«La mattina esco di casa e vado nell’azienda agricola di Salvatore. Lui mi dice quante persone gli servono per raccogliere le arance. Vado a prendere gli africani che mi aspettano lungo la strada grande e li porto nei campi». Il racconto della giornata di un caporale nelle campagne di Rosarno è uno dei frammenti tratti da «Men at work», l`inchiesta della Procura di Palmi sullo sfruttamento degli africani nelle campagne calabresi.
terrelibere.org - Per la prima volta la magistratura avvia autonomamente un’indagine applicando il reato di caporalato; intermediazione illegale di manodopera», una fattispecie nata in seguito allo sciopero di Nardò dell’agosto 2011. Allora i braccianti africani rifiutarono le condizioni imposte dai caporali in Salento e bloccarono la raccolta dei pomodori e delle angurie. In seguito al clamore della vicenda il governo approvò una legge – la 148/2011 – che proibiva il grave sfruttamento dei lavoratori. Solo dopo lo sciopero imprenditori e caporali finiranno sotto processo.
Per motivi di giustizia. «Da gennaio 2012 sono 42 i caporali denunciati dai lavoratori sulla base di quella legge», ci dice Yvan Sagnet, sindacalista, leader dello sciopero in Puglia. È molto difficile che l`iniziativa parta dal lavoratore sfruttato. Ecco perché è importante l`iniziativa della magistratura. «Stiamo valutando di concedere il permesso di soggiorno alle vittime», dichiara a Repubblica.it il Procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo. «È uno degli strumenti migliori della legge: è possibile regolarizzare, per motivi di giustizia, i soggetti che collaborano». In questo caso, su dieci vittime, quattro erano senza documenti. Tutti hanno fornito elementi importanti, testimonianze che sono diventate prove.
Il quadro che emerge da «Men at work» è drammatico e in continuità con gli anni precedenti. L`orario lo decide il sole: dall`alba al tramonto. La paga è a cottimo (50 centesimi una cassetta di arance, 1 euro se mandarini). «Tre euro per la benzina» è la somma che il caporale chiede anche a chi raggiunge i campi in bicicletta. Una tangente, quindi, con la minaccia implicita di non lavorare più in caso di ribellione. I sedili posteriori del furgone che portava i lavoratori ai campi erano stati rimossi. All`interno del mezzo una quindicina di persone «si posizionavano talvolta uno sopra l`altro», seduti su cassette di plastica.
Il ferito della rivolta. «In tanti anni non avevo mai visto questa modalità di lavoro», ci dice un volontario della zona. «Hanno riempito un intero camion di arance da industria nei pressi di Taurianova. Guadagnando 11 euro a testa. E si trattava di un posto impervio, non in pianura. A fine giornata ho visto uno dei ragazzi, era distrutto. L`ho guardato meglio. Era uno dei feriti del 2010». Tre anni fa, infatti, i colpi di pistola sparati contro alcuni africani scatenarono la rivolta dell`intera comunità. Molti sono ritornati, trovando condizioni di lavoro ancora peggiori.
Lo sfruttamento è favorito dall`irregolarità, spiegano i magistrati di Palmi. Le condizioni di disagio e povertà, infatti, sono «spesso inevitabilmente conseguenti anche alla condizione di illegalità e clandestinità sul territorio nazionale». Il datore di lavoro approfitta della situazione del mercato di lavoro in cui prevale «l`offerta sulla domanda» e costringe i lavoratori ad accettare «trattamenti retributivi deteriori». La «minaccia larvata di licenziamento integra il delitto di estorsione», concludono gli inquirenti.
La tendopoli del Ministero. Paradossalmente, i caporali andavano a prelevare i braccianti anche alla tendopoli impiantata nel territorio di San Ferdinando dal Ministero dell`Interno, per rimediare all`ennesima emergenza dello scorso inverno.
In seguito all`indagine sono state sequestrate due aziende agricole e i mezzi che servivano a trasportare i braccianti. Valore complessivo: 500mila euro. Ma l`indagine svela anche cosa è realmente il caporalato. Un modello di organizzazione aziendale per ottimizzare la raccolta degli agrumi. «I proprietari vendevano il frutto pendente a una cooperativa agricola e a una srl, che poi incaricavano il caporale della formazione delle squadre di raccolta». In questo modo l`azienda tratta con una sola persona che gestisce la manodopera, pagando il meno possibile. Gli agrumi vanno poi a finire nel circuito ordinario della grande distribuzione e alle industrie di trasformazione che producono le aranciate. E arrivano sulle nostre tavole.
terrelibere.org - Per la prima volta la magistratura avvia autonomamente un’indagine applicando il reato di caporalato; intermediazione illegale di manodopera», una fattispecie nata in seguito allo sciopero di Nardò dell’agosto 2011. Allora i braccianti africani rifiutarono le condizioni imposte dai caporali in Salento e bloccarono la raccolta dei pomodori e delle angurie. In seguito al clamore della vicenda il governo approvò una legge – la 148/2011 – che proibiva il grave sfruttamento dei lavoratori. Solo dopo lo sciopero imprenditori e caporali finiranno sotto processo.
Per motivi di giustizia. «Da gennaio 2012 sono 42 i caporali denunciati dai lavoratori sulla base di quella legge», ci dice Yvan Sagnet, sindacalista, leader dello sciopero in Puglia. È molto difficile che l`iniziativa parta dal lavoratore sfruttato. Ecco perché è importante l`iniziativa della magistratura. «Stiamo valutando di concedere il permesso di soggiorno alle vittime», dichiara a Repubblica.it il Procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo. «È uno degli strumenti migliori della legge: è possibile regolarizzare, per motivi di giustizia, i soggetti che collaborano». In questo caso, su dieci vittime, quattro erano senza documenti. Tutti hanno fornito elementi importanti, testimonianze che sono diventate prove.
Il quadro che emerge da «Men at work» è drammatico e in continuità con gli anni precedenti. L`orario lo decide il sole: dall`alba al tramonto. La paga è a cottimo (50 centesimi una cassetta di arance, 1 euro se mandarini). «Tre euro per la benzina» è la somma che il caporale chiede anche a chi raggiunge i campi in bicicletta. Una tangente, quindi, con la minaccia implicita di non lavorare più in caso di ribellione. I sedili posteriori del furgone che portava i lavoratori ai campi erano stati rimossi. All`interno del mezzo una quindicina di persone «si posizionavano talvolta uno sopra l`altro», seduti su cassette di plastica.
Il ferito della rivolta. «In tanti anni non avevo mai visto questa modalità di lavoro», ci dice un volontario della zona. «Hanno riempito un intero camion di arance da industria nei pressi di Taurianova. Guadagnando 11 euro a testa. E si trattava di un posto impervio, non in pianura. A fine giornata ho visto uno dei ragazzi, era distrutto. L`ho guardato meglio. Era uno dei feriti del 2010». Tre anni fa, infatti, i colpi di pistola sparati contro alcuni africani scatenarono la rivolta dell`intera comunità. Molti sono ritornati, trovando condizioni di lavoro ancora peggiori.
Lo sfruttamento è favorito dall`irregolarità, spiegano i magistrati di Palmi. Le condizioni di disagio e povertà, infatti, sono «spesso inevitabilmente conseguenti anche alla condizione di illegalità e clandestinità sul territorio nazionale». Il datore di lavoro approfitta della situazione del mercato di lavoro in cui prevale «l`offerta sulla domanda» e costringe i lavoratori ad accettare «trattamenti retributivi deteriori». La «minaccia larvata di licenziamento integra il delitto di estorsione», concludono gli inquirenti.
La tendopoli del Ministero. Paradossalmente, i caporali andavano a prelevare i braccianti anche alla tendopoli impiantata nel territorio di San Ferdinando dal Ministero dell`Interno, per rimediare all`ennesima emergenza dello scorso inverno.
In seguito all`indagine sono state sequestrate due aziende agricole e i mezzi che servivano a trasportare i braccianti. Valore complessivo: 500mila euro. Ma l`indagine svela anche cosa è realmente il caporalato. Un modello di organizzazione aziendale per ottimizzare la raccolta degli agrumi. «I proprietari vendevano il frutto pendente a una cooperativa agricola e a una srl, che poi incaricavano il caporale della formazione delle squadre di raccolta». In questo modo l`azienda tratta con una sola persona che gestisce la manodopera, pagando il meno possibile. Gli agrumi vanno poi a finire nel circuito ordinario della grande distribuzione e alle industrie di trasformazione che producono le aranciate. E arrivano sulle nostre tavole.
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