Il cuore aperto alla magnanimità orientata in Cristo, la ricerca di nuove forme di educazione non convenzionali, le sfide in politica per i cristiani, la povertà che avvicina a Gesù.
Questi i temi principali al centro dell’incontro di Papa Francesco, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, con circa 8mila studenti delle Scuole dei Gesuiti in Italia e in Albania. Tanto l’affetto e la gioia dei ragazzi che hanno sollecitato il Papa con le loro domande e Francesco, rompendo ogni schema, ha avviato un dialogo diretto con i giovani. Il servizio di Massimiliano Menichetti: ascolta
“Ho preparato questo per dirvi … ma, sono cinque pagine! Un po’ noioso … Facciamo una cosa: io farò un piccolo riassunto e poi consegnerò questo, per iscritto, al padre provinciale, lo darò anche al padre Lombardi, perché tutti voi lo abbiate per iscritto. E poi, c’è la possibilità che alcuni di voi facciano una domanda, e possiamo fare un piccolo dialogo. Ci piace questo, o no? Sì? Bene. Andiamo su questa strada”.
Così il Papa oggi ha rotto ogni schema davanti all’affetto, gli applausi, le risate. Francesco, prima di iniziare a dialogare con i ragazzi, ha parlato della “magnanimità” che apre il cuore e forma la persona:
“Noi dobbiamo essere magnanimi, con il cuore grande, senza paura. Scommettere sempre sui grandi ideali. Ma anche magnanimità con le cose piccole, con le cose quotidiane. Il cuore largo, il cuore grande … E questa magnanimità è importante trovarla con Gesù, nella contemplazione di Gesù. Gesù è quello che ci apre le finestre all’orizzonte. Magnanimità significa camminare con Gesù, con il cuore attento a quello che Gesù ci dice”.
Agli educatori e ai genitori ha ribadito la centralità della libertà, la necessità di bilanciare quei passi che ha definito tra “la sicurezza e la zona di rischio” e li ha incoraggiati a cercare nuove forme di “educazione non convenzionali, secondo la necessità di luoghi, tempi e persone”. Poi le domande dei ragazzi, il primo Francesco:
“Io cerco di essere fedele. Però, ho delle difficoltà. Ti volevo chiedere qualche parola per sostenermi in questa crescita e sostenere tutti i ragazzi come me”.
“Camminare è proprio l’arte di guardare l’orizzonte - ha detto il Papa -, pensare dove io voglio andare ma anche sopportare la stanchezza del cammino” e restare fedele a questo. Quindi, Papa Francesco invita a non avere “paura dei fallimenti, non avere paura delle cadute”:
“Nell’arte di camminare, quello che importa non è di non cadere, ma di non rimanere caduti. Alzarsi presto, subito, e continuare ad andare. E questo è bello: questo è lavorare tutti i giorni, questo è camminare umanamente. Ma anche, è brutto camminare da soli: brutto e noioso. Camminare in comunità con gli amici, con quelli che ci vogliono bene, questo ci aiuta, ci aiuta ad arrivare proprio alla meta a cui noi dobbiamo arrivare”.
La piccola Sofia ha chiesto a Papa Francesco se vede ancora gli amici:
“Ma, io sono Papa da due mesi e mezzo … I miei amici sono a 14 ore di aereo da qui, sono lontani. Ma voglio dirti una cosa: sono venuti tre, di loro, a trovarmi e a salutarmi, e li vedo e mi scrivono e voglio loro tanto bene. Non si può vivere senza amici”.
In un’atmosfera divertita Teresa ha domandato: “Ma volevi fare il Papa?”
“Ma, tu sai che cosa significa che una persona non voglia tanto bene a se stessa? Una persona che vuole, che ha voglia di fare il Papa, non vuole bene a se stessa, eh?, Dio non lo benedice, eh? No, io non ho voluto fare il Papa…”.
Mi piaceva la missionarietà dei Gesuiti. Così ha replicato sul perché della scelta vocazionale, poi ancora domande sulla decisione di vivere a Santa Marta in Vaticano, più in povertà:
“Ma, credo che non è soltanto una cosa di ricchezza. Per me è un problema di personalità … Io ho necessità di vivere fra la gente, e se io vivessi solo, forse un po’ isolato, non mi farebbe bene. Ma questa domanda me l’ha fatta un professore: ‘Ma perché lei non va ad abitare là?’. Io ho risposto: ‘Ma, mi senta, professore: per motivi psichiatrici’, eh? Perché, ma … è la mia personalità”.
Papa Francesco ha ribadito che la povertà nel mondo è uno scandalo, “un grido” in un mondo dove ci sono tante ricchezze, tante risorse” per “tutti”. “Non si può capire come ci siano tanti bambini affamati – ha stigmatizzato - ci siano tanti bambini senza educazione, tanti poveri”. “Tutti noi dobbiamo pensare se possiamo diventare un po’ più poveri”, “per assomigliare meglio a Gesù”. Dopo i ragazzi hanno chiesto se fosse stato difficile seguire la vocazione, lasciare tutto e tutti:
“Ci sono difficoltà. Ma è tanto bello seguire Gesù, andare sulla strada di Gesù, che tu poi bilanci e vai avanti. E poi arrivano momenti più belli. Ma nessuno deve pensare che nella vita non ci saranno le difficoltà. Anche io vorrei fare una domanda, adesso: come pensate voi di andare avanti con le difficoltà? Non è facile! Ma dobbiamo andare avanti con forza e con fiducia nel Signore: con il Signore, tutto si può”.
Il Santo Padre ha poi incoraggiato i giovani e parlando delle difficoltà che vive il mondo è tornando a sottolineare che “la crisi che in questo momento stiamo vivendo è una crisi della persona” perché “oggi non conta la persona”, ma “contano i soldi, conta il denaro”. E quindi è necessario “liberarci di queste strutture economiche e sociali che ci schiavizzano”. Il sorriso dei ragazzi è esploso quando il Papa, rispondendo alla curiosità di Francesco, ha spiegato che non è mai stato in Sicilia, “per ora”, ma che conosce la “bellissima regione” grazie al film Kaos ispirato a quattro racconti i Pirandello. Quindi sollecitato sul compito dei cristiani in politica, ha spiegato che è un dovere lavorare per il bene comune:
“Coinvolgersi nella politica è un obbligo, per un cristiano. Noi cristiani non possiamo giocare da Pilato, lavarci le mani: non possiamo. Dobbiamo immischiarci nella politica, perché la politica è una delle forme più alte della carità, perché cerca il bene comune. E i laici cristiani devono lavorare in politica. Lei mi dirà: ‘Ma, non è facile’. Ma neppure facile è diventare prete. Non ci sono cose facili, nella vita: non è facile. La politica è troppo sporca, ma io mi domando: è sporca, perché? Perché i cristiani non si sono immischiati con lo spirito evangelico? … è facile dire ‘la colpa è di quello’. Ma io, cosa faccio? Ma, è un dovere! Lavorare per il bene comune, è un dovere di un cristiano! E tante volte la strada per lavorare è la politica”.
Dunque Francesco è tornato a parlare direttamente ai giovani e sollecitato più volte sui mali della società, ha alzato lo sguardo sul cuore dell’uomo:
“Non lasciatevi rubare la speranza. Per favore: non lasciatevela rubare. E chi ti ruba la speranza? Lo spirito del mondo, le ricchezze, lo spirito della vanità, la superbia, l’orgoglio … tutte queste cose ti rubano la speranza. Dove trovo la speranza? In Gesù povero: Gesù che si è fatto povero per noi. E tu hai parlato di povertà. La povertà ci chiama a seminare speranza”.
Con forza ha rimarcato la centralità dell’esperienza:
“Non si può parlare di povertà, di povertà astratta: quella non esiste! La povertà è la carne di Gesù povero, in quel bambino che ha fame, in quello che è ammalato, in quelle strutture sociali che sono ingiuste … Andare, guardare laggiù la carne di Gesù. Ma non lasciatevi rubare la speranza dal benessere, dallo spirito del benessere che alla fine ti porta a diventare un niente nella vita! Il giovane deve scommettere su alti ideali: questo è il consiglio. Ma la speranza, dove la trovo? Nella carne di Gesù sofferente e nella vera povertà. C’è un collegamento tra i due”.
Poi ancora i canti, gli applausi, la commozione e la gioia, che hanno accolto Papa Francesco, lo hanno salutato al termine di questo incontro straordinario con i giovani delle Scuole dei Gesuiti in Italia e in Albania.
Questi i temi principali al centro dell’incontro di Papa Francesco, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, con circa 8mila studenti delle Scuole dei Gesuiti in Italia e in Albania. Tanto l’affetto e la gioia dei ragazzi che hanno sollecitato il Papa con le loro domande e Francesco, rompendo ogni schema, ha avviato un dialogo diretto con i giovani. Il servizio di Massimiliano Menichetti: ascolta
“Ho preparato questo per dirvi … ma, sono cinque pagine! Un po’ noioso … Facciamo una cosa: io farò un piccolo riassunto e poi consegnerò questo, per iscritto, al padre provinciale, lo darò anche al padre Lombardi, perché tutti voi lo abbiate per iscritto. E poi, c’è la possibilità che alcuni di voi facciano una domanda, e possiamo fare un piccolo dialogo. Ci piace questo, o no? Sì? Bene. Andiamo su questa strada”.
Così il Papa oggi ha rotto ogni schema davanti all’affetto, gli applausi, le risate. Francesco, prima di iniziare a dialogare con i ragazzi, ha parlato della “magnanimità” che apre il cuore e forma la persona:
“Noi dobbiamo essere magnanimi, con il cuore grande, senza paura. Scommettere sempre sui grandi ideali. Ma anche magnanimità con le cose piccole, con le cose quotidiane. Il cuore largo, il cuore grande … E questa magnanimità è importante trovarla con Gesù, nella contemplazione di Gesù. Gesù è quello che ci apre le finestre all’orizzonte. Magnanimità significa camminare con Gesù, con il cuore attento a quello che Gesù ci dice”.
Agli educatori e ai genitori ha ribadito la centralità della libertà, la necessità di bilanciare quei passi che ha definito tra “la sicurezza e la zona di rischio” e li ha incoraggiati a cercare nuove forme di “educazione non convenzionali, secondo la necessità di luoghi, tempi e persone”. Poi le domande dei ragazzi, il primo Francesco:
“Io cerco di essere fedele. Però, ho delle difficoltà. Ti volevo chiedere qualche parola per sostenermi in questa crescita e sostenere tutti i ragazzi come me”.
“Camminare è proprio l’arte di guardare l’orizzonte - ha detto il Papa -, pensare dove io voglio andare ma anche sopportare la stanchezza del cammino” e restare fedele a questo. Quindi, Papa Francesco invita a non avere “paura dei fallimenti, non avere paura delle cadute”:
“Nell’arte di camminare, quello che importa non è di non cadere, ma di non rimanere caduti. Alzarsi presto, subito, e continuare ad andare. E questo è bello: questo è lavorare tutti i giorni, questo è camminare umanamente. Ma anche, è brutto camminare da soli: brutto e noioso. Camminare in comunità con gli amici, con quelli che ci vogliono bene, questo ci aiuta, ci aiuta ad arrivare proprio alla meta a cui noi dobbiamo arrivare”.
La piccola Sofia ha chiesto a Papa Francesco se vede ancora gli amici:
“Ma, io sono Papa da due mesi e mezzo … I miei amici sono a 14 ore di aereo da qui, sono lontani. Ma voglio dirti una cosa: sono venuti tre, di loro, a trovarmi e a salutarmi, e li vedo e mi scrivono e voglio loro tanto bene. Non si può vivere senza amici”.
In un’atmosfera divertita Teresa ha domandato: “Ma volevi fare il Papa?”
“Ma, tu sai che cosa significa che una persona non voglia tanto bene a se stessa? Una persona che vuole, che ha voglia di fare il Papa, non vuole bene a se stessa, eh?, Dio non lo benedice, eh? No, io non ho voluto fare il Papa…”.
Mi piaceva la missionarietà dei Gesuiti. Così ha replicato sul perché della scelta vocazionale, poi ancora domande sulla decisione di vivere a Santa Marta in Vaticano, più in povertà:
“Ma, credo che non è soltanto una cosa di ricchezza. Per me è un problema di personalità … Io ho necessità di vivere fra la gente, e se io vivessi solo, forse un po’ isolato, non mi farebbe bene. Ma questa domanda me l’ha fatta un professore: ‘Ma perché lei non va ad abitare là?’. Io ho risposto: ‘Ma, mi senta, professore: per motivi psichiatrici’, eh? Perché, ma … è la mia personalità”.
Papa Francesco ha ribadito che la povertà nel mondo è uno scandalo, “un grido” in un mondo dove ci sono tante ricchezze, tante risorse” per “tutti”. “Non si può capire come ci siano tanti bambini affamati – ha stigmatizzato - ci siano tanti bambini senza educazione, tanti poveri”. “Tutti noi dobbiamo pensare se possiamo diventare un po’ più poveri”, “per assomigliare meglio a Gesù”. Dopo i ragazzi hanno chiesto se fosse stato difficile seguire la vocazione, lasciare tutto e tutti:
“Ci sono difficoltà. Ma è tanto bello seguire Gesù, andare sulla strada di Gesù, che tu poi bilanci e vai avanti. E poi arrivano momenti più belli. Ma nessuno deve pensare che nella vita non ci saranno le difficoltà. Anche io vorrei fare una domanda, adesso: come pensate voi di andare avanti con le difficoltà? Non è facile! Ma dobbiamo andare avanti con forza e con fiducia nel Signore: con il Signore, tutto si può”.
Il Santo Padre ha poi incoraggiato i giovani e parlando delle difficoltà che vive il mondo è tornando a sottolineare che “la crisi che in questo momento stiamo vivendo è una crisi della persona” perché “oggi non conta la persona”, ma “contano i soldi, conta il denaro”. E quindi è necessario “liberarci di queste strutture economiche e sociali che ci schiavizzano”. Il sorriso dei ragazzi è esploso quando il Papa, rispondendo alla curiosità di Francesco, ha spiegato che non è mai stato in Sicilia, “per ora”, ma che conosce la “bellissima regione” grazie al film Kaos ispirato a quattro racconti i Pirandello. Quindi sollecitato sul compito dei cristiani in politica, ha spiegato che è un dovere lavorare per il bene comune:
“Coinvolgersi nella politica è un obbligo, per un cristiano. Noi cristiani non possiamo giocare da Pilato, lavarci le mani: non possiamo. Dobbiamo immischiarci nella politica, perché la politica è una delle forme più alte della carità, perché cerca il bene comune. E i laici cristiani devono lavorare in politica. Lei mi dirà: ‘Ma, non è facile’. Ma neppure facile è diventare prete. Non ci sono cose facili, nella vita: non è facile. La politica è troppo sporca, ma io mi domando: è sporca, perché? Perché i cristiani non si sono immischiati con lo spirito evangelico? … è facile dire ‘la colpa è di quello’. Ma io, cosa faccio? Ma, è un dovere! Lavorare per il bene comune, è un dovere di un cristiano! E tante volte la strada per lavorare è la politica”.
Dunque Francesco è tornato a parlare direttamente ai giovani e sollecitato più volte sui mali della società, ha alzato lo sguardo sul cuore dell’uomo:
“Non lasciatevi rubare la speranza. Per favore: non lasciatevela rubare. E chi ti ruba la speranza? Lo spirito del mondo, le ricchezze, lo spirito della vanità, la superbia, l’orgoglio … tutte queste cose ti rubano la speranza. Dove trovo la speranza? In Gesù povero: Gesù che si è fatto povero per noi. E tu hai parlato di povertà. La povertà ci chiama a seminare speranza”.
Con forza ha rimarcato la centralità dell’esperienza:
“Non si può parlare di povertà, di povertà astratta: quella non esiste! La povertà è la carne di Gesù povero, in quel bambino che ha fame, in quello che è ammalato, in quelle strutture sociali che sono ingiuste … Andare, guardare laggiù la carne di Gesù. Ma non lasciatevi rubare la speranza dal benessere, dallo spirito del benessere che alla fine ti porta a diventare un niente nella vita! Il giovane deve scommettere su alti ideali: questo è il consiglio. Ma la speranza, dove la trovo? Nella carne di Gesù sofferente e nella vera povertà. C’è un collegamento tra i due”.
Poi ancora i canti, gli applausi, la commozione e la gioia, che hanno accolto Papa Francesco, lo hanno salutato al termine di questo incontro straordinario con i giovani delle Scuole dei Gesuiti in Italia e in Albania.
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