L’isola troppo spesso balzata alle cronache, a torto, per una migrazione vissuta come “invasione” e simbolo dell’emergenza-clandestini
di Mariangela Laviano
Migliaia e migliaia sono i turisti che d’estate affollano le bianche spiagge di Lampedusa, perla indiscussa delle isole Pelagie, tuttavia solo per alcuni di loro è possibile cogliere quei segni distintivi che rendono l’isola qualcosa di più di un semplice lembo di terra in mezzo al Mediterraneo. Il primo di questi segni è sicuramente il monumento dedicato alla memoria dei migranti che alla ricerca di una vita migliore hanno affrontato inimmaginabili avversità finendo la loro drammatica corsa dispersi in mare. Si tratta dell’opera di Mimmo Paladino intitolata “Porta di Lampedusa – Porta d’Europa”, visitabile costeggiando il porto vecchio in prossimità del Centro di orientamento e protezione delle tartarughe marine caretta caretta, sul promontorio che guarda il mare. Questa porta, la cui inaugurazione è avvenuta il 28 giugno 2008, è larga quasi cinque metri e alta tre, realizzata in ceramica refrattaria e ferro zincato. Sui due lati della scultura l’autore ha riprodotto i diversi oggetti trovati nei barconi della speranza, tra cui scarpe, ciotole, del pesce pescato, una zappa per lavorare la terra. Sul lato destro in alto, con alle spalle il porto vecchio, Paladino ha collocato una serie numerica che simboleggia l’infinità di morti che si sono succedute nel tempo. L’opera, davvero suggestiva nel suo genere, evoca l’immagine di Lampedusa con la sua porta d’ingresso spalancata sia verso l’Africa sia verso l’Europa, come la porta di una “casa” che è sempre aperta per accogliere i propri ospiti.
Altro originale elemento decorativo, anche se non sufficientemente valorizzato, è quello dei murales realizzati dai circa settanta partecipanti al terzo campo per i diritti umani di Amnesty International Italia, in collaborazione con l’Associazione Colors Revolution in Lampedusa e con l’illustratore Lorenzo Terranera. Chi vorrà osservarli dovrà armarsi di pazienza e buona volontà per localizzarli e interpretarli, dato che non sono presenti schede esplicative. Un vero peccato perché le opere allestite nei luoghi-simbolo di Lampedusa meriterebbero ben altro destino. Per osservare i murales occorrerà recarsi al Porto Nuovo, direzione spiagge, su un manufatto adiacente la banchina del molo Favaloro, il cui accesso è interdetto perché zona militare; presso il campo sportivo, su un altro manufatto, vicino al “cimitero delle barche”; nella centrale Via Roma, sulla parete della biblioteca per ragazzi. Soprattutto per il murale in Via Roma si consiglia la visita nelle ore diurne, quando i grandi ombrelloni del bar non lo nascondono parzialmente.
Questo tocco di colore che rallegra l’atmosfera lampedusana è spesso ignorato dai turisti ed è un vero peccato, poiché questi murales, raffiguranti valigie, volti sorridenti e case a forma di candela, sono un segno tangibile della richiesta di diritti umani e dignità sia per i migranti che per gli stessi Lampedusani. Ci piace concludere questo articolo con una frase estratta dal murale di Via Roma raffigurante le valigie: “Un giorno un uomo mi chiese il mio nome e gli risposi ‘Io’ e il nome di mio fratello ‘l’Altro’. Mia sorella 'l’Altra', i miei genitori 'AMORE'.”
di Mariangela Laviano
Migliaia e migliaia sono i turisti che d’estate affollano le bianche spiagge di Lampedusa, perla indiscussa delle isole Pelagie, tuttavia solo per alcuni di loro è possibile cogliere quei segni distintivi che rendono l’isola qualcosa di più di un semplice lembo di terra in mezzo al Mediterraneo. Il primo di questi segni è sicuramente il monumento dedicato alla memoria dei migranti che alla ricerca di una vita migliore hanno affrontato inimmaginabili avversità finendo la loro drammatica corsa dispersi in mare. Si tratta dell’opera di Mimmo Paladino intitolata “Porta di Lampedusa – Porta d’Europa”, visitabile costeggiando il porto vecchio in prossimità del Centro di orientamento e protezione delle tartarughe marine caretta caretta, sul promontorio che guarda il mare. Questa porta, la cui inaugurazione è avvenuta il 28 giugno 2008, è larga quasi cinque metri e alta tre, realizzata in ceramica refrattaria e ferro zincato. Sui due lati della scultura l’autore ha riprodotto i diversi oggetti trovati nei barconi della speranza, tra cui scarpe, ciotole, del pesce pescato, una zappa per lavorare la terra. Sul lato destro in alto, con alle spalle il porto vecchio, Paladino ha collocato una serie numerica che simboleggia l’infinità di morti che si sono succedute nel tempo. L’opera, davvero suggestiva nel suo genere, evoca l’immagine di Lampedusa con la sua porta d’ingresso spalancata sia verso l’Africa sia verso l’Europa, come la porta di una “casa” che è sempre aperta per accogliere i propri ospiti.
Altro originale elemento decorativo, anche se non sufficientemente valorizzato, è quello dei murales realizzati dai circa settanta partecipanti al terzo campo per i diritti umani di Amnesty International Italia, in collaborazione con l’Associazione Colors Revolution in Lampedusa e con l’illustratore Lorenzo Terranera. Chi vorrà osservarli dovrà armarsi di pazienza e buona volontà per localizzarli e interpretarli, dato che non sono presenti schede esplicative. Un vero peccato perché le opere allestite nei luoghi-simbolo di Lampedusa meriterebbero ben altro destino. Per osservare i murales occorrerà recarsi al Porto Nuovo, direzione spiagge, su un manufatto adiacente la banchina del molo Favaloro, il cui accesso è interdetto perché zona militare; presso il campo sportivo, su un altro manufatto, vicino al “cimitero delle barche”; nella centrale Via Roma, sulla parete della biblioteca per ragazzi. Soprattutto per il murale in Via Roma si consiglia la visita nelle ore diurne, quando i grandi ombrelloni del bar non lo nascondono parzialmente.
Questo tocco di colore che rallegra l’atmosfera lampedusana è spesso ignorato dai turisti ed è un vero peccato, poiché questi murales, raffiguranti valigie, volti sorridenti e case a forma di candela, sono un segno tangibile della richiesta di diritti umani e dignità sia per i migranti che per gli stessi Lampedusani. Ci piace concludere questo articolo con una frase estratta dal murale di Via Roma raffigurante le valigie: “Un giorno un uomo mi chiese il mio nome e gli risposi ‘Io’ e il nome di mio fratello ‘l’Altro’. Mia sorella 'l’Altra', i miei genitori 'AMORE'.”
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