martedì, settembre 17, 2013
La passione per la musica fin da piccolo è stata senza dubbio il filo conduttore di tutta la sua vita. L’intervista in esclusiva de La Perfetta Letizia

di Simona Santullo

Giuliano Boursier incontra la musica a soli due anni, quando inizia a suonare le prime canzoncine su un pianoforte di casa. A quattro anni iniziano i primi saggi all’asilo e le prime lezioni private di pianoforte. A dieci anni entra nel Conservatorio di Napoli per “orecchio assoluto” e incomincia il periodo più intenso degli studi di pianoforte e composizione fino al loro completamento. Oggi è sicuramente un grande produttore, arrangiatore, compositore e talent scout, e molto simpaticamente si è lasciato intervistare raccontandoci un po’ di lui e del suo lavoro.

D- Ciao Giuliano, di te possiamo dire che sei e fai tante cose: produttore discografico, arrangiatore, direttore d’orchestra, compositore italiano e talent scout; qual è il ruolo in cui ti riconosci di più?
R- Il ruolo in cui sicuramente mi riconosco di più è quello di produttore e talent scout, perché sono due cose inseparabili. E’ anche vero però che in tutto il mio percorso ho lavorato molto su tanti settori che non ho mai abbandonato, quindi è come se avessi fatto un corso di specializzazione per ogni ruolo. C’è stato il periodo in cui ho fatto di più il compositore, il periodo in cui ho fatto di più il personal manager; mi sento preparato davvero in tutti questi ruoli.

D- Quando hai scoperto la tua passione per la musica?
R- Sono nato in una casa dove c’era un pianoforte perché la mia bisnonna era concertista. Mi dicono che a soli due anni suonicchiavo con un ditino delle canzoncine tipo “Tanti auguri a te”, e cose così. A quattro anni ho iniziato a studiare musica, quando ancora non sapevo né leggere né scrivere.

D- Qual è stata la tua prima produzione musicale?
R- La primissima non me la ricordo. Ma la mia prima produzione è quella dove io faccio sia il discografico sia il produttore, quindi la prima produzione che è uscita sulla mia etichetta musicale fu “Amo l’amore” di Gaèl, ed ero veramente fuori da tutto il circolo… Sentire il mio brano in radio, mi ricordo che ai tempi passava su due network importanti tra cui Radio Monte Carlo, era una grandissima soddisfazione. La mia prima produzione più importante invece è stata “Un giorno d’amore” per la Sony con Daniele Stefani; quello è un brano che io ho scritto, arrangiato, prodotto, ed è stato sicuramente il mio primo singolo di successo.

D- Che cos’è per te il talento e come lo riconosci in un aspirante artista?
R- Ci sono sicuramente tante persone che cantano, ma la differenza tra il cantare bene e il talento è tanta. C’è un abisso tra coloro che sicuramente sanno cantare bene e coloro che invece hanno anche il talento. Un artista che vuole fare il cantante sicuramente non deve solo saper cantare, ma deve avere anche carattere artistico, deve avere approccio artistico e professionalità. Il talento può averlo anche un bimbo di dodici anni, può essere bravo nel cantare e quello è sicuramente la base, ma il vero talento s’inizia a vedere intorno a sedici diciassette anni, lì si riesce a vedere se si ha quel qualcosa in più. Un artista poi deve saper tenere un palco, deve sapersi atteggiare con un microfono, bisogna vedere l’interpretazione che riesce a dare a un pezzo, insomma, ci sono tantissime variabili da tenere presente.

D- Ci dici il nome di un artista italiano con cui vorresti collaborare e perché?
R- Gli artisti italiani con cui vorrei collaborare sicuramente non sono pochi, perché sono abbastanza versatile e quindi riesco a fare vari generi. Sicuramente mi piacerebbe tanto lavorare con Ramazzotti o Laura Pausini, ma anche con Jovanotti. Posso poi dirti che sono molto legato anche a Renato Zero, quindi se mai dovessi collaborare con lui sarei sicuramente contento.

D- Quanto è difficile la tua professione oggi?
R- Oggi è difficilissima. Vedi, un bel po’ di anni fa c’erano i produttori esecutivi e i produttori artistici. Io mi ritengo un produttore artistico, anche se nella mia carriera ho fatto anche il produttore esecutivo. Oggi però la figura del produttore esecutivo non c’è più perché non c’è più il mercato che permette di investire su un giovane; non lo faccio io, ma non lo fanno più nemmeno le multinazionali. Se io oggi dovessi scoprire un giovane pieno di talento, mi farei un milione di domande prima di spendere un certo budget per quell’artista. I rischi sono altissimi e vanno valutati. Un tempo ci poteva essere un margine, si poteva fare un certo investimento e si poteva calcolare anche un rientro, oggi no. Oggi un produttore esecutivo è una persona ricca che ha voglia di divertirsi con la musica. Si deve partire da questo concetto e se lo fa, allora potrà fare grandi progetti per l’artista in questione. Devono essere comunque progetti a lungo termine che possano funzionare piuttosto che un “one shot”, cioè progetti con un singolo. È molto difficile che un singolo possa poi portarti al successo.

D- Di cosa ti stai occupando ora?
R- Questo è un periodo della mia vita di pace; di pace con la musica e di pace per l’amore verso la musica. Nel senso che non c’è più quel desiderio di dover fare per arrivare al successo. Io sono stato un produttore fortunato, ho avuto le mie grandi soddisfazioni, ho avuto i miei pezzi in classifica, ho diretto Sanremo, sono soddisfatto. Oggi quando lavoro su una cosa, lo faccio esclusivamente se mi piace, lo faccio se ho un budget e se ho degli sponsor che mi diano la possibilità di fare un lavoro fatto bene. Se ho un budget limitato, il lavoro non lo faccio perché rischierei di non poter avere la qualità. Comunque, posso tranquillamente dirti che non ho mai la velleità di voler per forza di cose arrivare a un obiettivo. L’importante per me è fare una produzione, bella e fatta bene, poi se arriva anche il successo bene, ma questo non si può sapere prima.


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