Non solo ha nuotato per 20 Km, ma lo ha fatto in condizioni che hanno dell’incredibile: la campionessa iraniana Elham Asghari anche in acqua è costretta ad indossare una muta da sub, un hijab lungo fino ai piedi e una cuffia a sua volta coperta da un foulard.
Con quell’equipaggiamento, lo scorso 11 giugno, Elham ha portato a termine un’impresa da record: ha nuotato per 20 Km in mare aperto a largo di Noshar (Mar Caspio). L’impresa, che si è conclusa in meno di sei ore, ha fatto conquistare alla sportiva il nuovo record nazionale, ma nessuno è intenzionato riconoscerglielo. Gli Ayatollah si dichiarano scandalizzati dal suo costume ritenuto “troppo osé”, ma dietro questo pretesto, si cela un ben più profonda polemica: in Iran il nuoto è un privilegio di appannaggio esclusivamente maschile: le donne possono utilizzare le piscine solo in giorni e orari prefissati e sono costrette a frequentare spiagge “femminili” dove devono comunque stare completamente vestite.
Elham aveva già combattuto contro questi divieti: nel 2010 aveva tentato di circumnavigare l’isola di Kish, nel Golfo Persico, e dopo 5 chilometri, venne letteralmente investita dalla barca della polizia che cercava di fermarla. In quell’occasione riportò una lieve ferita alla gamba.
Dopo 3 anni, la campionessa non demorde e lancia un appello anche attraverso la rete, coadiuvata dal video blogger Farvartish Rezvaniyeh e da altri intellettuali iraniani che sostengono la sua causa: i filmati mostrano la necessità di un cambiamento radicale che favorisca il miglioramento della condizione delle donne.
Con quell’equipaggiamento, lo scorso 11 giugno, Elham ha portato a termine un’impresa da record: ha nuotato per 20 Km in mare aperto a largo di Noshar (Mar Caspio). L’impresa, che si è conclusa in meno di sei ore, ha fatto conquistare alla sportiva il nuovo record nazionale, ma nessuno è intenzionato riconoscerglielo. Gli Ayatollah si dichiarano scandalizzati dal suo costume ritenuto “troppo osé”, ma dietro questo pretesto, si cela un ben più profonda polemica: in Iran il nuoto è un privilegio di appannaggio esclusivamente maschile: le donne possono utilizzare le piscine solo in giorni e orari prefissati e sono costrette a frequentare spiagge “femminili” dove devono comunque stare completamente vestite.
Elham aveva già combattuto contro questi divieti: nel 2010 aveva tentato di circumnavigare l’isola di Kish, nel Golfo Persico, e dopo 5 chilometri, venne letteralmente investita dalla barca della polizia che cercava di fermarla. In quell’occasione riportò una lieve ferita alla gamba.
Dopo 3 anni, la campionessa non demorde e lancia un appello anche attraverso la rete, coadiuvata dal video blogger Farvartish Rezvaniyeh e da altri intellettuali iraniani che sostengono la sua causa: i filmati mostrano la necessità di un cambiamento radicale che favorisca il miglioramento della condizione delle donne.
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È presente 1 commento
Mi piace che poi si parli di integrazione! Le culture sono distanti anni luce. Inutile voler dimostrare il contrario. Purtroppo!
Antonella
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