Nonostante la crisi che attanaglia le amministrazioni locali, siamo comunque dentro una fase di transizione che durerà forse un paio di decenni, dopo i quali non si parlerà più di smart grids o smart cities, perché questa sarà la caratteristica dominante della gran parte delle reti elettriche e una connotazione usuale degli agglomerati urbani.
Qualenergia - Le smart cities, oltre ad essere un tema sul quale si stanno concentrando elaborazioni teoriche e sperimentazioni puntuali, sono diventate un obiettivo verso cui lanciare ambiziosi progetti di diverse Amministrazioni locali. Nell’attuale fase di profonda crisi, il percorso Smart rappresenta, analogamente all’adesione al programma europeo del “Patto dei Sindaci per il clima”, una suggestione ideale e contemporaneamente la speranza di attirare finanziamenti e migliorare la vivibilità e la capacità di creare ricchezza nei propri territori.
Intanto come possiamo qualificare le smart cities? Una “città intelligente” che favorisce un coinvolgimento attivo dei cittadini, dove la pervasività dell’Information Communication Technology (ICT) consente di valorizzare le risorse umane, facilitare i servizi. Ma per essere “smart” dovrà avere anche una forte connotazione sul versante ambientale dall’energia alla mobilità, dai rifiuti alla qualità dell’aria.
Fare meglio utilizzando minori risorse grazie all’ausilio di tecnologie informatiche e all’attivazione di processi partecipativi: è questo il potenziale contributo di quell’insieme di approcci metodologici e soluzioni tecnologiche che stanno emergendo in diverse aree urbane del pianeta e che vanno sotto il nome di “smart cities”.
Le città si possono considerare delle isole a forte crescita entropica; l’utilizzo dell’ICT e il coinvolgimento dei cittadini può consentire di alleggerire in maniera decisiva l’impatto ambientale e l’uso delle risorse, favorire la competitività, migliorare la vivibilità, creare valore. Ma quale ruolo possono svolgere le risposte smart in ambito urbano nell’attuale fase di crisi economica e ambientale che vede appannato lo stesso concetto di futuro?
Proprio quando mancano certezze va recuperata una “visione” e al tempo stesso vanno ricercati nuovi strumenti. Bussola e bit. Il tutto gestito con un forte livello di partecipazione.
A fronte di un modello in profonda crisi, le soluzioni “smart” possono agevolare il passaggio da una crescita lineare che divora risorse sempre meno disponibili a uno sviluppo “circolare” che minimizzi l’uso di energia, acqua, materiali e che ottimizzi la risorsa tempo. Per farlo, si deve trasformare il sistema neurale primitivo delle nostre tecnostrutture in una rete molto più sofisticata in grado di gestire segnali multidirezionali. Questa evoluzione, già presente in una serie di servizi, sta trasformando le reti elettriche e inciderà significativamente sul sistema dei trasporti, sulle nostre case, sulle attività produttive, sui nostri modelli di vita e di lavoro.
Le soluzioni smart sono infatti in grado di fornire risposte efficaci nel caso di sistemi tipicamente
complessi. Un esempio viene dalla connessione di elevate potenze solari ed eoliche alle reti elettriche: per riuscire a far dialogare una domanda che varia istante per istante con una generazione intermittente occorrono “smart grids” che consentano di agire sulla produzione, sui sistemi di accumulo e sulla modulazione della richiesta di energia. Oppure, pensiamo ai sofisticati sistemi di controllo del traffico che governano i semafori in funzione del flusso dei veicoli e della concentrazione di inquinanti nell’aria. Altro esempio è l’utilizzo di una app come Waze, recentemente acquistata da Google per 1 miliardo di dollari, che fornisce informazioni sul traffico grazie agli input di milioni di iscritti, smart drivers, che inviano informazioni in automatico dal loro mezzo di trasporto.
Per restare nel campo della mobilità, possiamo immaginare in futuro una “smart city cloud” che permetterà di individuare dal proprio cellulare il mix di opzioni disponibili per raggiungere una certa destinazione: fermate limitrofe e tempi di passaggio dei mezzi pubblici, localizzazione delle postazioni di bike e car sharing, taxi con le tariffe più economiche. Ma, ancora a monte, che favorirà la possibilità di organizzare le attività evitando gli spostamenti.
L’introduzione di intelligenza nei sistemi favorisce la decarbonizzazione del sistema energetico, consente di ridurre i livelli di congestione e delle emissioni inquinanti, facilita la quantità e la qualità della raccolta differenziata, aumenta la resilienza e la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici.
La continua riduzione dei costi dell’ICT sta favorendo quel salto gestionale necessario a combinare le potenzialità delle città digitalizzate e gli obiettivi delle città ecocompatibili facendole evolvere verso le smart cities.
Siamo in una fase di transizione che durerà un paio di decenni, dopo i quali non si parlerà più di smart grids o smart cities, perché questa sarà la caratteristica dominante della maggior parte delle reti elettriche e una connotazione usuale degli agglomerati urbani. Esattamente come la benzina verde che ha perso la colorazione e il riferimento “verde” o la “green economy” che sul medio periodo diventerà semplicemente economy.
La possibilità di applicare soluzioni smart alle città apre molte opportunità. Come avviare uno sviluppo equilibrato utilizzando tecnologie interconnesse, sostenibili, confortevoli, stimolando la partecipazione dei cittadini, creando valore mettendo in connessione i diversi saperi: questa è la sfida per aggregati urbani sempre più complessi.
Per ora le applicazioni sono su singole aree. L’informazione, la condivisione e la possibilità di modificare i comportamenti o il funzionamento delle tecnologie rappresenta la chiave di lettura comune. Quello che ancora manca, ciò a cui si aspira, è una visione d’insieme, integrata delle varie funzioni, l’evoluzione per l’appunto verso la smart city del futuro.
Per evitare l’algida prospettiva di una “città intelligente” ordinata e senz’anima, occorre partire dai cittadini smart, protagonisti consapevoli delle trasformazioni, immaginando una valorizzazione degli scambi multidirezionali. L’uso coordinato dei social media può infatti favorire il coinvolgimento nelle scelte della collettività e l’invio di informazioni preziose in tempo reale a partire dal territorio attraverso un’attività di sensori del territorio, di elaboratori di proposte, di crowd sourcing.
Sono ormai decine le città che hanno avviato o intendono avviare percorsi di questo tipo. Il segnale dell’attenzione di molti amministratori per un percorso smart è dato dalla partecipazione alle prime sperimentazioni in atto.
Un analogo interesse si riscontra nell’adesione oltre ogni previsione alla campagna europea “Covenant of Mayors”, lanciata con l’obiettivo di ridurre le emissioni climalteranti del 20% nel 2020, con 4.400 Comuni coinvolti in tutto il continente. In Italia il Patto dei Sindaci ha avuto un particolare successo, con oltre 2.000 Comuni che partecipano all’iniziativa.
La crescente attenzione verso le tematiche delle smart cities e l’adesione di massa al Patto dei Sindaci, sono indicatori della disponibilità a esplorare nuove vie e ad impegnarsi in percorsi ambiziosi che prevedono obiettivi intermedi e verifiche puntuali. D’altra parte, questo entusiasmo cela a volte una mancata comprensione delle reali difficoltà connesse con il raggiungimento degli obiettivi sia sul versante smart che su quello della riduzione delle emissioni.
Le sollecitazioni da parte delle imprese del settore, del resto, sono forti e non prive di fascino. Il business legato alla diffusione di tecnologie e software smart è notevole. Secondo uno studio di ABI Research, che ha analizzato un centinaio di esperienze di “città intelligenti” in tutto il mondo, nel 2010 si sono spesi 8 miliardi di dollari e la cifra potrebbe salire a 40 miliardi nel 2016.
Occorre dunque avere un progetto e sapere discernere tra le proposte quelle effettivamente coerenti con il processo di miglioramento dell’ambiente urbano, di vivibilità, di creazione di valore nella comunità. Una reale partecipazione, un coinvolgimento degli attori del territorio è perciò essenziale, come pure una leadership lungimirante. Senza queste, l’insuccesso è dietro l’angolo, ma una sinergia tra visione, partecipazione e approcci smart può consentire di raggiungere risultati insperati.
Qualenergia - Le smart cities, oltre ad essere un tema sul quale si stanno concentrando elaborazioni teoriche e sperimentazioni puntuali, sono diventate un obiettivo verso cui lanciare ambiziosi progetti di diverse Amministrazioni locali. Nell’attuale fase di profonda crisi, il percorso Smart rappresenta, analogamente all’adesione al programma europeo del “Patto dei Sindaci per il clima”, una suggestione ideale e contemporaneamente la speranza di attirare finanziamenti e migliorare la vivibilità e la capacità di creare ricchezza nei propri territori.
Intanto come possiamo qualificare le smart cities? Una “città intelligente” che favorisce un coinvolgimento attivo dei cittadini, dove la pervasività dell’Information Communication Technology (ICT) consente di valorizzare le risorse umane, facilitare i servizi. Ma per essere “smart” dovrà avere anche una forte connotazione sul versante ambientale dall’energia alla mobilità, dai rifiuti alla qualità dell’aria.
Fare meglio utilizzando minori risorse grazie all’ausilio di tecnologie informatiche e all’attivazione di processi partecipativi: è questo il potenziale contributo di quell’insieme di approcci metodologici e soluzioni tecnologiche che stanno emergendo in diverse aree urbane del pianeta e che vanno sotto il nome di “smart cities”.
Le città si possono considerare delle isole a forte crescita entropica; l’utilizzo dell’ICT e il coinvolgimento dei cittadini può consentire di alleggerire in maniera decisiva l’impatto ambientale e l’uso delle risorse, favorire la competitività, migliorare la vivibilità, creare valore. Ma quale ruolo possono svolgere le risposte smart in ambito urbano nell’attuale fase di crisi economica e ambientale che vede appannato lo stesso concetto di futuro?
Proprio quando mancano certezze va recuperata una “visione” e al tempo stesso vanno ricercati nuovi strumenti. Bussola e bit. Il tutto gestito con un forte livello di partecipazione.
A fronte di un modello in profonda crisi, le soluzioni “smart” possono agevolare il passaggio da una crescita lineare che divora risorse sempre meno disponibili a uno sviluppo “circolare” che minimizzi l’uso di energia, acqua, materiali e che ottimizzi la risorsa tempo. Per farlo, si deve trasformare il sistema neurale primitivo delle nostre tecnostrutture in una rete molto più sofisticata in grado di gestire segnali multidirezionali. Questa evoluzione, già presente in una serie di servizi, sta trasformando le reti elettriche e inciderà significativamente sul sistema dei trasporti, sulle nostre case, sulle attività produttive, sui nostri modelli di vita e di lavoro.
Le soluzioni smart sono infatti in grado di fornire risposte efficaci nel caso di sistemi tipicamente
complessi. Un esempio viene dalla connessione di elevate potenze solari ed eoliche alle reti elettriche: per riuscire a far dialogare una domanda che varia istante per istante con una generazione intermittente occorrono “smart grids” che consentano di agire sulla produzione, sui sistemi di accumulo e sulla modulazione della richiesta di energia. Oppure, pensiamo ai sofisticati sistemi di controllo del traffico che governano i semafori in funzione del flusso dei veicoli e della concentrazione di inquinanti nell’aria. Altro esempio è l’utilizzo di una app come Waze, recentemente acquistata da Google per 1 miliardo di dollari, che fornisce informazioni sul traffico grazie agli input di milioni di iscritti, smart drivers, che inviano informazioni in automatico dal loro mezzo di trasporto.
Per restare nel campo della mobilità, possiamo immaginare in futuro una “smart city cloud” che permetterà di individuare dal proprio cellulare il mix di opzioni disponibili per raggiungere una certa destinazione: fermate limitrofe e tempi di passaggio dei mezzi pubblici, localizzazione delle postazioni di bike e car sharing, taxi con le tariffe più economiche. Ma, ancora a monte, che favorirà la possibilità di organizzare le attività evitando gli spostamenti.
L’introduzione di intelligenza nei sistemi favorisce la decarbonizzazione del sistema energetico, consente di ridurre i livelli di congestione e delle emissioni inquinanti, facilita la quantità e la qualità della raccolta differenziata, aumenta la resilienza e la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici.
La continua riduzione dei costi dell’ICT sta favorendo quel salto gestionale necessario a combinare le potenzialità delle città digitalizzate e gli obiettivi delle città ecocompatibili facendole evolvere verso le smart cities.
Siamo in una fase di transizione che durerà un paio di decenni, dopo i quali non si parlerà più di smart grids o smart cities, perché questa sarà la caratteristica dominante della maggior parte delle reti elettriche e una connotazione usuale degli agglomerati urbani. Esattamente come la benzina verde che ha perso la colorazione e il riferimento “verde” o la “green economy” che sul medio periodo diventerà semplicemente economy.
La possibilità di applicare soluzioni smart alle città apre molte opportunità. Come avviare uno sviluppo equilibrato utilizzando tecnologie interconnesse, sostenibili, confortevoli, stimolando la partecipazione dei cittadini, creando valore mettendo in connessione i diversi saperi: questa è la sfida per aggregati urbani sempre più complessi.
Per ora le applicazioni sono su singole aree. L’informazione, la condivisione e la possibilità di modificare i comportamenti o il funzionamento delle tecnologie rappresenta la chiave di lettura comune. Quello che ancora manca, ciò a cui si aspira, è una visione d’insieme, integrata delle varie funzioni, l’evoluzione per l’appunto verso la smart city del futuro.
Per evitare l’algida prospettiva di una “città intelligente” ordinata e senz’anima, occorre partire dai cittadini smart, protagonisti consapevoli delle trasformazioni, immaginando una valorizzazione degli scambi multidirezionali. L’uso coordinato dei social media può infatti favorire il coinvolgimento nelle scelte della collettività e l’invio di informazioni preziose in tempo reale a partire dal territorio attraverso un’attività di sensori del territorio, di elaboratori di proposte, di crowd sourcing.
Sono ormai decine le città che hanno avviato o intendono avviare percorsi di questo tipo. Il segnale dell’attenzione di molti amministratori per un percorso smart è dato dalla partecipazione alle prime sperimentazioni in atto.
Un analogo interesse si riscontra nell’adesione oltre ogni previsione alla campagna europea “Covenant of Mayors”, lanciata con l’obiettivo di ridurre le emissioni climalteranti del 20% nel 2020, con 4.400 Comuni coinvolti in tutto il continente. In Italia il Patto dei Sindaci ha avuto un particolare successo, con oltre 2.000 Comuni che partecipano all’iniziativa.
La crescente attenzione verso le tematiche delle smart cities e l’adesione di massa al Patto dei Sindaci, sono indicatori della disponibilità a esplorare nuove vie e ad impegnarsi in percorsi ambiziosi che prevedono obiettivi intermedi e verifiche puntuali. D’altra parte, questo entusiasmo cela a volte una mancata comprensione delle reali difficoltà connesse con il raggiungimento degli obiettivi sia sul versante smart che su quello della riduzione delle emissioni.
Le sollecitazioni da parte delle imprese del settore, del resto, sono forti e non prive di fascino. Il business legato alla diffusione di tecnologie e software smart è notevole. Secondo uno studio di ABI Research, che ha analizzato un centinaio di esperienze di “città intelligenti” in tutto il mondo, nel 2010 si sono spesi 8 miliardi di dollari e la cifra potrebbe salire a 40 miliardi nel 2016.
Occorre dunque avere un progetto e sapere discernere tra le proposte quelle effettivamente coerenti con il processo di miglioramento dell’ambiente urbano, di vivibilità, di creazione di valore nella comunità. Una reale partecipazione, un coinvolgimento degli attori del territorio è perciò essenziale, come pure una leadership lungimirante. Senza queste, l’insuccesso è dietro l’angolo, ma una sinergia tra visione, partecipazione e approcci smart può consentire di raggiungere risultati insperati.
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