“Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me”
Radio Vaticana - La perentoria frase con cui Gesù istruisce i discepoli, riferita da Matteo nel Vangelo della liturgia di ieri, richiama alla mente le molte circostanze in cui, con osservazioni incisive, Papa Francesco ha posto in risalto l’importanza della Croce per ogni cristiano, sacerdote e laico. Del resto, ha osservato una volta senza mezzi termini, “un cristianesimo senza croce” è un cristianesimo fermo “a metà cammino”. Alessandro De Carolis ricorda alcune pensieri del Papa in questo servizio: ascolta
La Chiesa come quelle miniature che stanno nelle palle di vetro, esteticamente carina ma falsa e chiusa, come un bozzolo caldo e tranquillo nel quale prosperare senza troppi problemi. Se c’è un’immagine di Chiesa che Papa Francesco ha preso a smantellare sin dalla prima ora del suo Pontificato è questa: il salotto buono dove fare “cultura” cristiana, pulita e impegnata, senza che sulle mani di chi dice di appartenervi vi siano i calli della carità e sotto le unghie la terra del Calvario. Perché se diciamo Chiesa – ha ripetuto già molte volte e in sostanza il Papa – diciamo Croce, ovvero vediamo la nuda realtà del momento in cui tutto è nato, senza l’ipocrisia di certi allori:
“Il trionfalismo nella Chiesa, ferma la Chiesa. Il trionfalismo nei cristiani, ferma i cristiani. E’ una Chiesa trionfalista, è una Chiesa a metà cammino (…) Ma una Chiesa che rinnega i martiri, perché non sa che i martiri sono necessari alla Chiesa per il cammino di Croce. Una Chiesa che soltanto pensa ai trionfi, ai successi, che non sa quella regola di Gesù: la regola del trionfo tramite il fallimento, il fallimento umano, il fallimento della Croce. E questa è una tentazione che tutti noi abbiamo”. (Messa a S. Marta, 29 maggio 2013)
Tentazione generale che si “declina” in forme differenti a seconda dello stato di vita di un cristiano, ma che alla fine si traduce in un’unica spinta: cercare di fuggirla. Così, in quattro mesi, Papa Francesco ha passato in rassegna la Chiesa in ogni ordine e grado per reinnestare giù in profondità, nel tessuto connettivo della fede di ogni categoria di credenti, la verità che scaturisce dal sacrificio di Cristo. Ai vescovi, citando il Papa emerito, ha detto:
“Voi siete principi, ma di un Re crocifisso. Quello è il trono di Gesù. Gesù prende su di sé... Perché la Croce? Perché Gesù prende su di sé il male, la sporcizia, il peccato del mondo, anche il nostro peccato, di tutti noi, e lo lava, lo lava con il suo sangue, con la misericordia, con l’amore di Dio (...) Questo è il bene che Gesù fa a tutti noi sul trono della Croce. La croce di Cristo abbracciata con amore mai porta alla tristezza, ma alla gioia, alla gioia di essere salvati e di fare un pochettino quello che ha fatto Lui quel giorno della sua morte”. (Messa Domenica delle Palme, 24 marzo 2013)
È l’eterno paradosso della Croce: in chi la abbraccia, con generosità, il massimo dolore produce il frutto opposto, la gioia. E frutti:
“La fecondità pastorale, la fecondità dell’annuncio del Vangelo non è data né dal successo, né dall’insuccesso secondo criteri di valutazione umana, ma dal conformarsi alla logica della Croce di Gesù, che è la logica dell’uscire da se stessi e donarsi, la logica dell’amore. È la Croce - sempre la Croce con Cristo, perché a volte ci offrono la croce senza Cristo: questa non va! – E’ la Croce, sempre la Croce con Cristo che garantisce la fecondità della nostra missione”. (Messa con seminaristi, novizie e novizie, 7 luglio 2013)
E come un catechista, ogni giorno, con la medesima intensità – da una finestra su 100 mila persone o da un altare davanti a 50 – Papa Francesco spiega a tutti, donne e uomini, ciò che la Chiesa e i Santi annunciano e testimoniano da due millenni, che la Croce di Cristo è un legno che parla di “amore, misericordia, perdono”:
“Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva (…) La parola della Croce è anche la risposta dei cristiani al male che continua ad agire in noi e intorno a noi”. (Via Crucis al Colosseo, 30 marzo 2013)
La scorsa Domenica delle Palme, una platea di giovani guardava da Piazza S. Pietro il nuovo Papa, da lui riosservata con affetto. E anche a chi sarà la spina dorsale della Chiesa di domani, Papa Francesco ha voluto affidare un pensiero sulla Croce – la stessa tra pochi giorni girerà per le strade della Gmg di Rio – e soprattutto sul Dio che vi si è lasciato inchiodare sopra:
“È un Re che ama fino alla croce e che ci insegna a servire, ad amare. E voi non avete vergogna della sua Croce! Anzi, la abbracciate, perché avete capito che è nel dono di sé, nel dono di sé, nell’uscire da se stessi, che si ha la vera gioia e che con l’amore di Dio Lui ha vinto il male. Voi portate la Croce pellegrina attraverso tutti i continenti, per le strade del mondo! La portate rispondendo all’invito di Gesù ‘Andate e fate discepoli tutti i popoli’, che è il tema della Giornata della Gioventù di quest’anno”. (Messa Domenica delle Palme, 24 marzo 2013)
Radio Vaticana - La perentoria frase con cui Gesù istruisce i discepoli, riferita da Matteo nel Vangelo della liturgia di ieri, richiama alla mente le molte circostanze in cui, con osservazioni incisive, Papa Francesco ha posto in risalto l’importanza della Croce per ogni cristiano, sacerdote e laico. Del resto, ha osservato una volta senza mezzi termini, “un cristianesimo senza croce” è un cristianesimo fermo “a metà cammino”. Alessandro De Carolis ricorda alcune pensieri del Papa in questo servizio: ascolta
La Chiesa come quelle miniature che stanno nelle palle di vetro, esteticamente carina ma falsa e chiusa, come un bozzolo caldo e tranquillo nel quale prosperare senza troppi problemi. Se c’è un’immagine di Chiesa che Papa Francesco ha preso a smantellare sin dalla prima ora del suo Pontificato è questa: il salotto buono dove fare “cultura” cristiana, pulita e impegnata, senza che sulle mani di chi dice di appartenervi vi siano i calli della carità e sotto le unghie la terra del Calvario. Perché se diciamo Chiesa – ha ripetuto già molte volte e in sostanza il Papa – diciamo Croce, ovvero vediamo la nuda realtà del momento in cui tutto è nato, senza l’ipocrisia di certi allori:
“Il trionfalismo nella Chiesa, ferma la Chiesa. Il trionfalismo nei cristiani, ferma i cristiani. E’ una Chiesa trionfalista, è una Chiesa a metà cammino (…) Ma una Chiesa che rinnega i martiri, perché non sa che i martiri sono necessari alla Chiesa per il cammino di Croce. Una Chiesa che soltanto pensa ai trionfi, ai successi, che non sa quella regola di Gesù: la regola del trionfo tramite il fallimento, il fallimento umano, il fallimento della Croce. E questa è una tentazione che tutti noi abbiamo”. (Messa a S. Marta, 29 maggio 2013)
Tentazione generale che si “declina” in forme differenti a seconda dello stato di vita di un cristiano, ma che alla fine si traduce in un’unica spinta: cercare di fuggirla. Così, in quattro mesi, Papa Francesco ha passato in rassegna la Chiesa in ogni ordine e grado per reinnestare giù in profondità, nel tessuto connettivo della fede di ogni categoria di credenti, la verità che scaturisce dal sacrificio di Cristo. Ai vescovi, citando il Papa emerito, ha detto:
“Voi siete principi, ma di un Re crocifisso. Quello è il trono di Gesù. Gesù prende su di sé... Perché la Croce? Perché Gesù prende su di sé il male, la sporcizia, il peccato del mondo, anche il nostro peccato, di tutti noi, e lo lava, lo lava con il suo sangue, con la misericordia, con l’amore di Dio (...) Questo è il bene che Gesù fa a tutti noi sul trono della Croce. La croce di Cristo abbracciata con amore mai porta alla tristezza, ma alla gioia, alla gioia di essere salvati e di fare un pochettino quello che ha fatto Lui quel giorno della sua morte”. (Messa Domenica delle Palme, 24 marzo 2013)
È l’eterno paradosso della Croce: in chi la abbraccia, con generosità, il massimo dolore produce il frutto opposto, la gioia. E frutti:
“La fecondità pastorale, la fecondità dell’annuncio del Vangelo non è data né dal successo, né dall’insuccesso secondo criteri di valutazione umana, ma dal conformarsi alla logica della Croce di Gesù, che è la logica dell’uscire da se stessi e donarsi, la logica dell’amore. È la Croce - sempre la Croce con Cristo, perché a volte ci offrono la croce senza Cristo: questa non va! – E’ la Croce, sempre la Croce con Cristo che garantisce la fecondità della nostra missione”. (Messa con seminaristi, novizie e novizie, 7 luglio 2013)
E come un catechista, ogni giorno, con la medesima intensità – da una finestra su 100 mila persone o da un altare davanti a 50 – Papa Francesco spiega a tutti, donne e uomini, ciò che la Chiesa e i Santi annunciano e testimoniano da due millenni, che la Croce di Cristo è un legno che parla di “amore, misericordia, perdono”:
“Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva (…) La parola della Croce è anche la risposta dei cristiani al male che continua ad agire in noi e intorno a noi”. (Via Crucis al Colosseo, 30 marzo 2013)
La scorsa Domenica delle Palme, una platea di giovani guardava da Piazza S. Pietro il nuovo Papa, da lui riosservata con affetto. E anche a chi sarà la spina dorsale della Chiesa di domani, Papa Francesco ha voluto affidare un pensiero sulla Croce – la stessa tra pochi giorni girerà per le strade della Gmg di Rio – e soprattutto sul Dio che vi si è lasciato inchiodare sopra:
“È un Re che ama fino alla croce e che ci insegna a servire, ad amare. E voi non avete vergogna della sua Croce! Anzi, la abbracciate, perché avete capito che è nel dono di sé, nel dono di sé, nell’uscire da se stessi, che si ha la vera gioia e che con l’amore di Dio Lui ha vinto il male. Voi portate la Croce pellegrina attraverso tutti i continenti, per le strade del mondo! La portate rispondendo all’invito di Gesù ‘Andate e fate discepoli tutti i popoli’, che è il tema della Giornata della Gioventù di quest’anno”. (Messa Domenica delle Palme, 24 marzo 2013)
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