Dopo la preghiera del venerdì e la sospensione del digiuno del ramadan migliaia di sostenitori del presidente destituito Mohamed Morsi hanno cominciato a scendere per le strade della capitale, seguendo percorsi che portano ai due luoghi-simbolo della protesta al Cairo: la piazza della moschea di Rabaa al-Adawiya, a Nasr City, e Nahda Square, nei pressi del campus principale dell’Università della capitale.
Misna - “Abbasso Sisi (il comandante delle forze armate, ndr), Morsi è il nostro presidente” è uno degli slogan intonati dai manifestanti che sventolano bandiere e esibiscono manifesti con la foto di Morsi. In tutto i Fratelli musulmani e il fronte pro-Morsi hanno indetto 33 marce di protesta, nonostante il duro monito del ministero dell’Interno, che sin da ieri ha chiesto la cancellazione delle proteste e la fine dei sit-in. Il governo si è già detto pronto a prendere “tutte le misure legali necessarie per affrontare gli atti di terrorismo e i blocchi stradali”.
La polizia sta disperdendo con gas lacrimogeni un gruppo di manifestanti radunati di fronte ad alcuni edifici, che ospitano la sede di alcuni media egiziani, ma lontano dall’epicentro delle proteste dei pro-Morsi. Fonti di stampa locali e panarabe temono un nuova escalation di violenze e vittime, soprattutto per il possibile intervento delle forze di sicurezza chiamate ad evacuare le due piazze ‘controllate’ dai sostenitori del presidente destituito lo scorso 3 luglio dai militari.
Non sono riuscite a fermare la protesta neanche le mediazioni portate avanti in questi giorni dalla diplomazia occidentale. Il Segretario di Stato statunitense John Kerry e il suo omologo degli Emirati arabi uniti Abdallah ben Zayed Al Nahyane hanno chiesto “un ritorno alla norma”, sottolineando che si tratta di una “priorità elevata”. Dichiarazioni rilasciate ieri proprio da Kerry hanno contribuito a creare nuove tensioni nel fronte dei pro-Morsi. “Milioni e milioni di persone hanno chiesto all’esercito di intervenire. Tutti avevano paura che il paese sprofondasse nel caos e nella violenza” ha detto il segretario di Stato, aggiungendo che “da quanto possiamo giudicare finora, l’esercito non ha preso il potere ma ha ristabilito la democrazia”.
Misna - “Abbasso Sisi (il comandante delle forze armate, ndr), Morsi è il nostro presidente” è uno degli slogan intonati dai manifestanti che sventolano bandiere e esibiscono manifesti con la foto di Morsi. In tutto i Fratelli musulmani e il fronte pro-Morsi hanno indetto 33 marce di protesta, nonostante il duro monito del ministero dell’Interno, che sin da ieri ha chiesto la cancellazione delle proteste e la fine dei sit-in. Il governo si è già detto pronto a prendere “tutte le misure legali necessarie per affrontare gli atti di terrorismo e i blocchi stradali”.
La polizia sta disperdendo con gas lacrimogeni un gruppo di manifestanti radunati di fronte ad alcuni edifici, che ospitano la sede di alcuni media egiziani, ma lontano dall’epicentro delle proteste dei pro-Morsi. Fonti di stampa locali e panarabe temono un nuova escalation di violenze e vittime, soprattutto per il possibile intervento delle forze di sicurezza chiamate ad evacuare le due piazze ‘controllate’ dai sostenitori del presidente destituito lo scorso 3 luglio dai militari.
Non sono riuscite a fermare la protesta neanche le mediazioni portate avanti in questi giorni dalla diplomazia occidentale. Il Segretario di Stato statunitense John Kerry e il suo omologo degli Emirati arabi uniti Abdallah ben Zayed Al Nahyane hanno chiesto “un ritorno alla norma”, sottolineando che si tratta di una “priorità elevata”. Dichiarazioni rilasciate ieri proprio da Kerry hanno contribuito a creare nuove tensioni nel fronte dei pro-Morsi. “Milioni e milioni di persone hanno chiesto all’esercito di intervenire. Tutti avevano paura che il paese sprofondasse nel caos e nella violenza” ha detto il segretario di Stato, aggiungendo che “da quanto possiamo giudicare finora, l’esercito non ha preso il potere ma ha ristabilito la democrazia”.
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