lunedì, giugno 03, 2013
“Custodite il suo spirito, imitate la sua santità e approfondite lo studio della sua vita”.

Radio Vaticana - E’ l’invito che questa sera Papa Francesco ha rivolto ai pellegrini della Diocesi di Bergamo nel 50esimo anniversario dalla morte del loro amato conterraneo Giovanni XXIII, natio di Sotto il Monte. Al termine della Messa celebrata in San Pietro dal vescovo mons Francesco Beschi che ha invitato il Pontefice a visitare Bergamo, Papa Francesco ha salutato affettuosamente i fedeli e nel suo discorso, ha ripercorso la vita e le esperienze del Beato Angelo Roncalli alla luce della sua obbedienza evangelica. Poco prima la breve sosta di preghiera davanti alla tomba del suo predecessore. Il servizio di Gabriella Ceraso: ascolta

Erano quasi le 20, esattamente di 50 anni fa, quando il Beato Giovanni XXIII lasciava questo mondo, dopo giorni di grande commozione e una piazza San Pietro diventata un Santuario a cielo aperto. E’ Papa Francesco con queste parole a riportare alla mente dei fedeli riuniti nella Basilica di San Pietro, il 3 giugno del 1963, e a indicare di Giovanni XXIII l’essenza, racchiusa nelle due decisive parole del motto episcopale: Obbedienza e pace. L’una, la sua disposizione interiore, l’altra, una caratteristica esteriore che ne fecero, spiega Papa Francesco, “un pastore e un padre” per il mondo intero, capace di arrivare al cuore “di persone così diverse, persino di molti non cristiani”:

Angelo Roncalli era un uomo capace di trasmettere pace; una pace naturale, serena, cordiale; una pace che con la sua elezione al Pontificato si manifestò al mondo intero e ricevette il nome della bontà.

"E' tanto bello trovare un prete buono" prosegue il Papa parlando a braccio e ricordando quanto Sant'Ignazio di Loyola diceva riguiardole qualità dei superiori dei gesuiti:

E diceva: deve avere questo, questo, questo, questo … un elenco lungo di qualità. Ma alla fine dice questo: “E se non ha queste virtù, almeno che abbia molta bontà”. E’ l’essenziale. E’ un padre. Un prete con bontà

Bontà e pace, dunque, tratti distintivi della personalità di Angelo Roncalli, prosegue il Papa,che gli permisero nei tre decenni circa in cui fu Nunzio Apostolico, di costruire ovunque solide amicizie:

Proprio in quegli ambienti egli si dimostrò un efficace tessitore di relazioni ed un valido promotore di unità, dentro e fuori la comunità ecclesiale, aperto al dialogo con cristiani di altre Chiese, con esponenti del mondo ebraico e musulmano e con molti altri uomini di buona volontà.

Una pace, quella del beato Giovanni XXIII, aggiunge Papa Francesco, che nasceva da un animo pacificato frutto di un lungo lavoro su se stesso, di una progressiva purificazione del cuore di cui resta traccia nel suo Giornale dell’Anima:

Lo vediamo, giorno per giorno, attento a riconoscere e mortificare i desideri che provengono dal proprio egoismo, a discernere le ispirazioni del Signore, lasciandosi guidare da saggi direttori spirituali e ispirare da maestri come san Francesco di Sales e san Carlo Borromeo. Leggendo quegli scritti assistiamo veramente al prendere forma di un’anima, sotto l’azione dello Spirito Santo che opera nella sua Chiesa

Fu però l’obbedienza, disposizione interiore di Giovanni XXIII, ed eccoci alla seconda e decisiva parola, lo strumento per raggiungere la pace. Obbedienza intesa anzitutto in modo concreto, sottolinea il Pontefice, come lo svolgere nella Chiesa il servizio richiesto senza cercare nulla per sé; un “lasciarsi condurre come un bambino”:

Attraverso questa obbedienza, il sacerdote e vescovo Roncalli ha però vissuto anche una fedeltà più profonda, che potremmo definire, come lui avrebbe detto, abbandono alla divina Provvidenza. Egli ha costantemente riconosciuto, nella fede, che attraverso quel percorso di vita apparentemente guidato da altri, non condotto dai propri gusti o sulla base di una propria sensibilità spirituale, Dio andava disegnando un suo progetto. Era un uomo di governo, era un conduttore. Ma un conduttore condotto, dallo Spirito Santo. Per l’obbedienza.

E’ dunque nell’abbandono quotidiano alla volontà di Dio, che papa Francesco definisce “obbedienza evangelica” che trova la radice la santità di Giovanni XXIII, la bontà e la pace che ha diffuso nel mondo e questo serve a ciascuno e alla Chiesa di oggi :

Se sapremo lasciarci condurre dallo Spirito Santo, se sapremo mortificare il nostro egoismo per fare spazio all’amore del Signore e alla sua volontà, allora troveremo la pace, allora sapremo essere costruttori di pace e diffonderemo pace attorno a noi. A cinquant’anni dalla sua morte, la guida sapiente e paterna di Papa Giovanni, il suo amore per la tradizione della Chiesa e la consapevolezza del suo costante bisogno di aggiornamento, l’intuizione profetica della convocazione del Concilio Vaticano II e l’offerta della propria vita per la sua buona riuscita, restano come pietre miliari nella storia della Chiesa del XX secolo e come un faro luminoso per il cammino che ci attende.

Quindi l'ultimo accorato appello alla Diocesi di Bergamo,ancora una volta a braccio:

Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo. Non abbiate paura dei rischi, come lui non ha avuto paura. Docilità allo Spirito, amore alla Chiesa e avanti. Il Signore farà tutto.


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