In Egitto è stato un massacro di poliziotti, oltre venti vittime di quella che è stata definita una vera e propria esecuzione. Intanto, mentre si prepara la scarcerazione di Mubarak, i fratelli musulmani annunciano nuove manifestazioni e l’Ue cerca di agire, tra le misure ipotizzate: tagli di fondi ed embargo sulle armi. Francesca Sabatinelli:
Radio Vaticana - In Egitto lo stato di massima allerta è nella regione del Sinai, prima l’uccisione stamattina di ascolta
25 agenti che procedevano in convoglio, probabilmente vittime di una esecuzione, poi quella di un generale delle forze di sicurezza, colpito da un cecchino nella stessa zona. Chiuse le principali arterie di collegamento, così come anche il valico di Rafah, collegamento con la striscia di Gaza, elicotteri israeliani sorvolano il confine con il territorio ebraico. I pro-Morsi continuano a elencare nuove manifestazioni, mentre al loro deposto presidente arriva un’ulteriore condanna: altri 15 giorni di carcere per incitamento alla violenza, e ci sarebbe sulla sua testa anche un altro capo d’accusa per “complicità in omicidio e tortura" dei manifestanti che erano scesi in piazza davanti al palazzo presidenziale alla fine del 2012. L’Unione Europea cerca di agire, da Bruxelles arrivano le possibili proposte: tagli ai fondi destinati all’Egitto ed embargo delle armi. A decidere sarà mercoledì una riunione d'emergenza dei ministri degli Esteri Ue. Quali che saranno le decisioni sulla sorte degli aiuti occidentali, europei o statunitensi, subentreranno i Paesi del Golfo, chiamati a raccolta dall’Arabia Saudita per compensare gli eventuali tagli ai fondi destinati al generale al-Sissi, a capo dell’esercito. Nel frattempo entro 48 ore sarà libero anche dagli arresti domiciliari Hosni Mubarak. E’ stato uno dei suoi legali ad annunciarlo, precisando che l’ex presidente, praticamente prosciolto da tutti i casi di corruzione, riavrà anche il suo grado di generale. E nonostante le centinaia di vittime dallo sgombero dei due assembramenti degli islamisti, soltanto pochi giorni fa, il ministro degli esteri egiziano, Fahmy, parlando da Khartoum assicura che il Paese, nonostante la crisi, “è sulla strada giusta”. Sulla crisi egiziana, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Gabriele Iacovino responsabile analisti del Centro Studi Internazionali.
R. – Questo scontro per ora non sembra avere soluzioni; sta diventando sempre più una crisi che va a minare alle basi e la solidità dell’Egitto, un Paese importante non solo per l’area mediorientale, ma anche per tutto il bacino Mediterraneo.
D. – Questa crisi fa pensare a quella del 1952, la detronizzazione del re egiziano Farouk: allora, l’esercito e la Fratellanza musulmana agirono insieme, a capo della Fratellanza c’era il generale Naguib che poi, come Morsi, venne destituito dopo un anno di potere …
R. – Dalla salita al potere di Nasser in poi, nei confronti della Fratellanza da parte dell’esercito – o comunque del regime – c’è sempre stato un controllo, una chiusura che solo negli anni del regime di Mubarak si è andata ammorbidendo, facendo sì che anche gli esponenti della Fratellanza musulmana – non organizzati in partito, ma come indipendenti – potessero partecipare alle elezioni. In queste settimane, lo scontro è aperto anche perché la Fratellanza, dopo la caduta di Mubarak, ha visto la possibilità di un percorso verso l’islamizzazione della politica. E naturalmente il colpo di Stato da parte dell’esercito ha di nuovo riacceso la dinamica di scontro tra i militari e la Fratellanza.
D. – I militari, lo ricordiamo, in Egitto gestiscono i gangli vitali dell’economia: in un certo qual modo hanno, da sempre, guidato il Paese, anche se non direttamente …
R. – Il potere dell’esercito egiziano è al di là del potere istituzionale. Si parla della gestione di industrie che vanno dall’imbottigliamento dell’acqua all’assemblaggio delle automobili, quindi un quadro economico a 360 gradi. Da qui, il peso dell’esercito: presente sia nella caduta di Mubarak, sia nella destituzione di Morsi dopo un anno di governo in cui sia la Fratellanza musulmana, sia l’opposizione politica alla Fratellanza musulmana non sono state in grado di riavviare le dinamiche istituzionali e democratiche del Paese.
D. – La situazione egiziana ha ricadute pesanti anche in altri Stati come Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi, Qatar, da una parte; vediamo anche le preoccupazioni degli Stati Uniti e della Russia …
R. – Per anni l’Egitto e l’Arabia Saudita si sono contesi lo scettro di potenza della regione mediorientale, e le difficoltà delle istituzioni egiziane in questo momento destabilizzano l’intera area. Ci sono anche Paesi come il Qatar che hanno scommesso sulla Fratellanza musulmana in Egitto, per diventare un nuovo protagonista; ma la crisi pone problematiche e interrogativi anche per gli Stati Uniti che, nel corso degli ultimi 20 anni, hanno sempre avuto nell’Egitto uno dei capisaldi della politica nell’intera regione.
D. – In questo quadro, anche gli incontri dell’Unione Europea per decidere una posizione contro la crisi?
R. – A livello europeo si parla di possibili sanzioni economiche nei confronti dell’Egitto. Questa decisione però potrebbe avere come risultato un ulteriore aggravio della situazione economica. Il rischio è che le difficoltà siano sfruttate da chi guarda a quel jihadismo globale, il cui punto fondamentale è al Qaeda, per destabilizzare ulteriormente l’Egitto e prendere il sopravvento nel Paese.
Radio Vaticana - In Egitto lo stato di massima allerta è nella regione del Sinai, prima l’uccisione stamattina di ascolta
25 agenti che procedevano in convoglio, probabilmente vittime di una esecuzione, poi quella di un generale delle forze di sicurezza, colpito da un cecchino nella stessa zona. Chiuse le principali arterie di collegamento, così come anche il valico di Rafah, collegamento con la striscia di Gaza, elicotteri israeliani sorvolano il confine con il territorio ebraico. I pro-Morsi continuano a elencare nuove manifestazioni, mentre al loro deposto presidente arriva un’ulteriore condanna: altri 15 giorni di carcere per incitamento alla violenza, e ci sarebbe sulla sua testa anche un altro capo d’accusa per “complicità in omicidio e tortura" dei manifestanti che erano scesi in piazza davanti al palazzo presidenziale alla fine del 2012. L’Unione Europea cerca di agire, da Bruxelles arrivano le possibili proposte: tagli ai fondi destinati all’Egitto ed embargo delle armi. A decidere sarà mercoledì una riunione d'emergenza dei ministri degli Esteri Ue. Quali che saranno le decisioni sulla sorte degli aiuti occidentali, europei o statunitensi, subentreranno i Paesi del Golfo, chiamati a raccolta dall’Arabia Saudita per compensare gli eventuali tagli ai fondi destinati al generale al-Sissi, a capo dell’esercito. Nel frattempo entro 48 ore sarà libero anche dagli arresti domiciliari Hosni Mubarak. E’ stato uno dei suoi legali ad annunciarlo, precisando che l’ex presidente, praticamente prosciolto da tutti i casi di corruzione, riavrà anche il suo grado di generale. E nonostante le centinaia di vittime dallo sgombero dei due assembramenti degli islamisti, soltanto pochi giorni fa, il ministro degli esteri egiziano, Fahmy, parlando da Khartoum assicura che il Paese, nonostante la crisi, “è sulla strada giusta”. Sulla crisi egiziana, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Gabriele Iacovino responsabile analisti del Centro Studi Internazionali.
R. – Questo scontro per ora non sembra avere soluzioni; sta diventando sempre più una crisi che va a minare alle basi e la solidità dell’Egitto, un Paese importante non solo per l’area mediorientale, ma anche per tutto il bacino Mediterraneo.
D. – Questa crisi fa pensare a quella del 1952, la detronizzazione del re egiziano Farouk: allora, l’esercito e la Fratellanza musulmana agirono insieme, a capo della Fratellanza c’era il generale Naguib che poi, come Morsi, venne destituito dopo un anno di potere …
R. – Dalla salita al potere di Nasser in poi, nei confronti della Fratellanza da parte dell’esercito – o comunque del regime – c’è sempre stato un controllo, una chiusura che solo negli anni del regime di Mubarak si è andata ammorbidendo, facendo sì che anche gli esponenti della Fratellanza musulmana – non organizzati in partito, ma come indipendenti – potessero partecipare alle elezioni. In queste settimane, lo scontro è aperto anche perché la Fratellanza, dopo la caduta di Mubarak, ha visto la possibilità di un percorso verso l’islamizzazione della politica. E naturalmente il colpo di Stato da parte dell’esercito ha di nuovo riacceso la dinamica di scontro tra i militari e la Fratellanza.
D. – I militari, lo ricordiamo, in Egitto gestiscono i gangli vitali dell’economia: in un certo qual modo hanno, da sempre, guidato il Paese, anche se non direttamente …
R. – Il potere dell’esercito egiziano è al di là del potere istituzionale. Si parla della gestione di industrie che vanno dall’imbottigliamento dell’acqua all’assemblaggio delle automobili, quindi un quadro economico a 360 gradi. Da qui, il peso dell’esercito: presente sia nella caduta di Mubarak, sia nella destituzione di Morsi dopo un anno di governo in cui sia la Fratellanza musulmana, sia l’opposizione politica alla Fratellanza musulmana non sono state in grado di riavviare le dinamiche istituzionali e democratiche del Paese.
D. – La situazione egiziana ha ricadute pesanti anche in altri Stati come Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi, Qatar, da una parte; vediamo anche le preoccupazioni degli Stati Uniti e della Russia …
R. – Per anni l’Egitto e l’Arabia Saudita si sono contesi lo scettro di potenza della regione mediorientale, e le difficoltà delle istituzioni egiziane in questo momento destabilizzano l’intera area. Ci sono anche Paesi come il Qatar che hanno scommesso sulla Fratellanza musulmana in Egitto, per diventare un nuovo protagonista; ma la crisi pone problematiche e interrogativi anche per gli Stati Uniti che, nel corso degli ultimi 20 anni, hanno sempre avuto nell’Egitto uno dei capisaldi della politica nell’intera regione.
D. – In questo quadro, anche gli incontri dell’Unione Europea per decidere una posizione contro la crisi?
R. – A livello europeo si parla di possibili sanzioni economiche nei confronti dell’Egitto. Questa decisione però potrebbe avere come risultato un ulteriore aggravio della situazione economica. Il rischio è che le difficoltà siano sfruttate da chi guarda a quel jihadismo globale, il cui punto fondamentale è al Qaeda, per destabilizzare ulteriormente l’Egitto e prendere il sopravvento nel Paese.
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