Giornate intense quelle appena vissute ad Assisi per i francescani: celebrazioni solenni per il Perdono di Assisi ma anche l’arrivo della Marcia francescana, eventi che hanno offerto momenti di preghiera, fraternità, condivisione e gioia
La porta della Porziuncola era chiusa la mattina del 1 agosto prima della solenne apertura del Perdono d’Assisi, proprio a sottolineare che il Santo assisiate ha desiderato che fosse una porta santa sempre aperta come è in realtà. Su questo si è incentrata l’omelia del Ministro Generale dei Frati Minori Michael Perry, che ha ricordato che qui si può coltivare la speranza di trovare sempre una porta aperta, porta che richiama simbolicamente la costante e fedele attesa di Dio per gli uomini, il cuore di Dio che sempre è aperto e accogliente per tutti. Ecco, soffermiamoci sulla “porta”: uno dei desideri più profondi del cuore umano è di trovare sempre una porta aperta. È la speranza che ci attrae – dal primo all'ultimo respiro – verso una mano amica, un cuore accogliente, una casa che ci ospita. L’entrare e l’uscire sono i due movimenti che scandiscono il pellegrinaggio dell’uomo sulla terra. Sembra che il nostro cuore pulsi insistentemente, di giorno e di notte, il ritmo della nostalgia di casa. Di quale casa? Certamente di quella casa dalla quale siamo partiti: il cuore di Dio. Forse l’amaro ricordo di una cacciata dal paradiso terrestre è iscritto nel DNA di ciascuno di noi, ci scorre nel sangue assieme ai globuli rossi. E con passione continua, sia che ce ne accorgiamo sia inconsapevolmente, ci spinge sempre e ovunque verso quella casa, quel cuore, quelle braccia”.
Chiedendoci che cosa rappresenti quella porta, fra Perry ha poi proseguito: “Questa porta sempre aperta è il cuore di Dio! È proprio così. La porta spalancata è l’immagine del cuore di Dio, sempre aperto ai suoi figli. Pensate che cosa meravigliosa: potremo trovare anche tante porte chiuse, ma ce n’è una che è sempre aperta per me, è lo stesso cuore di Dio! Mi accoglie quando sono bravo, quando vado a messa, metto in pratica i comandamenti di Dio, faccio opere di carità, riesco a perdonare il male ricevuto…, ma resta sempre aperta anche quando la mia vita si sporca nel peccato, anche quando m’indurisco davanti agli altri. La porta di Dio è totalmente spalancata per noi, anche in questi casi! E proprio quando noi siamo lontani il Signore continua a guardarci con occhi pieni di amore e spera nel nostro ritorno, fa di tutto per poterci riabbracciare, per farci sentire suoi figli, il suo calore di Padre, la sua tenerezza”.
Nell’invitare i numerosi fedeli a lasciarsi contagiare da questo amore, seguendo l’invito della Croce di Cristo, fra Perry ha proposto l’immagine di Cristo sulla croce dicendo che le braccia del crocifisso sono la misura del nostro essere aperti al bene. La Croce di Cristo ci insegna allora a guardare sempre l’altro con misericordia e amore, soprattutto chi soffre, chi ha bisogno di aiuto, chi aspetta una parola, un gesto: “la Croce ci invita ad uscire da noi stessi per andare loro incontro e tendere loro la mano. Cari giovani, alla Croce di Cristo portiamo le nostre gioie, le nostre sofferenze, i nostri insuccessi; troveremo un Cuore aperto che ci comprende, ci perdona, ci ama e ci chiede di portare questo stesso amore nella nostra vita, di amare ogni nostro fratello e sorella con questo stesso amore. Quanto bene ci aspetta, cari fratelli e sorelle! E vivere nel bene è vivere nella gioia. Troppa tristezza proviene dalle nostre chiusure! Abbattiamo questi muri con la forza della misericordia di Dio! Siano le braccia di Gesù crocifisso la misura del nostro essere aperti al bene!” Sull’accoglienza, l’apertura e il dono è tornato anche il filosofo Massimo Cacciari che in un incontro affollatissimo ha parlato di perdono secondo la logica francescana che si può comprendere solo partendo dalla teologia della lode.
Hanno aperto l’incontro alcune parole di Francesco d’Assisi tratte dalla Lettera a un Ministro, parole che riguardavano il perdono e a cui sono seguite laude medievali cantate e suonate dai frati, tra cui fra Alessandro Brustenghi.
Quindi Cacciari ha delineato un itinerario che ci ha portati a comprendere il perdono partendo dal luogo della lode per eccellenza, il Cantico delle Creature che non è solo lode a Dio a causa o attraverso le creature, ma è anche il momento e il luogo in cui l’uomo insieme alle creature loda Dio Creatore, di cui tutta la creazione - creature viventi e esseri umani - è dono, manifestazione e lode.
E se gli uomini possono lodare Dio, ciò significa che lo possono fare proprio perché ne sono dono. Ma a differenza delle altre creature, all’uomo è dato di decidere se accogliere o meno questo suo essere dono. Infatti, accogliere non è facile e presuppone la possibilità del rifiuto, per quanto drammatica. È in questo ambito che si gioca la nostra libertà di scegliere se accogliere o rifiutare. Inoltre lo schema della reciprocità, del do ut des, ci costringe e limita la nostra libertà: solo la via evangelica vissuta e proposta da Francesco, la via della gratuità, ci rende liberi. “Posso essere libero solo se il mio dare è un dare – diciamolo pure! – divino. Il nostro vero essere a immagine di Dio sta proprio in questa libertà”.
Per accogliere il dono però abbiamo bisogno di spazio e solo ‘svuotandosi’ di noi stessi possiamo fare spazio. E se sono vuoto, ciò che posso donare è me stesso. Ecco giunti al perdono: perdonando non si dona qualcosa ma noi stessi. Dopo aver ricordato come il messaggio evangelico sia esigente, Cacciari ha concluso il suo intervento ribadendo come Francesco abbia vissuto la Perfetta Letizia: vivendo il Vangelo attraverso la lode e la contemplazione riuscendo a combinare l’idea di perfezione con la non condanna e il perdono.
Momento sempre emozionante e ricco di risvolti gioiosi è stato l’arrivo della XXXIII Marcia francescana, il giorno del Perdono. Centinaia e centinaia di marciatori giunti da tutta Italia ma perfino dalla Croazia, dalla Bosnia e dall’Austria, si sono messi in cammino dal 25 luglio con il motto “Chi crede cammina”. Infatti, come ha ricordato fra Perry nel saluto che ha rivolto loro, questi giovani hanno camminato per una meta ben precisa, avevano una motivazione di fede forte che li spingeva passo dopo passo a proseguire nella fatica, sotto il sole e sotto la pioggia che hanno incontrato.
Dopo aver ringraziato i giovani per la testimonianza che rendono alla vita, alla gioia, alla misericordia di Dio, fra Perry ha ricordato che Dio cammina con noi e conosce le nostre difficoltà ma anche le nostre gioie e ci offre l’esperienza della Sua misericordia perché portiamo al mondo un messaggio di speranza, per ricostruire la famiglia umana. Sottolineando come il camminare sia espressione di un movimento interiore e spirituale, che noi compiamo per affrontare ciò che ostacola la nostra amicizia con Gesù, ha anche ricordato come sia espressione di un movimento di Dio, che vuole portarci tra le Sue braccia.
Tante le difficoltà incontrate come ad esempio i giovani del Trentino e del Nord Italia che hanno compiuto circa 100 km con dislivelli notevoli attraverso le Dolomiti, al freddo e sotto la pioggia a volte ma godendo senza dubbio di scenari naturali mozzafiato che li hanno avvicinati maggiormente a Dio e a tutte le opere della sua creazione per cui la lode nasce spontanea.
Anche per i marciatori della Toscana è stata un’esperienza molto forte: circa 80 persone rappresentanti di tutte le vocazioni, giovani, frati e suore, missionari e famiglie con figli di tutte le età. Altra particolarità per i marciatori toscani è stato il fatto di aver compiuto il cammino da San Leo a La Verna in occasione dell’ottavo centenario del passaggio di Francesco a San Leo e della donazione del monte della Verna.
Da qualsiasi regione provenissero, tutti i marciatori sono stati accolti con calore e preghiera e una volta giunti a Santa Maria degli Angeli hanno potuto finalmente baciare la terra di Francesco e Chiara; entrando visibilmente commossi in Porziuncola, sono giunti alla meta della marcia ed hanno percepito il vero senso di quella porta sempre aperta: la misericordia e la tenerezza di Dio.
di Monica Cardarelli
La porta della Porziuncola era chiusa la mattina del 1 agosto prima della solenne apertura del Perdono d’Assisi, proprio a sottolineare che il Santo assisiate ha desiderato che fosse una porta santa sempre aperta come è in realtà. Su questo si è incentrata l’omelia del Ministro Generale dei Frati Minori Michael Perry, che ha ricordato che qui si può coltivare la speranza di trovare sempre una porta aperta, porta che richiama simbolicamente la costante e fedele attesa di Dio per gli uomini, il cuore di Dio che sempre è aperto e accogliente per tutti. Ecco, soffermiamoci sulla “porta”: uno dei desideri più profondi del cuore umano è di trovare sempre una porta aperta. È la speranza che ci attrae – dal primo all'ultimo respiro – verso una mano amica, un cuore accogliente, una casa che ci ospita. L’entrare e l’uscire sono i due movimenti che scandiscono il pellegrinaggio dell’uomo sulla terra. Sembra che il nostro cuore pulsi insistentemente, di giorno e di notte, il ritmo della nostalgia di casa. Di quale casa? Certamente di quella casa dalla quale siamo partiti: il cuore di Dio. Forse l’amaro ricordo di una cacciata dal paradiso terrestre è iscritto nel DNA di ciascuno di noi, ci scorre nel sangue assieme ai globuli rossi. E con passione continua, sia che ce ne accorgiamo sia inconsapevolmente, ci spinge sempre e ovunque verso quella casa, quel cuore, quelle braccia”.
Chiedendoci che cosa rappresenti quella porta, fra Perry ha poi proseguito: “Questa porta sempre aperta è il cuore di Dio! È proprio così. La porta spalancata è l’immagine del cuore di Dio, sempre aperto ai suoi figli. Pensate che cosa meravigliosa: potremo trovare anche tante porte chiuse, ma ce n’è una che è sempre aperta per me, è lo stesso cuore di Dio! Mi accoglie quando sono bravo, quando vado a messa, metto in pratica i comandamenti di Dio, faccio opere di carità, riesco a perdonare il male ricevuto…, ma resta sempre aperta anche quando la mia vita si sporca nel peccato, anche quando m’indurisco davanti agli altri. La porta di Dio è totalmente spalancata per noi, anche in questi casi! E proprio quando noi siamo lontani il Signore continua a guardarci con occhi pieni di amore e spera nel nostro ritorno, fa di tutto per poterci riabbracciare, per farci sentire suoi figli, il suo calore di Padre, la sua tenerezza”.
Nell’invitare i numerosi fedeli a lasciarsi contagiare da questo amore, seguendo l’invito della Croce di Cristo, fra Perry ha proposto l’immagine di Cristo sulla croce dicendo che le braccia del crocifisso sono la misura del nostro essere aperti al bene. La Croce di Cristo ci insegna allora a guardare sempre l’altro con misericordia e amore, soprattutto chi soffre, chi ha bisogno di aiuto, chi aspetta una parola, un gesto: “la Croce ci invita ad uscire da noi stessi per andare loro incontro e tendere loro la mano. Cari giovani, alla Croce di Cristo portiamo le nostre gioie, le nostre sofferenze, i nostri insuccessi; troveremo un Cuore aperto che ci comprende, ci perdona, ci ama e ci chiede di portare questo stesso amore nella nostra vita, di amare ogni nostro fratello e sorella con questo stesso amore. Quanto bene ci aspetta, cari fratelli e sorelle! E vivere nel bene è vivere nella gioia. Troppa tristezza proviene dalle nostre chiusure! Abbattiamo questi muri con la forza della misericordia di Dio! Siano le braccia di Gesù crocifisso la misura del nostro essere aperti al bene!” Sull’accoglienza, l’apertura e il dono è tornato anche il filosofo Massimo Cacciari che in un incontro affollatissimo ha parlato di perdono secondo la logica francescana che si può comprendere solo partendo dalla teologia della lode.
Hanno aperto l’incontro alcune parole di Francesco d’Assisi tratte dalla Lettera a un Ministro, parole che riguardavano il perdono e a cui sono seguite laude medievali cantate e suonate dai frati, tra cui fra Alessandro Brustenghi.
Quindi Cacciari ha delineato un itinerario che ci ha portati a comprendere il perdono partendo dal luogo della lode per eccellenza, il Cantico delle Creature che non è solo lode a Dio a causa o attraverso le creature, ma è anche il momento e il luogo in cui l’uomo insieme alle creature loda Dio Creatore, di cui tutta la creazione - creature viventi e esseri umani - è dono, manifestazione e lode.
E se gli uomini possono lodare Dio, ciò significa che lo possono fare proprio perché ne sono dono. Ma a differenza delle altre creature, all’uomo è dato di decidere se accogliere o meno questo suo essere dono. Infatti, accogliere non è facile e presuppone la possibilità del rifiuto, per quanto drammatica. È in questo ambito che si gioca la nostra libertà di scegliere se accogliere o rifiutare. Inoltre lo schema della reciprocità, del do ut des, ci costringe e limita la nostra libertà: solo la via evangelica vissuta e proposta da Francesco, la via della gratuità, ci rende liberi. “Posso essere libero solo se il mio dare è un dare – diciamolo pure! – divino. Il nostro vero essere a immagine di Dio sta proprio in questa libertà”.
Per accogliere il dono però abbiamo bisogno di spazio e solo ‘svuotandosi’ di noi stessi possiamo fare spazio. E se sono vuoto, ciò che posso donare è me stesso. Ecco giunti al perdono: perdonando non si dona qualcosa ma noi stessi. Dopo aver ricordato come il messaggio evangelico sia esigente, Cacciari ha concluso il suo intervento ribadendo come Francesco abbia vissuto la Perfetta Letizia: vivendo il Vangelo attraverso la lode e la contemplazione riuscendo a combinare l’idea di perfezione con la non condanna e il perdono.
Momento sempre emozionante e ricco di risvolti gioiosi è stato l’arrivo della XXXIII Marcia francescana, il giorno del Perdono. Centinaia e centinaia di marciatori giunti da tutta Italia ma perfino dalla Croazia, dalla Bosnia e dall’Austria, si sono messi in cammino dal 25 luglio con il motto “Chi crede cammina”. Infatti, come ha ricordato fra Perry nel saluto che ha rivolto loro, questi giovani hanno camminato per una meta ben precisa, avevano una motivazione di fede forte che li spingeva passo dopo passo a proseguire nella fatica, sotto il sole e sotto la pioggia che hanno incontrato.
Dopo aver ringraziato i giovani per la testimonianza che rendono alla vita, alla gioia, alla misericordia di Dio, fra Perry ha ricordato che Dio cammina con noi e conosce le nostre difficoltà ma anche le nostre gioie e ci offre l’esperienza della Sua misericordia perché portiamo al mondo un messaggio di speranza, per ricostruire la famiglia umana. Sottolineando come il camminare sia espressione di un movimento interiore e spirituale, che noi compiamo per affrontare ciò che ostacola la nostra amicizia con Gesù, ha anche ricordato come sia espressione di un movimento di Dio, che vuole portarci tra le Sue braccia.
Tante le difficoltà incontrate come ad esempio i giovani del Trentino e del Nord Italia che hanno compiuto circa 100 km con dislivelli notevoli attraverso le Dolomiti, al freddo e sotto la pioggia a volte ma godendo senza dubbio di scenari naturali mozzafiato che li hanno avvicinati maggiormente a Dio e a tutte le opere della sua creazione per cui la lode nasce spontanea.
Anche per i marciatori della Toscana è stata un’esperienza molto forte: circa 80 persone rappresentanti di tutte le vocazioni, giovani, frati e suore, missionari e famiglie con figli di tutte le età. Altra particolarità per i marciatori toscani è stato il fatto di aver compiuto il cammino da San Leo a La Verna in occasione dell’ottavo centenario del passaggio di Francesco a San Leo e della donazione del monte della Verna.
Da qualsiasi regione provenissero, tutti i marciatori sono stati accolti con calore e preghiera e una volta giunti a Santa Maria degli Angeli hanno potuto finalmente baciare la terra di Francesco e Chiara; entrando visibilmente commossi in Porziuncola, sono giunti alla meta della marcia ed hanno percepito il vero senso di quella porta sempre aperta: la misericordia e la tenerezza di Dio.
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