Nella prima intervista concessa negli ultimi due anni ad un’emittente statunitense, il presidente siriano Bashar Al Assad ha respinto ogni responsabilità nell’attacco chimico del 21 agosto
Misna - “Non esistono prove che io abbia utilizzato armi chimiche contro il mio popolo” ha detto a Damasco il capo dello Stato al giornalista Charlie Rose della Cbs. Senza confermare o negare che il suo paese sia in possesso di armamento chimico, Assad ha però assicurato che “se c’è si trova sotto il nostro pieno controllo”. Nell’intervista il presidente siriano ha poi aggiunto che “ci siamo preparati il meglio possibile ad un eventuale attacco internazionale”, avvertendo che “gli alleati della Siria risponderanno”.Damasco può contare sul sostegno indefettibile di Russia, Cina, del movimento libanese Hezbollah e dell’Iran. Nel frattempo l’Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh), ong basata a Londra ma con una fitta rete di contatti tra l’opposizione nel paese, ha riferito di intensi scontri in corso in più zone della Siria. Le forze ribelli, incluso il fronte Jabhat al Nusra, sarebbero riuscite a prendere il controllo di Maalula, cittadina cristiana a una cinquantina di chilometri da Damasco, teatro di un’offensiva cominciata mercoledì scorso. Inoltre è giunta la notizia della liberazione del giornalista italiano del quotidiano La Stampa, Domenico Quirico, e dell’insegnante belga Pierre Piccinin da Prata, rapiti lo scorso aprile in Siria.
Al di là degli ultimi sviluppi sul terreno, Washington sta proseguendo in Europa la sua offensiva diplomatica per cercare maggiori consensi sull’operazione militare da attuare in Siria, con l’intento dichiarato di costituire assieme alla Francia una “coalizione internazionale”. Nei prossimi giorni il Congresso statunitense si pronuncerà con un voto e l’Onu dovrebbe pubblicare il suo rapporto definitivo sull’attacco chimico che il mese scorso ha causato, secondo l’amministrazione di Barack Obama, 1429 vittime alle porte di Damasco.
“Le prove parlano da sé. Con l’uso deplorevole di armi chimiche Assad ha superato la linea rossa stabilita al livello internazionale. Su questo punto siamo tutti d’accordo” ha detto il Segretario di Stato John Kerry al termine di un colloquio, tenuto a Parigi, con i ministri degli Esteri della Lega Araba. I paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), di cui alcuni rifornisco i ribelli siriani in armi, hanno suggerito un intervento immediato della comunità internazionale per “liberare dalla tirannia il popolo siriano”.
Ieri sera a Londra, il cui parlamento ha votato contro l’intervento armato in Siria, Kerry ha incontrato il presidente palestinese Mahmoud Abbas mentre stamattina, prima di ripartire per gli Stati Uniti, c’è stato un nuovo colloqui con il capo della diplomazia britannica William Hague. Nei giorni scorsi Washington e Parigi hanno ottenuto il sostegno di sette paesi del G8 e di 12 paesi del G20 favorevoli a “una risposta forte e chiara” alla Siria, senza tuttavia confermare la necessità di una soluzione militare. Esperti del Pentagono stanno delineando le modalità di intervento, in particolare gli obiettivi e l’entità di futuri bombardamenti, ma il segretario generale della Casa Bianca, Denis Mc Donough ha riconosciuto che “ci sono rischi multipli, tra cui quello di essere trascinati nel mezzo di una guerra civile in corso”. Domani Obama dovrebbe rivolgersi alla nazione anche per cercare di convincere la maggioranza dei cittadini contraria a una nuova operazione militare in Medio Oriente. Lo stesso farà il suo omologo francese François Hollande, ma solo dopo il voto del Congresso statunitense e la consegna del rapporto degli ispettori Onu.
Ieri, in una Piazza San Pietro gremita, è giunto un nuovo appello da Papa Francesco che ha denunciato “le guerre commerciali per vendere armi e la loro proliferazione illegale”, rinnovando il suo precedente appello alla preghiera per “trovare una soluzione giusta al conflitto fratricida” in Siria e a sostegno del vicino Libano “affinché ritrovi la stabilità desiderata e continui ad essere un modello di convivenza”.
Misna - “Non esistono prove che io abbia utilizzato armi chimiche contro il mio popolo” ha detto a Damasco il capo dello Stato al giornalista Charlie Rose della Cbs. Senza confermare o negare che il suo paese sia in possesso di armamento chimico, Assad ha però assicurato che “se c’è si trova sotto il nostro pieno controllo”. Nell’intervista il presidente siriano ha poi aggiunto che “ci siamo preparati il meglio possibile ad un eventuale attacco internazionale”, avvertendo che “gli alleati della Siria risponderanno”.Damasco può contare sul sostegno indefettibile di Russia, Cina, del movimento libanese Hezbollah e dell’Iran. Nel frattempo l’Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh), ong basata a Londra ma con una fitta rete di contatti tra l’opposizione nel paese, ha riferito di intensi scontri in corso in più zone della Siria. Le forze ribelli, incluso il fronte Jabhat al Nusra, sarebbero riuscite a prendere il controllo di Maalula, cittadina cristiana a una cinquantina di chilometri da Damasco, teatro di un’offensiva cominciata mercoledì scorso. Inoltre è giunta la notizia della liberazione del giornalista italiano del quotidiano La Stampa, Domenico Quirico, e dell’insegnante belga Pierre Piccinin da Prata, rapiti lo scorso aprile in Siria.
Al di là degli ultimi sviluppi sul terreno, Washington sta proseguendo in Europa la sua offensiva diplomatica per cercare maggiori consensi sull’operazione militare da attuare in Siria, con l’intento dichiarato di costituire assieme alla Francia una “coalizione internazionale”. Nei prossimi giorni il Congresso statunitense si pronuncerà con un voto e l’Onu dovrebbe pubblicare il suo rapporto definitivo sull’attacco chimico che il mese scorso ha causato, secondo l’amministrazione di Barack Obama, 1429 vittime alle porte di Damasco.
“Le prove parlano da sé. Con l’uso deplorevole di armi chimiche Assad ha superato la linea rossa stabilita al livello internazionale. Su questo punto siamo tutti d’accordo” ha detto il Segretario di Stato John Kerry al termine di un colloquio, tenuto a Parigi, con i ministri degli Esteri della Lega Araba. I paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), di cui alcuni rifornisco i ribelli siriani in armi, hanno suggerito un intervento immediato della comunità internazionale per “liberare dalla tirannia il popolo siriano”.
Ieri sera a Londra, il cui parlamento ha votato contro l’intervento armato in Siria, Kerry ha incontrato il presidente palestinese Mahmoud Abbas mentre stamattina, prima di ripartire per gli Stati Uniti, c’è stato un nuovo colloqui con il capo della diplomazia britannica William Hague. Nei giorni scorsi Washington e Parigi hanno ottenuto il sostegno di sette paesi del G8 e di 12 paesi del G20 favorevoli a “una risposta forte e chiara” alla Siria, senza tuttavia confermare la necessità di una soluzione militare. Esperti del Pentagono stanno delineando le modalità di intervento, in particolare gli obiettivi e l’entità di futuri bombardamenti, ma il segretario generale della Casa Bianca, Denis Mc Donough ha riconosciuto che “ci sono rischi multipli, tra cui quello di essere trascinati nel mezzo di una guerra civile in corso”. Domani Obama dovrebbe rivolgersi alla nazione anche per cercare di convincere la maggioranza dei cittadini contraria a una nuova operazione militare in Medio Oriente. Lo stesso farà il suo omologo francese François Hollande, ma solo dopo il voto del Congresso statunitense e la consegna del rapporto degli ispettori Onu.
Ieri, in una Piazza San Pietro gremita, è giunto un nuovo appello da Papa Francesco che ha denunciato “le guerre commerciali per vendere armi e la loro proliferazione illegale”, rinnovando il suo precedente appello alla preghiera per “trovare una soluzione giusta al conflitto fratricida” in Siria e a sostegno del vicino Libano “affinché ritrovi la stabilità desiderata e continui ad essere un modello di convivenza”.
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