Festeggiamenti a Zagabria: la Croazia dalla mezzanotte è il 28.mo Stato membro dell’Unione Europea.
Radio Vaticana - A Zagabria, si sono riuniti i vertici dell'Ue e diversi capi di Stato. A rappresentare l'Italia, vi erano il presidente della repubblica, Napolitano, e il ministro degli Esteri, Bonino. Ha suscitato polemiche l’assenza della cancelliera tedesca Merkel. E ha dato spunto a considerazioni sulla precarietà delle condizioni economiche dell’ex Paese jugoslavo che raggiunge l’obiettivo dell’integrazione dopo 10 anni di lunghi e difficili riforme che hanno portato a una radicale democratizzazione e liberalizzazione della società croata. Dell’equilibrio economico Fausta Speranza ha parlato con il prof. Matteo Caroli, docente di Economia e Gestione delle imprese all’Università Luiss: ascolta
R. – Sicuramente è una notizia positiva, perché evidentemente allarga ulteriormente la dimensione del mercato europeo, rafforza l’interazione tra i Paesi del nostro continente. E la rafforza con uno Stato che non è di grandi dimensioni ma che ha sicuramente un grande potenziale di crescita e ha anche una popolazione giovane. E’ quindi una linfa positiva per il continente. E’ chiaro che l’Unione Europea è in una fase di passaggio, in una fase complessa, in particolare per la difficoltà di alcuni grandi Stati e per i livelli di crescita, che sono diversi tra le macroaree del continente. E’ quindi un elemento sicuramente positivo, un’opportunità, ma sarà importante poi il processo di metabolizzazione di questa nuova realtà.
D. – Parliamo d’imprese, di prospettive per le imprese...
R. – Dal punto di vista delle nostre imprese, la notizia è sicuramente positiva, perché la Croazia è un mercato già oggi importante per le nostre importazioni e quindi avrà ulteriori potenzialità di crescita. Naturalmente, la Croazia è anche un competitor, e penso al turismo, settore dove è cresciuta molto in questi anni. Ormai, quindi, rappresenta una destinazione alternativa alle nostre. Un altro elemento importante è anche l’opportunità, che ora diventa maggiore, di collaborazioni, di lavoro comune tra le nostre imprese e quelle della Croazia, per raggiungere una competitività maggiore, anche sui grandi mercati extra europei.
D. – Qualcuno ricorda che il rapporto debito-Pil è l’unico parametro di Maastricht rispettato da Zagabria. Ma, da economista, in questa fase storica di crisi mondiale, quali sono i punti fondamentali per cui un Paese può sperare di andare avanti e non andare indietro?
R. – Direi, assolutamente, la capacità di crescere, la capacità di produrre ricchezza e, naturalmente, anche la capacità poi di distribuire in maniera efficace la ricchezza prodotta. Questo è stato il problema dell'Italia. Noi, non solo negli anni passati, siamo cresciuti poco – in questi ultimissimi siamo addirittura tornati indietro – ma abbiamo anche utilizzato male le risorse prodotte. Allora, per competere a livello internazionale, un Paese deve innanzitutto avere capacità di crescita, migliorare sul fronte della produttività. Poi, rimane ovviamente il tema di un equilibrio finanziario, perché altrimenti si è sempre sotto lo scacco dei comportamenti e degli umori dei mercati finanziari internazionali, che possono decidere di penalizzare il debito, facendone aumentare il costo e quindi drenando risorse finanziarie che lo Stato potrebbe utilizzare in altra maniera.
D. – Da questo punto di vista, commentiamo i timori che qualcuno registra a Zagabria. La Croazia nel 2009-2010 ha avuto un momento fortissimo di crisi, però poi ha segnato punti di crescita. Adesso, con l’ingresso nell’Unione Europea che zoppica i cittadini temono appunto di tornare indietro...
R. – Beh, in questo senso il far parte di una grande comunità è un aspetto importante, perché è chiaro che, entro certi limiti, i comportamenti dei singoli Stati tendono ad essere uniformati. C’è una negoziazione sui diversi punti, c’è un tentativo di condividere le politiche, gli orientamenti generali. Lo abbiamo visto anche con la crisi violenta di alcuni Paesi dell’Unione Europea: la Grecia, Cipro. Insomma, si cerca di gestire in maniera condivisa, in maniera che risponda all’interesse di tutti. E’ meglio essere all’interno dell’Unione Europea che esserne fuori evidentemente.
Radio Vaticana - A Zagabria, si sono riuniti i vertici dell'Ue e diversi capi di Stato. A rappresentare l'Italia, vi erano il presidente della repubblica, Napolitano, e il ministro degli Esteri, Bonino. Ha suscitato polemiche l’assenza della cancelliera tedesca Merkel. E ha dato spunto a considerazioni sulla precarietà delle condizioni economiche dell’ex Paese jugoslavo che raggiunge l’obiettivo dell’integrazione dopo 10 anni di lunghi e difficili riforme che hanno portato a una radicale democratizzazione e liberalizzazione della società croata. Dell’equilibrio economico Fausta Speranza ha parlato con il prof. Matteo Caroli, docente di Economia e Gestione delle imprese all’Università Luiss: ascolta
R. – Sicuramente è una notizia positiva, perché evidentemente allarga ulteriormente la dimensione del mercato europeo, rafforza l’interazione tra i Paesi del nostro continente. E la rafforza con uno Stato che non è di grandi dimensioni ma che ha sicuramente un grande potenziale di crescita e ha anche una popolazione giovane. E’ quindi una linfa positiva per il continente. E’ chiaro che l’Unione Europea è in una fase di passaggio, in una fase complessa, in particolare per la difficoltà di alcuni grandi Stati e per i livelli di crescita, che sono diversi tra le macroaree del continente. E’ quindi un elemento sicuramente positivo, un’opportunità, ma sarà importante poi il processo di metabolizzazione di questa nuova realtà.
D. – Parliamo d’imprese, di prospettive per le imprese...
R. – Dal punto di vista delle nostre imprese, la notizia è sicuramente positiva, perché la Croazia è un mercato già oggi importante per le nostre importazioni e quindi avrà ulteriori potenzialità di crescita. Naturalmente, la Croazia è anche un competitor, e penso al turismo, settore dove è cresciuta molto in questi anni. Ormai, quindi, rappresenta una destinazione alternativa alle nostre. Un altro elemento importante è anche l’opportunità, che ora diventa maggiore, di collaborazioni, di lavoro comune tra le nostre imprese e quelle della Croazia, per raggiungere una competitività maggiore, anche sui grandi mercati extra europei.
D. – Qualcuno ricorda che il rapporto debito-Pil è l’unico parametro di Maastricht rispettato da Zagabria. Ma, da economista, in questa fase storica di crisi mondiale, quali sono i punti fondamentali per cui un Paese può sperare di andare avanti e non andare indietro?
R. – Direi, assolutamente, la capacità di crescere, la capacità di produrre ricchezza e, naturalmente, anche la capacità poi di distribuire in maniera efficace la ricchezza prodotta. Questo è stato il problema dell'Italia. Noi, non solo negli anni passati, siamo cresciuti poco – in questi ultimissimi siamo addirittura tornati indietro – ma abbiamo anche utilizzato male le risorse prodotte. Allora, per competere a livello internazionale, un Paese deve innanzitutto avere capacità di crescita, migliorare sul fronte della produttività. Poi, rimane ovviamente il tema di un equilibrio finanziario, perché altrimenti si è sempre sotto lo scacco dei comportamenti e degli umori dei mercati finanziari internazionali, che possono decidere di penalizzare il debito, facendone aumentare il costo e quindi drenando risorse finanziarie che lo Stato potrebbe utilizzare in altra maniera.
D. – Da questo punto di vista, commentiamo i timori che qualcuno registra a Zagabria. La Croazia nel 2009-2010 ha avuto un momento fortissimo di crisi, però poi ha segnato punti di crescita. Adesso, con l’ingresso nell’Unione Europea che zoppica i cittadini temono appunto di tornare indietro...
R. – Beh, in questo senso il far parte di una grande comunità è un aspetto importante, perché è chiaro che, entro certi limiti, i comportamenti dei singoli Stati tendono ad essere uniformati. C’è una negoziazione sui diversi punti, c’è un tentativo di condividere le politiche, gli orientamenti generali. Lo abbiamo visto anche con la crisi violenta di alcuni Paesi dell’Unione Europea: la Grecia, Cipro. Insomma, si cerca di gestire in maniera condivisa, in maniera che risponda all’interesse di tutti. E’ meglio essere all’interno dell’Unione Europea che esserne fuori evidentemente.
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