mercoledì, agosto 28, 2013
Le autorità giapponesi hanno prelevato 75 lavoratori filippini dalle proprie case e li hanno espulsi. Accolti in patria dalla Commissione episcopale, che denuncia: “Depressione e condizioni fisiche deteriorate dopo essere stati rinchiusi nelle carceri giapponesi”.

Tokyo (AsiaNews) - I vescovi giapponesi accusano il governo di "comportamento disumano" nei confronti dei migranti filippini deportati con la forza perché senza documenti. "Protestiamo e ci opponiamo alla deportazione di massa di 75 clandestini filippini - si legge in un comunicato della Conferenza episcopale nipponica (Cbcj) - i loro diritti sono stati calpestati assieme alla loro dignità". Il 6 luglio scorso, 75 lavoratori irregolari filippini sono stati prelevati dalle proprie case e incarcerati prima che fossero avviate le pratiche di rimpatrio. Tra il 20 e il 26 agosto, la J-Carm e la Smj (due sotto-commissioni della Conferenza episcopale giapponese) ne hanno intervistati alcuni una volta rientrati in patria. "Tutti necessitavano di cure mediche e le loro condizioni fisiche si erano deteriorate nel corso della detenzione - ha dichiarato un membro della delegazione cattolica che si è occupata di salvaguardarne la salute - molti di loro manifestavano sintomi di depressione, tendenze al suicidio, insonnia e difficoltà respiratorie".

Fonti della Conferenza episcopale giapponese e di quella filippina spiegano che nessuno dei rimpatriati è ora in grado di provvedere a se stesso senza una vera assistenza: "Tutti i 75 migranti hanno vissuto in Giappone per almeno 10 anni. Ora sono alienati dal ritorno in patria, privi di denaro per iniziare una nuova vita o di familiari dai quali fare ritorno".

In Giappone vivono e lavorano in modo regolare circa 200mila filippini; altri 5.700 costituiscono una forza lavoro clandestina e non documentata. Il 25 agosto, le organizzazioni cattoliche attive nella vicenda hanno incontrato le principali agenzie governative Filippine per comunicare gli ultimi esiti della propria indagine.


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