giovedì, giugno 06, 2013
La storia del fumo e delle sigarette

 di Giulia Bernini

All'inizio della civiltà il fumo era qualcosa di sacro e non un oggetto di consumo di massa. I sacerdoti Maya e Aztechi intorno al mille a.C soffiavano il fumo verso il Sole al fine di comunicare con le divinità. La 'nuvoletta' di fumo era dunque uno strumento puramente religioso. Il fumo di tabacco che noi tutti conosciamo venne descritto per la prima volta nei diari dei grandi viaggiatori e dei cronisti all'epoca della scoperta dell'America. Bartolomeo de Las Casas riportò nei suoi documenti che la popolazione precolombiana che abitava l'attuale Santo Domingo mischiava “il fiato con un'erba, chiamata pentum (tabago)” e che gli indigeni soffiavano “come dannati”. Lo stesso governatore spagnolo di Santo Domingo, Don Fernando Oviedo, aggiunse: ”Fra le molte e sataniche arti, gli indigeni ne posseggono una altamente nefasta, l'aspirazione del fumo delle foglie che chiamano tabacco e che produce in loro un profondo stato di incoscienza”.

Il tabacco veniva impiegato in vari modi: poteva essere masticato, sniffato in polvere, usato per i suoi poteri curativi, come gomma da masticare una volta mescolato con la cenere (sembra infatti che questa sostanza abbia effetti positivi sul ph della bocca e sulla salute dei denti, tant'è che gli Yanomami la usano ancora oggi). Gli indiani delle pianure del Nordamerica invece fumano la pipa solo durante cerimonie spirituali o i Consigli degli anziani.

Cristoforo Colombo portò in Europa la pianta del tabacco. Essa fu promossa come pianta medicinale dall'ambasciatore portoghese Jean Nicot nel 1560. Non a caso il principio attivo della nicotina prende il nome dallo stesso Nicot. Tuttavia il tabacco venne ben presto consumato abitualmente da marinai e soldati.

In Europa, prima della scoperta dell'America, venivano fumate altre sostanze. Gli Ariani dell'attuale Iran e gli Sciti facevano uso di semi di canapa (marijuana) per inalare fumo passivo. Lo storico e viaggiatore Erodoto raccontò che queste popolazioni si infilavano sotto una tenda, al cui interno gettavano i semi su pietre roventi; i semi in questo modo bruciavano producendo un fumo inebriante e di conseguenza “sballavano”. Prima di loro i Sumeri impiegavano l'oppio, mentre in Oriente si fumava l'hashish.

Nel corso del XVII sec. in Inghilterra l'uso del tabacco si diffuse anche tra gli intellettuali e perfino tra le donne. Pittori e artisti iniziarono a diffondere l'immagine del fumatore borghese che, durante cene ed avvenimenti, si assentava in stanze adibite al consumo di tabacco. Qui il fumatore indossava una giacca specifica, chiamata smoking, che veniva poi lasciata quando si ritornava nella sala da pranzo, dove ci si rimetteva la propria, in modo tale da non infastidire i commensali con l'odore del fumo.

Le sigarette vere e proprie vennero inventate dai soldati musulmani che nel 1832, durante l'assedio alla città di San Giovanni d'Acri, infilarono il tabacco nei cilindri di carta in cui veniva conservata la polvere da sparo.

Durante la Rivoluzione Industriale tutti i Paesi europei cominciarono a produrre le sigarette, che in seguito divennero una sorta di doping per i soldati al fronte. Furono addirittura consigliate ai prelati per contrastare le tentazioni sessuali e alle persone che per mantenere la linea fumavano invece che mangiare dolci. Successivamente furono inventate e sperimentate nuove composizioni di tabacco, più leggere o aromatiche, ma che comunque provocavano effetti di dipendenza.

Nel 1880 fu creata una macchina per confezionare sigarette a poco prezzo; nella Seconda Guerra Mondiale le stecche di sigarette che i soldati americani ricevevano gratuitamente sostituivano il denaro delle transizioni al mercato nero. Nonostante le numerose tassazioni al consumo di tabacco che effettuarono i vari governi, tutti negli anni Cinquanta e Sessanta fumavano. Le sigarette divennero dunque una droga di stato e trasformarono l'usanza sacra e saltuaria del fumo in vizio quotidiano.


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