Palazzo Chigi richiama all’ordine tutti i membri del governo Letta: “Pubblicate online i vostri redditi”
Trasparenza: questa sembra essere la parola d’ordine della nuova politica italiana… ma nella realtà dei fatti risulta essere piuttosto difficile da attuare. I membri del governo Letta, in applicazione delle normative sulla trasparenza avranno tempo fino al 28 luglio per pubblicare i loro redditi online
di Simona Santullo
In base al decreto legislativo 33/2013, tutte le amministrazioni dello Stato sono obbligate a informare i cittadini su ogni passaggio di denaro pubblico: dagli appalti agli stipendi dei manager, dai pagamenti dei contratti alle consulenze. Sempre secondo la stessa legge inoltre, entro tre mesi dalla loro elezione o dalla loro nomina i titolari di incarichi politici sono tenuti a pubblicare non solo i loro redditi ma anche quelli del coniuge e dei familiari entro il secondo grado (purché essi vi consentano, ed in caso contrario va specificato). Non solo: dovranno essere indicati l’atto di nomina o di proclamazione, con la durata dell’incarico o del mandato elettivo, il curriculum dei compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica, i viaggi di servizio e le missioni pagate con fondi pubblici. Similmente dovranno essere messi on line anche tutti i dati relativi all’assunzione di altre cariche presso enti pubblici o privati e i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti e gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica, con l’indicazione dei compensi.
Per i Ministri, tutto ciò dovrà esser fatto “sulla base di una scheda sulla trasparenza della posizione patrimoniale e reddituale dei titolari di cariche di governo che si trova sul sito di Palazzo Chigi. Sempre secondo il decreto legislativo in questione, la mancata o incompleta comunicazione delle informazioni previste dà luogo a una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della mancata comunicazione, e il relativo provvedimento è pubblicato sul sito internet dell'amministrazione o organismo interessato”.
Con una circolare che porta la firma del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Patroni Griffi vengono quindi richiamati all’ordine i ministri, che devono rendere pubblica la loro situazione patrimoniale a tre mesi dall'insediamento. La direttiva è stata rispettata solo da una piccola minoranza del governo, tra cui spunta ovviamente il premier Enrico Letta, che ha messo online il proprio curriculum e le proprie dichiarazioni patrimoniali (ma non quelle della moglie). Totalmente assenti i dati relativi alla dichiarazione dei redditi del vicepremier Alfano, mentre il Ministro per la Funzione Pubblica Giampiero D’Alia ha inviato a Patroni Griffi e all’Antitrust la sua dichiarazione dei redditi e quella della moglie.
La lodevole iniziativa di Letta (ereditata da Monti) ha come obiettivo che lo Stato diventi come una “casa di vetro”. Il modello è di ispirazione anglosassone e serve a “tenere a bada” i conflitti di interesse, prevenire la corruzione e consentire agli elettori di monitorare l'operato di manager e amministratori pubblici.
Si continua inoltre a lavorare per tagliare i costi della politica: la prossima settimana infatti il Comitato per gli affari del personale della Camera presenterà ai sindacati le misure che l’amministrazione di Montecitorio intende attuare per contenere la spesa. Misure ancora sconosciute, ma che potrebbero colpire anche gli onorevoli e non solo i dipendenti del Parlamento. I tagli sono allo studio anche al Senato, che in tal senso sta lavorando a braccetto con Montecitorio.
di Simona Santullo
In base al decreto legislativo 33/2013, tutte le amministrazioni dello Stato sono obbligate a informare i cittadini su ogni passaggio di denaro pubblico: dagli appalti agli stipendi dei manager, dai pagamenti dei contratti alle consulenze. Sempre secondo la stessa legge inoltre, entro tre mesi dalla loro elezione o dalla loro nomina i titolari di incarichi politici sono tenuti a pubblicare non solo i loro redditi ma anche quelli del coniuge e dei familiari entro il secondo grado (purché essi vi consentano, ed in caso contrario va specificato). Non solo: dovranno essere indicati l’atto di nomina o di proclamazione, con la durata dell’incarico o del mandato elettivo, il curriculum dei compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica, i viaggi di servizio e le missioni pagate con fondi pubblici. Similmente dovranno essere messi on line anche tutti i dati relativi all’assunzione di altre cariche presso enti pubblici o privati e i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti e gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica, con l’indicazione dei compensi.
Per i Ministri, tutto ciò dovrà esser fatto “sulla base di una scheda sulla trasparenza della posizione patrimoniale e reddituale dei titolari di cariche di governo che si trova sul sito di Palazzo Chigi. Sempre secondo il decreto legislativo in questione, la mancata o incompleta comunicazione delle informazioni previste dà luogo a una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della mancata comunicazione, e il relativo provvedimento è pubblicato sul sito internet dell'amministrazione o organismo interessato”.
Con una circolare che porta la firma del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Patroni Griffi vengono quindi richiamati all’ordine i ministri, che devono rendere pubblica la loro situazione patrimoniale a tre mesi dall'insediamento. La direttiva è stata rispettata solo da una piccola minoranza del governo, tra cui spunta ovviamente il premier Enrico Letta, che ha messo online il proprio curriculum e le proprie dichiarazioni patrimoniali (ma non quelle della moglie). Totalmente assenti i dati relativi alla dichiarazione dei redditi del vicepremier Alfano, mentre il Ministro per la Funzione Pubblica Giampiero D’Alia ha inviato a Patroni Griffi e all’Antitrust la sua dichiarazione dei redditi e quella della moglie.
La lodevole iniziativa di Letta (ereditata da Monti) ha come obiettivo che lo Stato diventi come una “casa di vetro”. Il modello è di ispirazione anglosassone e serve a “tenere a bada” i conflitti di interesse, prevenire la corruzione e consentire agli elettori di monitorare l'operato di manager e amministratori pubblici.
Si continua inoltre a lavorare per tagliare i costi della politica: la prossima settimana infatti il Comitato per gli affari del personale della Camera presenterà ai sindacati le misure che l’amministrazione di Montecitorio intende attuare per contenere la spesa. Misure ancora sconosciute, ma che potrebbero colpire anche gli onorevoli e non solo i dipendenti del Parlamento. I tagli sono allo studio anche al Senato, che in tal senso sta lavorando a braccetto con Montecitorio.
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