mercoledì, luglio 10, 2013
Sono passati 70 anni dal 9 luglio 1943, quando le forze alleate investono come un ciclone la Fortezza Europa per la prima volta, il gigantesco apparato militare dell’operazione Husky, arriva sulla costa siciliana. E’ di fatto la più imponente azione anfibia che si sia mai vista, superata solo l’anno successivo dallo sbarco in Normandia.  

Youreporternews - La storia la fanno i vincitori, non ci sono dubbi, e anche gli sconfitti, se questi in seguito, già poche settimane dopo diventano “cobelligeranti” e poi negli anni stretti alleati. Così sui classici di storia militare lo sbarco in Sicilia è riportato come una sorta di passeggiata bellica nel ventre molle dell’Asse, con truppe italiane inesistenti, e la sola eccezione della divisione Goering a dare filo da torcere. Per il resto una serie di entrate trionfali nelle città liberate con la popolazione giubilante. Al massimo, grazie all’arte di geni della fotografia come Robert Capa (GUARDA), una sorta di ricerca antropologica tra compari e vecchi contadini, e italiani tutt’altro che i guerrieri forgiati da 20 anni di propaganda posticcia mussoliniana.

La realtà storica, sempre negletta, emerge solo a tratti. Il quadro complessivo, sia chiaro, non cambia, nei suoi risultati. Le ricerche più recenti cambiano invece, e di molto, il quadro idilliaco. Già da anni Andrea Augello con il suo libro “Uccidi gli Italiani” (Mursia),racconta con quanta forza e coraggio alcuni reparti italiani combatterono, tanto da mettere in dubbio le prime ore dell’operazione degli alleati con scarsi mezzi. Il destino, sia chiaro, restava segnato, ma negare il coraggio degli italiani (come accadde per le tenaci battaglie in Nordafrica) fu sempre una precisa scelta propagandistica prima inglese poi alleata. Una tenacia che invece fu pagata cara. Le truppe americane si lasciarono andare in vari episodi a fatti di sangue non degni di nessun esercito: ormai nota la strage di Biscari, del 14 luglio, dove 70 italiani e 4 tedeschi, quasi tutti semplici soldati, vennero trucidati senza pietà e senza motivo. Nell’ultima edizione emergono i nomi, quasi i volti, di questi fantasmi della storia dimenticati. Questo si intreccia al lavoro di Domenico Anfora e Stefano Pepi, “Obiettivo Biscari” (sempre Mursia) che racconta dei sei giorni di battaglie attorno a Gela, del sangue versato che fece dello sbarco tutto fuorchè una passeggiata. Gli autori ritornano con elementi e dati importanti sulle stragi di Biscari e di Comiso, oltre ad un altro grave episodio a Vittoria.

Raccontarne i risvolti e contrapporsi alle vulgate che ancora dominano libri e documentari è il miglior servizio che si possa fare ad un episodio determinante della seconda guerra mondiale, troppo spesso inquadrato come “secondario”. Non lo fu né per chi vi partecipò, né per la storia

di Angelo Cimarosti


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