Giovanni XXIII invitava tutti gli uomini e tutti i popoli a dare il loro contributo per l'edificazione della nuova casa mondiale
Un anniversario a mio avviso molto importante nel panorama delle notizie giornalistiche sta nel 50° anniversario dell’enciclica “Pacem In Terris” di Giovanni XXIII, che continua a dispiegare ancora oggi la sua attualità. E’ stata quella che ha anticipato la più importante Costituzione dogmatica “Gaudium et spes” frutto dei lavori del Concilio Vaticano II. I suoi contenuti sono stati i primi che hanno caratterizzato l’apertura della Chiesa al mondo e hanno fatto riscoprire la dignità della donna e l’autodeterminazione di tutti i popoli, valorizzando il loro diritto a vivere e ad essere tutti equamente protagonisti nella scena internazionale. Ricordo l’intervento del responsabile della diplomazia vaticana che ho avuto il piacere di intervistare all’Università della Santa Croce qualche anno fa: egli diceva di quanta importanza i popoli emergenti davano al pensiero sociale e internazionale della Chiesa. Ma non solo loro: anche gli altri rappresentanti dell’Onu, ogni qualvolta Mons. Justo Mullor prendeva la parola (rappresentando il Papa), lo ascoltavano indistintamente in religioso silenzio, perché avevano la più alta considerazione del pensiero cattolico (stimato per la grande autorevolezza grazie anche alle 13 encicliche di Papa Roncalli).
L’enciclica inoltre ha avuto una grande importanza per scongiurare lo scoppio della terza guerra mondiale, e insieme all’intervento di Giovanni XXIII nell’episodio della crisi di Cuba si colloca come un dono miracoloso di Dio, che ha ispirato il Papa “buono” a far sì che i due “litiganti” Kennedy e Krusciov si dessero la mano. Giorgio La Pira, del quale si attende a breve la beatificazione, commentava che la ‘Pacem in Terris’ era proprio un dono di Dio agli uomini del suo tempo e a quelli delle generazioni successive: “E’ proprio vero: l'unità dei cristiani - che sembrava una utopia pensare appena qualche anno fa - è già felicemente passata (in questo senso) attraverso le porte di speranza e di carità aperte da Giovanni XXIII; e la pace delle nazioni - che sembrava utopia pensare sino ad un anno fa - è già felicemente passata attraverso le porte di immensa speranza e di infinito amore aperte da Giovanni XXIII a tutto il genere umano con il Concilio e con la Pacem in terris”. Un frutto di santità quindi di quel Papa che doveva essere solo di transizione e che invece ha determinato con incisione la storia della Chiesa contemporanea. È proprio il caso di dire che “la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d’angolo”.
Questa Enciclica mostra una struttura inedita e singolare: è in pratica un manifesto con cui Giovanni XXIII invitava tutti gli uomini e tutti i popoli, senza discriminazione e senza esclusione alcuna (cattolici e non cattolici, battezzati e non battezzati, credenti e non credenti), a dare il loro contributo per l'edificazione della nuova casa mondiale dei popoli, una casa destinata a ospitare, nella feconda pace e nella articolata unità, l'intera famiglia delle genti.
Ed è per tutto questo che a Roma due appuntamenti ricordano il 50° dell’enciclica Pacem in Terris: un volume e un dibattito sulla sua attualità politica all’Istituto Luigi Sturzo e un convegno alla Camera dei deputati, entrambi introdotti da Albino Gorini, presidente della Fisba-Fat Fondazione. “Continuiamo la pubblicazione della collana sulla dottrina sociale della Chiesa - spiegano gli organizzatori - con la presentazione del nuovo testo ‘Dalla Quadragesimo Anno alla Pacem in Terris’ a cura di monsignor Franco Appi”. Alla presentazione segue il dibattito odierno al quale interverranno, tra gli altri, Rocco Buttiglione, Ernesto Preziosi, Andrea Olivero e Raffaele Bonanni. Presente il curatore del volume.
‘La persona soggetto di diritti e di doveri per una convivenza ordinata’ è invece il tema del convegno alla Camera. “Un’iniziativa di studio e di riflessione - dicono gli organizzatori - per riattualizzare il messaggio dell’enciclica in questo momento storico molto frammentato in cui la convivenza pacifica tra i popoli è spesso messa a dura prova”. Ad offrire il proprio contributo l’economista Giampiero Bianchi, i sociologi Giuseppe De Rita e Mauro Magatti, il giurista Cesare Mirabelli e monsignor Mario Toso, segretario Pontificio Consiglio Giustizia e Pace.
di Carlo Mafera
Un anniversario a mio avviso molto importante nel panorama delle notizie giornalistiche sta nel 50° anniversario dell’enciclica “Pacem In Terris” di Giovanni XXIII, che continua a dispiegare ancora oggi la sua attualità. E’ stata quella che ha anticipato la più importante Costituzione dogmatica “Gaudium et spes” frutto dei lavori del Concilio Vaticano II. I suoi contenuti sono stati i primi che hanno caratterizzato l’apertura della Chiesa al mondo e hanno fatto riscoprire la dignità della donna e l’autodeterminazione di tutti i popoli, valorizzando il loro diritto a vivere e ad essere tutti equamente protagonisti nella scena internazionale. Ricordo l’intervento del responsabile della diplomazia vaticana che ho avuto il piacere di intervistare all’Università della Santa Croce qualche anno fa: egli diceva di quanta importanza i popoli emergenti davano al pensiero sociale e internazionale della Chiesa. Ma non solo loro: anche gli altri rappresentanti dell’Onu, ogni qualvolta Mons. Justo Mullor prendeva la parola (rappresentando il Papa), lo ascoltavano indistintamente in religioso silenzio, perché avevano la più alta considerazione del pensiero cattolico (stimato per la grande autorevolezza grazie anche alle 13 encicliche di Papa Roncalli).
L’enciclica inoltre ha avuto una grande importanza per scongiurare lo scoppio della terza guerra mondiale, e insieme all’intervento di Giovanni XXIII nell’episodio della crisi di Cuba si colloca come un dono miracoloso di Dio, che ha ispirato il Papa “buono” a far sì che i due “litiganti” Kennedy e Krusciov si dessero la mano. Giorgio La Pira, del quale si attende a breve la beatificazione, commentava che la ‘Pacem in Terris’ era proprio un dono di Dio agli uomini del suo tempo e a quelli delle generazioni successive: “E’ proprio vero: l'unità dei cristiani - che sembrava una utopia pensare appena qualche anno fa - è già felicemente passata (in questo senso) attraverso le porte di speranza e di carità aperte da Giovanni XXIII; e la pace delle nazioni - che sembrava utopia pensare sino ad un anno fa - è già felicemente passata attraverso le porte di immensa speranza e di infinito amore aperte da Giovanni XXIII a tutto il genere umano con il Concilio e con la Pacem in terris”. Un frutto di santità quindi di quel Papa che doveva essere solo di transizione e che invece ha determinato con incisione la storia della Chiesa contemporanea. È proprio il caso di dire che “la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d’angolo”.
Questa Enciclica mostra una struttura inedita e singolare: è in pratica un manifesto con cui Giovanni XXIII invitava tutti gli uomini e tutti i popoli, senza discriminazione e senza esclusione alcuna (cattolici e non cattolici, battezzati e non battezzati, credenti e non credenti), a dare il loro contributo per l'edificazione della nuova casa mondiale dei popoli, una casa destinata a ospitare, nella feconda pace e nella articolata unità, l'intera famiglia delle genti.
Ed è per tutto questo che a Roma due appuntamenti ricordano il 50° dell’enciclica Pacem in Terris: un volume e un dibattito sulla sua attualità politica all’Istituto Luigi Sturzo e un convegno alla Camera dei deputati, entrambi introdotti da Albino Gorini, presidente della Fisba-Fat Fondazione. “Continuiamo la pubblicazione della collana sulla dottrina sociale della Chiesa - spiegano gli organizzatori - con la presentazione del nuovo testo ‘Dalla Quadragesimo Anno alla Pacem in Terris’ a cura di monsignor Franco Appi”. Alla presentazione segue il dibattito odierno al quale interverranno, tra gli altri, Rocco Buttiglione, Ernesto Preziosi, Andrea Olivero e Raffaele Bonanni. Presente il curatore del volume.
‘La persona soggetto di diritti e di doveri per una convivenza ordinata’ è invece il tema del convegno alla Camera. “Un’iniziativa di studio e di riflessione - dicono gli organizzatori - per riattualizzare il messaggio dell’enciclica in questo momento storico molto frammentato in cui la convivenza pacifica tra i popoli è spesso messa a dura prova”. Ad offrire il proprio contributo l’economista Giampiero Bianchi, i sociologi Giuseppe De Rita e Mauro Magatti, il giurista Cesare Mirabelli e monsignor Mario Toso, segretario Pontificio Consiglio Giustizia e Pace.
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