe approfittato della casa di sua proprietà lasciata libera dai genitori e scelse invece un motel? Nel cestino della camera da letto furono poi trovati i resti di cibo cinese, mentre Marco non mangiava cinese. Quella stessa mattina Marco Pantani chiamò per due volte la reception dell’hotel chiedendo al portiere di chiamare i carabinieri perché in camera c’era qualcuno che gli dava fastidio; dopo un’ora dalla sua richiesta di aiuto è morto. Nei fascicoli del tribunale c’è scritto che la sera del 13 febbraio Pantani avrebbe “festeggiato” insieme ad alcuni componenti di una squadra di beach volley, ma nessuno ha mai interrogato queste persone; il cadavere di Marco riportava dei segni molto strani sul collo che lasciano pensare che qualcuno lo avesse preso da dietro per immobilizzarlo, e un taglio molto strano rinvenuto sopra l’occhio. Vicino al suo corpo c’erano delle palline fatte con la mollica del pane in cui sono state trovate tracce di cocaina. Nella camera non sono state trovate altre tracce di stupefacenti, eppure fin da subito dissero che era morto per overdose. Non esiste un verbale delle prime persone che sono entrate all’interno della camera; inoltre è stato impossibile isolare il Dna delle tantissime persone che entrarono nella stanza.

La camera poi era tutta sottosopra; dalle foto scattate si vede il corpo di Marco con i box che gli uscivano dai pantaloni, segno evidente che il cadavere era stato trascinato; in un’altra foto si vede il suo braccio a protezione del viso, come se volesse difendersi da qualcuno. Altra stranezza è che il medico legale che eseguì l’autopsia si portò a casa il cuore di Marco, custodendolo in frigorifero; lui si giustificò dicendo che lo aveva fatto per evitare un possibile furto... Accanto al corpo di Pantani venne trovato un biglietto con una frase apparentemente senza senso: “ Colori, uno su tutti rosa arancio come contenta, le rose sono rosa e la rosa rossa è la più contata”. Nessuno è stato in grado di capire il senso di questo biglietto, che senza ombra di dubbio sembra essere un messaggio in codice. E poi ci sono le lettere anonime ricevute dalla famiglia di Pantani in cui si racconta che la sera prima di morire Marco era stato visto da un’altra parte con due persone a fianco che lo sorreggevano.

Tutto quindi sembra essere avvolto nel mistero, e tanto sono gli indizi che spingono verso una messinscena. Di sicuro dopo tanti anni quello che resta è la disperazione di una mamma convinta che suo figlio sia stato ucciso e che ormai vive solo per riuscire a scoprire tutta la verità.

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa