Spesso si parla di fraternità, mentre si parla ancora poco di sororità, cioè di relazioni al femminile. Pensiamo che sia utile e forse necessario soffermarsi su ciò che non è solo un’espressione linguistica ma che racchiude tutto un universo che, ne siamo convinti, potrebbe portare un incredibile arricchimento non solo alla comunità ecclesiale ma all’intera società civile.
L’occasione ci viene offerta dalla novena in preparazione alla festa di santa Chiara, una donna che ha manifestato una grande attenzione alle relazioni, che ha compiuto scelte in cui ha messo in gioco tutta se stessa con le caratteristiche proprie del femminile inventando un modo nuovo per essere feconda nell’amore. Proponiamo oggi la riflessione sulla sororità di Anna Pia Viola, docente presso la Facoltà Teologica di Sicilia, che aprirà il ciclo di articoli che ci auspichiamo possa suscitare interesse, curiosità, considerazione nei confronti del femminile.
L’esperienza di Francesco e Chiara ultimamente è stata letta, studiata, interpretata, soprattutto per l’aspetto innovativo della relazione fraterna. Pertanto, il termine “fraternità” ha aperto una ricchezza di significati la cui analisi è ben lontana dall’essere esaurita. Fra questi aspetti ne è emerso uno che prende il nome di “sororità”. Il termine non ci è familiare e diffuso quanto quello di “fraternità”, ma è importante in quanto mette in luce un aspetto che altrimenti verrebbe disconosciuto. Se “fraternità” dice “relazione fra fratelli”, “sororità” dice “relazione fra sorelle”. Qualcuno potrebbe far notare che già nel termine fraternità è incluso la relazione fra le sorelle, in quanto nella lingua italiana si usa il maschile anche quando ci si riferisce a delle donne. E sia. Ma se esiste un altro termine, sororità, vuol dire che la parola vuol aprire un senso differente rispetto al generico ed includente termine di fraternità.
Vorrei sostare solo su due aspetti di questa relazione indicata con il termine “sororità”. Innanzitutto, essa dice relazione fra sorelle, fra donne; poi, relazione a partire dalle donne. Riguardo al primo aspetto mi sembra evidente che la relazione umana che si istaura fra donne è diversa in quanto esse hanno un tratto, una sensibilità, un modo di sentire, vedere, toccare le cose, che non è uguale a quello maschile. Mi spiego. Un’amicizia fra donne è una relazione che mette al centro la loro capacità di sentire la vita, di coinvolgersi fino in fondo in ciò che capita loro. Le “chiacchiere” fra donne non sono dei semplici e inopportuni pettegolezzi. Anche quando le donne sono implacabili nei giudizi sulle persone, rivelano sempre un coinvolgimento totale che va al di là del semplice giudizio. Con l’altra donna, destinataria magari di un giudizio non lusinghiero, di fatto ci si sta confrontando, misurando, studiando. In questo senso, due donne o si “prendono” subito, cioè fanno subito amicizia, oppure dovranno fare fatica ad accogliersi e dovranno cercare di conoscersi bene se vorranno superare i pregiudizi. L’alternativa è ignorarsi!
E questo succede perché in una donna è vivo il suo essere fonte di vita, di energia. Sente in sé una potenzialità che è una grande risorsa, ma che può diventare un ostacolo quando entra in conflitto con un’altra potenza di vita, un’altra donna. Ecco perché la relazione fra donne non può essere mai la stessa rispetto alla relazione fra uomini, essa nasce da presupposti diversi e porta frutti differenti. Capiamo bene che qui si devono leggere tutte quelle considerazioni che riguardano la “complicità”, solidarietà o, al contrario, le furiose e distruttive espressioni di gelosia e competizione fra donne. Entrambe le espressioni ci parlano di una forza, di una vita, che la donna ha in sé e che è portata a promuovere e difendere.
Ed anche quando questa potenzialità di vita non si esprime nella generazione di un figlio, una donna diventa madre in tanti modi: genera amicizie, è capace di essere molto creativa e generosa nel lavoro, è esposta più degli uomini alla delusione in quanto è portata a dare fiducia oltre la ragionevolezza o l’affidabilità delle persone.
Se pensiamo che questo tratto del femminile non scompare nelle relazioni spirituali, allora comprendiamo che l’espressione “essere fratelli” non suona allo stesso modo rispetto a “essere sorelle”. La sororità porta in sé un carico di qualità di relazione tutta al femminile che non può essere uniformata a quella maschile.
Inoltre, ed è il secondo aspetto su cui voglio fermarmi, la sororità caratterizza le relazioni non solo fra donne, ma fra donne ed uomini. Essere sorelle di uomini, essere amiche di uomini (cosa ritenuta impossibile dalla stragrande maggioranza delle persone per le implicazioni di carattere affettivo e sessuale che sembrerebbero inevitabili), certamente dice qualcosa di diverso rispetto all’amicizia e alla relazione fra persone dello stesso sesso. Essere sorella di un uomo significa accoglierlo innanzitutto nella sua differenza profonda rispetto a noi stesse.
Le espressioni del tipo “siamo come due fratelli” detto fra un uomo e una donna amici mi sembra squalificante il rapporto e non certo un’affermazione di pregio di cui andare orgogliose. La donna, credo in maniera più immediata rispetto all’uomo, sente la profonda differenza di sensibilità con un uomo. Ed è qui che si gioca il valore, la profondità e l’eccezionalità della sororità: poter vivere una relazione a partire dalla differenza con l’altro sesso, accogliendone e non nascondendo quelle profonde differenze che, se non comprese ed adeguatamente accettate, rischiano di creare relazioni non sane.
Un grande potere, dunque, quello di relazionarci a partire dall’essere donne, una grande opportunità di accoglienza è poter dire, ad un uomo come ad un donna, sono tua sorella, sono consapevole della mia femminilità, della mia sensibilità e voglio costruire a partire da questa originalità.
L’occasione ci viene offerta dalla novena in preparazione alla festa di santa Chiara, una donna che ha manifestato una grande attenzione alle relazioni, che ha compiuto scelte in cui ha messo in gioco tutta se stessa con le caratteristiche proprie del femminile inventando un modo nuovo per essere feconda nell’amore. Proponiamo oggi la riflessione sulla sororità di Anna Pia Viola, docente presso la Facoltà Teologica di Sicilia, che aprirà il ciclo di articoli che ci auspichiamo possa suscitare interesse, curiosità, considerazione nei confronti del femminile.
L’esperienza di Francesco e Chiara ultimamente è stata letta, studiata, interpretata, soprattutto per l’aspetto innovativo della relazione fraterna. Pertanto, il termine “fraternità” ha aperto una ricchezza di significati la cui analisi è ben lontana dall’essere esaurita. Fra questi aspetti ne è emerso uno che prende il nome di “sororità”. Il termine non ci è familiare e diffuso quanto quello di “fraternità”, ma è importante in quanto mette in luce un aspetto che altrimenti verrebbe disconosciuto. Se “fraternità” dice “relazione fra fratelli”, “sororità” dice “relazione fra sorelle”. Qualcuno potrebbe far notare che già nel termine fraternità è incluso la relazione fra le sorelle, in quanto nella lingua italiana si usa il maschile anche quando ci si riferisce a delle donne. E sia. Ma se esiste un altro termine, sororità, vuol dire che la parola vuol aprire un senso differente rispetto al generico ed includente termine di fraternità.
Vorrei sostare solo su due aspetti di questa relazione indicata con il termine “sororità”. Innanzitutto, essa dice relazione fra sorelle, fra donne; poi, relazione a partire dalle donne. Riguardo al primo aspetto mi sembra evidente che la relazione umana che si istaura fra donne è diversa in quanto esse hanno un tratto, una sensibilità, un modo di sentire, vedere, toccare le cose, che non è uguale a quello maschile. Mi spiego. Un’amicizia fra donne è una relazione che mette al centro la loro capacità di sentire la vita, di coinvolgersi fino in fondo in ciò che capita loro. Le “chiacchiere” fra donne non sono dei semplici e inopportuni pettegolezzi. Anche quando le donne sono implacabili nei giudizi sulle persone, rivelano sempre un coinvolgimento totale che va al di là del semplice giudizio. Con l’altra donna, destinataria magari di un giudizio non lusinghiero, di fatto ci si sta confrontando, misurando, studiando. In questo senso, due donne o si “prendono” subito, cioè fanno subito amicizia, oppure dovranno fare fatica ad accogliersi e dovranno cercare di conoscersi bene se vorranno superare i pregiudizi. L’alternativa è ignorarsi!
E questo succede perché in una donna è vivo il suo essere fonte di vita, di energia. Sente in sé una potenzialità che è una grande risorsa, ma che può diventare un ostacolo quando entra in conflitto con un’altra potenza di vita, un’altra donna. Ecco perché la relazione fra donne non può essere mai la stessa rispetto alla relazione fra uomini, essa nasce da presupposti diversi e porta frutti differenti. Capiamo bene che qui si devono leggere tutte quelle considerazioni che riguardano la “complicità”, solidarietà o, al contrario, le furiose e distruttive espressioni di gelosia e competizione fra donne. Entrambe le espressioni ci parlano di una forza, di una vita, che la donna ha in sé e che è portata a promuovere e difendere.
Ed anche quando questa potenzialità di vita non si esprime nella generazione di un figlio, una donna diventa madre in tanti modi: genera amicizie, è capace di essere molto creativa e generosa nel lavoro, è esposta più degli uomini alla delusione in quanto è portata a dare fiducia oltre la ragionevolezza o l’affidabilità delle persone.
Se pensiamo che questo tratto del femminile non scompare nelle relazioni spirituali, allora comprendiamo che l’espressione “essere fratelli” non suona allo stesso modo rispetto a “essere sorelle”. La sororità porta in sé un carico di qualità di relazione tutta al femminile che non può essere uniformata a quella maschile.
Inoltre, ed è il secondo aspetto su cui voglio fermarmi, la sororità caratterizza le relazioni non solo fra donne, ma fra donne ed uomini. Essere sorelle di uomini, essere amiche di uomini (cosa ritenuta impossibile dalla stragrande maggioranza delle persone per le implicazioni di carattere affettivo e sessuale che sembrerebbero inevitabili), certamente dice qualcosa di diverso rispetto all’amicizia e alla relazione fra persone dello stesso sesso. Essere sorella di un uomo significa accoglierlo innanzitutto nella sua differenza profonda rispetto a noi stesse.
Le espressioni del tipo “siamo come due fratelli” detto fra un uomo e una donna amici mi sembra squalificante il rapporto e non certo un’affermazione di pregio di cui andare orgogliose. La donna, credo in maniera più immediata rispetto all’uomo, sente la profonda differenza di sensibilità con un uomo. Ed è qui che si gioca il valore, la profondità e l’eccezionalità della sororità: poter vivere una relazione a partire dalla differenza con l’altro sesso, accogliendone e non nascondendo quelle profonde differenze che, se non comprese ed adeguatamente accettate, rischiano di creare relazioni non sane.
Un grande potere, dunque, quello di relazionarci a partire dall’essere donne, una grande opportunità di accoglienza è poter dire, ad un uomo come ad un donna, sono tua sorella, sono consapevole della mia femminilità, della mia sensibilità e voglio costruire a partire da questa originalità.
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